Il logo dell’Inter: quando l’arte incontra lo sport
Chi è stato a disegnare, all’inizio del secolo scorso, il logo dell’Inter? E quale legame hanno quelle forme con il recentissimo rebranding introdotto dalla società nerazzurra?
Mercoledì 7 aprile l’Inter ha presentato il nuovo logo della società, insieme a una più ampia operazione di rebranding che ha sostituito anche il precedente font del club di calcio nerazzurro. Gli appassionati e i tifosi hanno in linea di massima famigliarizzato con il nuovo stemma, il cui stile, sommariamente, si può riassumere come più minimale e pulito del precedente; una scelta che, secondo la dirigenza, porterebbe a una migliore brand positioning del club in ambito internazionale e a sposarsi meglio con le future iniziative dell’Inter, dagli eventi alle collezioni moda e merchandising. Un nuovo orizzonte per la società nerazzurra, la cui volontà di rinnovarsi rappresenta non solo l’espansione del brand in sé, ma lo Zeitgeist del calcio moderno, come testimonia il tentativo di Super Lega. Il nuovo torneo, originariamente proposto da dodici club europei, descrive il calcio e le sue partite come oggetto di business, società sportive che lavorano come brand, il tutto in un’ottica di commercializzazione e mercificazione di questo sport.
GIORGIO MUGGIANI E IL LOGO DELL’INTER
Nella spiegazione del nuovo marchio, c’è un personaggio che più di tutti suscita attenzione, ed è Giorgio Muggiani (Milano, 1887 – Lenno, 1938). Designer e pittore futurista, Muggiani è uno dei protagonisti della fondazione dell’Inter ed è un personaggio di spicco del movimento artistico milanese a cavallo fra il XIX e il XX secolo. La sua presenza nella fondazione del club nerazzurro non è una casualità, perché l’artista, nato a Milano (ma da subito trasferitosi in Svizzera), simboleggia infatti un caso particolare nella storia del calcio. Muggiani è un rarissimo esempio non di calcio che entra nell’arte o nella vita degli artisti – come elemento di passione, come correlativo oggettivo in stile sabiano –, ma di arte che plasma un elemento sportivo. Un processo inverso.
Quando Muggiani si avvicinò al calcio, si trovava in Svizzera, a San Gallo, come studente del collegio locale, uno dei più prestigiosi della nazione (e modernissimo: era stato fondato nel 1889). La squadra locale, il San Gallo, è stata nella prima metà del Novecento una delle squadre più forti d’Europa, e nel 1904, quando vinse il campionato, Muggiani era lì; aveva seguito le partite, aveva tifato, e si era appassionato al gioco del football, che in Italia, nel primo Novecento, aveva già un suo seguito e un nucleo di grandi squadre. Fra queste, il Milan, il club più importante di Milano, cui Muggiani, di rientro dopo gli studi, entrò a far parte come socio. Ma si discostò: non era d’accordo che nel Milan potessero giocare solo giocatori italiani. Così, al ristorante L’Orologio, qualche anno dopo, il 9 marzo 1908, fondò insieme ad altri 43 soci l’Internazionale FC, con sede a Ripa di Porta Ticinese.
Ispirato dalla notte goliardica all’Orologio, scelse il blu come colore principale, cromaticamente opposto al rosso del Milan, con cui condivise il nero, ai tempi molto utilizzato da altri club di calcio – il Casale, la Juventus. Il primo logo era, per l’epoca, modernissimo. Il clamore dell’atto di fondazione era tale che il nuovo stemma avrebbe dovuto essere qualcosa di fondamentale, di unico.
LE CARATTERISTICHE DEL PRIMO LOGO DELL’INTER
Muggiani disegnò il primo logo sapendo che lo stile avrebbe rappresentato i valori alla base della nuova Inter. Innanzitutto la forma: circolare e non ovale come gli altri (già un primo tratto di distinzione e originalità: ai tempi, pochissime squadre, anche all’estero, avevano lo stemma rotondo). Poi le lettere. La I e la M, la F e la C, sovrapposte fra di loro con un tratto con grazie, realizzavano un monogramma in stile nouveau – e ciò non era una casualità.
La Milano del primo Novecento si stava decorando con quei paradigmi, soprattutto nella zona di Porta Venezia e Palestro. Si vedeva un legame fra quel logo e la Milano degli Anni Dieci, fra la creazione della nuova Inter e quel contesto artistico-culturale: lo stesso leitmotiv che ha sottolineato la società nella sua nuova veste grafica ‒ creare un ponte fra la tradizione internazionale di Milano con l’attuale spirito cosmopolita della metropoli di oggi.
MILANO IERI E OGGI
A Parigi, nel 1909, era stato scritto il Manifesto del Movimento Futurista, a cui Giorgio Muggiani avrebbe aderito qualche anno più tardi e che, culturalmente, si insinuò nella realtà milanese dell’epoca. La Milano di inizio Novecento, non a caso, era, da un lato, una “piccola metropoli” già affermata, e, dall’altro, un polo in espansione. Artisticamente, l’EXPO del 1906 aveva attirato l’interesse del mondo su Milano, e il Futurismo, che nel 1910 definisce Milano la sua capitale italiana, è anche il parossismo artistico di un contesto sociale e urbano in fase di sviluppo: nuovi quartieri (la circonvallazione est), nuove aziende (Edison, Breda, Pirelli) e, nel decennio successivo, l’affermazione della pubblicità come forma di comunicazione di massa – cui proprio Muggiani contribuirà con la sua attività con Pirelli e Campari.
Tutti paradigmi che si possono leggere nella realtà milanese di oggi. Dopo la EXPO del 2015, il movimento culturale a Milano è cresciuto esponenzialmente, tanto quanto la sua nuova epidermide architettonica. Quello che l’Inter ha voluto ricreare con il suo nuovo logo è un messaggio che va oltre il suo ordinario contesto sportivo. La realtà internazionale e metropolitana di Milano – che il club sente di rappresentare – è connessa con il suo passato; il nuovo logo si lega molto al monogramma del primo e, parallelamente, la Milano del 2021 è gemella di quella degli Anni Dieci.
Muggiani, in tutto ciò, è, a livello artistico, il collante fra queste due realtà storiche. Si vede nelle grazie delle lettere ricreate sulle orme del Liberty di una volta; nella linea minimalista che oggi definisce parte del design dei loghi dei nuovi marchi ‒ vedi Renault o TIM – e che abbraccia l’eleganza progressista di uno stile vecchio più di cento anni.
‒ Riccardo Belardinelli
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