Una coalizione di artisti ha deciso di scioperare contro il MoMA di New York
La manifestazione di dieci settimane vuole aumentare la consapevolezza pubblica per l’elitarismo, il razzismo e il sessismo della dirigenza museale, nella scia dello scandalo che lega diversi membri del consiglio di amministrazione ad ambienti illeciti o predatori
Un’ampia coalizione di artisti e attivisti sta pianificando una serie di 10 settimane di proteste, dimostrazioni e talk rivolte all’attenzione della leadership del Museum of Modern Art (MoMA) di New York. Il gruppo, ponendosi nella scia delle proteste scatenate da presunti legami tra il museo e attività non etiche, chiede che l’istituzione sia “smantellata” e ricostruita, ponendo fine alla sua dipendenza dai donatori miliardari e reinventando il suo ruolo nella società. La coalizione – intitolata International Imagination of Anti-National Anti-Imperialist Feelings (IIAAF) – ha annunciato lo “Sciopero MoMA” a partire dal 9 aprile. Negli ultimi mesi il MoMA ha dovuto affrontare crescenti pressioni per allontanare il presidente Leon Black per i suoi precedenti legami con il condannato per reati sessuali Jeffrey Epstein, e sono molti gli amministratori del MoMA – inclusi Larry Fink, Glenn Dubin, Steven Tananbaum, Steven Cohen, Ronald Lauder e altri – che hanno storie politiche e finanziarie controverse (inclusi presunti legami con lo stesso Epstein e Donald Trump) e partecipazioni in aziende coinvolte in capitalismo avvoltoio, distruzione ambientale e incarcerazione di massa.
NIENTE SCONTI PER BLACK
Il presidente Black, che qualche mese fa aveva annunciato le sue progressive dimissioni dalla carica di Ad della società di private equity Apollo Global Management (tenendo quella di presidente), ha annunciato con un brusco cambio di rotta che si dimetterà con effetto immediato sia dalla presidenza sia dalla direzione. “Sia che Black resti o se ne vada, è emerso un consenso: al di là di qualsiasi membro del consiglio, il MoMA stesso è il problema”, hanno sottolineato dalla IIAAF. La coalizione accusa infatti il MoMA di “elitarismo, gerarchia, disuguaglianza, precarietà, razzismo e misoginia“, citando come esempio recente la decisione del museo di rescindere tutti i contratti di educatore museale nei primi mesi della pandemia COVID-19 “mentre le alte sfere hanno continuato a vivere nel lusso”. Nel suo manifesto, che espone il caso contro il MoMA e spiega la filosofia alla base dell’iniziativa, la IIAAF ha dichiarato: “Quando colpiamo il MoMA, colpiamo la sua modernità intrisa di sangue. Il monumento sulla 53esima strada diventa il nostro prisma: vediamo le nostre storie e le nostre lotte rifratte attraverso la sua struttura cristallina e si vedono futuri preclusi. Colpiamo il MoMA in modo che possa emergere qualcos’altro, qualcosa sotto il controllo di lavoratori, comunità e artisti piuttosto che dei miliardari”.
UN RICCO PROGRAMMA
La IIAAF – formata da 12 gruppi di artisti-attivisti e organizzazioni di base tra cui MoMA Divest, Forensic Architecture, Decolonize This Place, Comité Boricua En La Diáspora, Take Back the Bronx e Curators and Educators for Decolonization – ha sottolineato che vedono il MoMA come “esistente sullo stesso piano della violenza della classe dominante che lo ha controllato”. Le “dieci settimane di arte, azione e conversazione” pianificate includeranno sessioni di formazione, progetti di scrittura, campagne agitprop e azioni dirette al museo e in altri luoghi. Saranno organizzate anche una serie di conversazioni virtuali e di persona incentrate su “ricerca collettiva, indagini d’archivio e visione speculativa riguardante i futuri post-MoMA”. Un certo numero di orientamenti, compreso uno limitato alle “BIPOC” – cioè le persone nere e indigene – si terranno prima dello sciopero programmato. Alla fine delle 10 settimane, gli attivisti si riuniranno nuovamente per discutere una “giusta transizione verso un futuro post-MoMA che dia la priorità ai lavoratori e alle comunità”.
PROGETTI FUTURI
Secondo il comunicato del comitato, gli incontri “determineranno i prossimi passi per lo smantellamento del museo alla luce della sua storia dannosa: determinazione dei meccanismi di disinvestimento e trasferimento dei beni; ridistribuzione delle proprietà e riutilizzo delle infrastrutture; istituzione di fondi per riparazioni; rimpatri e ripristino della terra indigena; sostegno economico per una transizione dei lavoratori verso un’autogestione cooperativa ed economie solidali”. Il gruppo ha concluso che “mentre il MoMA finisce e noi estraiamo la nostra immaginazione dalla sua orbita, le nostre energie, risorse e forza lavoro saranno liberate per creare alternative al suo posto. Questo potrebbe essere un primo passo per un processo che coinvolga la città intera”.
– Giulia Giaume
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