Michelangelo Consani – Attraversò il campo di patate senza farsi alcun male
Michelangelo Consani (Livorno 1971) interviene negli spazi interni ed esterni della galleria, con una mostra in linea con le riflessioni che da sempre fanno parte della sua poetica e del suo percorso.
Comunicato stampa
Inaugura domenica 25 aprile Attraversò il campo di patate senza farsi alcun male, la mostra personale di Michelangelo Consani, a cura di Pier Luigi Tazzi alla Galleria ME Vannucci di Pistoia.
Michelangelo Consani (Livorno 1971) interviene negli spazi interni ed esterni della galleria, con una mostra in linea con le riflessioni che da sempre fanno parte della sua poetica e del suo percorso. Tutte le opere (in parte realizzate appositamente per l'occasione) formano un’unica opera totale, che si compone di immagini, suoni, sculture, installazioni, parole.
Ogni stanza della galleria è contraddistinta da un titolo che riprende quello di un film. Le opere realizzate per ciascuna stanza – escluse alcune che invece sono state realizzate in anni precedenti – traggono il titolo dalla stanza stessa.
La sala principale, Una pura formalità, prende in prestito il titolo dal film di Giuseppe Tornatore del 1994. Una pura formalità (2020-2021) è il nome della serie composta da 23 disegni tutti raffiguranti coccodrilli e realizzati con grafite, penna biro o seppia su diversi tipi di carta che vanno dalla banalissima carta da stampanti in formato A4 al più pregiato cartoncino francese da disegno.
Hanno lo stesso titolo, Una pura formalità (2020), anche la scultura in gesso e l’installazione di patate diffusa in tutta la sala.
La sala è pervasa da musica di fondo, Singing in the rain cantata da Gene Kelly, che crea uno strano cortocircuito con le opere, una canzone in loop che si interrompe per far emergere il suono del video a bassa risoluzione che si trova proprio vicino all’ingresso. Interviene così il canto di una cicala proveniente dall’opera La cicala, progetto di disperdere energia (2002-2020), un lavoro che rivela gli interessi dell’artista per l’ecologia, la sostenibilità e la decrescita. In un paese rurale nel sud del Peloponneso gli unici abitanti rimasti sono delle cicale di grandi dimensioni che cantano sulle pale dei fichi d’India.
Il secondo spazio della galleria, Niente di nuovo sul fronte occidentale, fa riferimento al film del 1930 tratto dall’omonimo romanzo di Erich Maria Remarque.
In questa stanza, che ha anche la funzione di ufficio della galleria, sono collocate una serie di patate presentate sotto diverse forme, dal tubero già germogliato alla fusione in bronzo fino alla scultura in marmo, tutte a grandezza naturale, alcune sono libere nello spazio e altre sotto una campana di vetro. Nella stessa stanza troviamo Variazione da fermacarte (2005), un fermacarte in ceramica smaltata a platino posato su un blocco di fogli che ha il compito di fermare le pagine in cui si raccontano storie di vita vissuta.
L’ultima stanza accoglie un’installazione composta da più elementi, un angelo in gesso con un’ala spezzata posto di fronte a una colonna in legno. L’opera e la stanza si intitolano Così lontano, così vicino, dal film di Wim Wenders del 1993.
Fuori dall’ingresso principale, sulla strada, una serie di patate colorate in giallo, verde scuro, blu scuro, arancione, rosso, verde mela, viola, celeste, bianco, creano un ambiente che prende il titolo di Via Pier Luigi Ighina, Milano 1908 - Imola 2004, scienziato, come omaggio a uno dei personaggi che interessano molto la ricerca e il pensiero di Consani. Ighina sosteneva, grazie alle invenzioni da lui rivendicate, di poter rigenerare cellule morte, allontanare terremoti e allontanare o avvicinare nuvole. I colori usati per colorare le patate – destinate e decomporsi con il passare del tempo – sono quelli dello spettro solare già usati da Consani in altre occasioni.
2046 è invece il film del regista Wong Kar-wai che dà il titolo alle opere che si trovano nel cortile e ne fanno parte una serie di patate, sempre colorate con i colori dello spettro solare, e due sculture in ceramica collocate all’interno dell'annesso in muratura esterno alla galleria, un piccolo laboratorio utilizzato per la lavorazione della ceramica: la riproduzione di due zucche, che riprendono e rielaborano un motivo già affrontato dall’artista.
Michelangelo Consani (Livorno 1971)
Ha sempre rivolto la sua attenzione a quella Storia che potrebbe essere definita come ‘altra’ rispetto alla Storia ufficiale e che si manifesta soprattutto come tensione, movimento vitale, sia a livello individuale – l’individuo come unità parcellare di un insieme che lo comprende – che a livello collettivo per una sorta di induzione simpatica spontanea da individuo ad individuo o a gruppo.
Fin dalla fine degli anni Novanta si interessa di ecologia, sostenibilità e decrescita sposando le teorie di Ivan Illich, scrittore, storico, pedagogista e filosofo austriaco.
I progetti di Consani tentano di portare alla luce personalità marginali, è il caso ad esempio di Masanobu Fukuoka – inventore e appassionato divulgatore della shizen nŏhŏ, una sorta di agricoltura naturale in opposizione alla scienza agricola dell’Occidente – che dal 2010 è una presenza ricorrente nel lavoro dell’artista.