Puglia. Una mostra sugli schermi delle farmacie di Corato
Giocando con il titolo “The Cure”, sei curatori capitanati da Alexander Larrarte scendono in prima linea, proponendo una mostra di arte diffusa che, fino al 16 maggio, sfrutta gli schermi di cinque farmacie, una parafarmacia e un ledwall nella città di Corato, in provincia di Bari.
L’urgenza comunicativa e la tendenza innata dell’arte contemporanea a provocare, scardinare, risvegliare le coscienze tediate e mortificate trovano nelle farmacie la valvola di sfogo alla propria incontenibile espressività, in un momento in cui queste rappresentano un saldo punto di riferimento nella situazione emergenziale. L’arte, grazie al supporto di CoArt Gallery, viene proposta come antidoto, il suo potere immaginifico evade la stasi e l’immobilità sociale. Sette opere video di altrettanti artisti sono state selezionate dai curatori.
‒ Giorgia Basili
LE ROVINE DI ANUAR AREBI
Anuar Arebi, in Cercate l’incanto dove c’è tormento, presenta un paesaggio mutante di rovine urbane, soffitti sprofondati, crolli ed esplosioni. Canne fumarie risucchiate dal terreno e tremori, senza un tonfo. Senza rumore, in bianco e nero. Il ricordo è lontano, derubato delle emozioni e dei profumi, eppure ci aggrappiamo alle immagini con tenacia e dedizione, in un culto spasmodico delle meraviglie nascoste. Un continuo slittamento caratterizza l’opera video di Arebi, tra movimenti di macchina, cambio di prospettive e celeri passaggi funambolici. Azzurra Immediato parla di “bellezza spuria… in un perpetuo climax, sublimato da una pars destruens“, la perdita è catarsi e ci si perde in un tunnel di vicoli ciechi sublimati dall’incanto.
L’IRRIVERENZA DI MARIA PIZZI
Quarantinian Endearing di Maria Pizzi, selezionata da Giusy Caroppo, rivela un gusto irriverente e ironico usando come soggetto una riproduzione di Preghiera a Sainte Anne d’Auray di William-Adolphe Bouguereau, due fanciulle guancia a guancia che sorreggono delle candele, all’interno di una chiesa. L’immagine si duplica, si sgrana, si contorce e riduce in bande orizzontali mentre una mano, ricoperta da un guanto in plastica blu, la afferra manipolandola e stracciandola in una “chirurgia di inchiostro senza bisturi né carne”. Il suono di un carillon imperversa in un loop impazzito mentre dei ceroni si palesano per dare fuoco alla stampa.
LA NOTTE DI EMANUELE DAINOTTI
Emanuele Dainotti, con Una parata di spiriti stanotte, presenta immagini fisse di una notte urbana: un silenzio che stordisce e la luce dei lampioni come fari a intermittenza, la città è un’isola deserta, svuotata del brulichio della vita in strada, la gente costretta in lockdown nella dimensione domestica. La fiammella di un fiammifero danza, impressionando il buio con scie di bava di lumaca, improvvisamente si alternano marchi di luce verde Kryptonite ‒ un caprone, un codex medievale, Sant’Elia ‒ “una parata di demoni pixellati, divinità URL, spiriti VR / XR“, come afferma la curatrice Giuliana Genassi.
GREGORIO SGARRA E IL CORPO SENZA ORGANI
In Screening di Gregorio Sgarra la luce verde sintetica della tecnologia a retrodiffusione di raggi X cattura, come le insegne a croce delle farmacie; l’idea del body-scanner e la supervisione degli effetti personali richiama alla mente i controlli sanitari ai quali siamo sottoposti varcando la soglia di negozi, supermercati, aeroporti per individuare la temperatura corporea. Un effetto caotico, un battito accelerato; forse sin troppo confusionaria la gestione delle immagini che, essendo colte con zoom ravvicinato, tendono all’astratto “Sgarra ci invita a riflettere sull’ambivalenza e sull’impossibilità di essere padroni del proprio corpo, ispirato dalla formula artaudiana CsO (Corpo senza Organi)“, afferma Alexander Larrarte. Non riusciamo a cogliere una visione d’insieme, solo frammenti estorti dopo un’ispezione intrusiva.
IL POP DI VALERIA SECCHI
What I do when you don’t watch: performing my favorite sport di Valeria Secchi si distingue per un pop scottante tra voyeurismo, sadismo e tinte deliranti. Parrucca a caschetto biondo e body animalier, rigorosamente leopardato, arancione Flintstones. Il tiro al bersaglio con freccette si trasforma in una caccia alla donna, una tortura auto-inflitta dove la vittima sacrificale, tra San Sebastiano e icona drag, con il suo stile trasgressivo fiacca le resistenze e fa cadere veli e sovrastrutture, provocando la nostra percezione di “una società che, seppur colta da emorragia e in caduta libera, tenta costantemente di apparire splendida e raggiante“(Laura Tota).
IL RITMO DELLA TERRA SECONDO LOCURATOLO
Un micro mappamondo anti-stress per guarire la nostra voglia di evadere e viaggiare, in un momento in cui ai quattro angoli della terra si respira la stessa aria di paure e incertezze, come fossimo tutt’un tratto privati delle vie di fuga, nelle nostre gabbie più o meno d’oro, laccato.
La ripetitività del gesto e il gonfiarsi della vena nel polso, pronto a farsi misurare la pressione o a un’analisi del sangue, presenti in The Rhythm of the Heart beat is Earth di Locuratolo, sempre selezionato da Larrarte, ci lasciano pieni di interrogativi: qual è il confine della libertà? Quale il limite tra sicurezza e costrizione? Dove finisce il dolore? Si incanala nelle piaghe del pianeta o si conficca nel cuore, non lasciandolo respirare? Possiamo constatare infine come il dolore, l’ansia, la frustrazione non abbiano volto né identità, rincorrono il ricco come il povero, l’uomo, la donna, il trans, il vecchio come il bambino. Non è questione di genere ma di identità.
LA VERSIONE DI MAT TOAN DELLA CROCE VERDE
In Keep Rolling di Mat Toan, scelto da Carmelo Cipriani, l’insegna led a croce verde, simbolo iconico della farmacia, nata in riferimento al giuramento di Ippocrate che impegna gli operatori a rispondere a tutti indifferentemente dalla classe sociale, cade su un terreno impervio, duro e arido. Cominciando a ruzzolare, la croce smussa la propria superficie, addolcendo la sua forma fino a divenire una sfera perfetta. La sfera contiene dentro sé il caos dell’entropia, il “glitch”, ossia l’errore di sistema ‒interessante l’ipotesi che fa derivare il termine inglese dal tedesco glitschen (slittare) e dalla parola yiddish gletshn (scivolare), che andrebbe a confermare la pertinenza del movimento svolto dalla sfera. Srotolando il suo contenuto, questa “cellula” subisce un’ulteriore trasformazione: un lenzuolo di prato con lo specchio di un cielo sereno, screensaver dai buoni propositi e intenzioni. Utopia o traguardo finale?
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