Più grande di me. Voci eroiche dalla ex Jugoslavia
Un mosaico composito e complesso di quasi cento opere di oltre sessanta artisti originari dei diversi paesi di area balcanica.
Comunicato stampa
Ci sono nove insoliti angeli che si affacciano dalla lunga vetrata del MAXXI e, sospesi sulla piazza, sembrano vegliare sui visitatori del museo: sono ritratti in fotografie di grandi dimensioni, seduti, in tuta da lavoro, i volti sporchi di fuliggine, due ali bianche dipinte alle loro spalle su lamiere di capannoni industriali. Sono gli Angels with dirty faces, i protagonisti della serie fotografica di Igor Grubić che ritrae i minatori del bacino di Kolubara, in Serbia. Il loro sciopero del 2000, a cui si unirono migliaia di altre persone, segnò l’inizio della caduta del regime di Milošević.
Eroi sconosciuti, ma capaci di influenzare il corso degli eventi politici e della storia: proprio a loro, a questi eroi civili spesso invisibili e silenziosi, alla solidarietà e ai grandi ideali oggi più che mai necessari è dedicata la mostra “Più grande di me. Voci eroiche dalla ex Jugoslavia”, a cura di Zdenka Badovinac con Giulia Ferracci, in programma nella Galleria 3 del MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo dal 5 maggio al 12 settembre 2021. Sponsor Terna.
Un mosaico composito e complesso di quasi cento opere di oltre sessanta artisti originari dei diversi paesi della ex Jugoslavia, per raccontare non solo la storia difficile di un territorio attraversato nei secoli da conflitti, tensioni, instabilità, ma anche l’utopia di un paese - la Jugoslavia socialista - costruito inizialmente su un ideale di fratellanza fra nazioni e di unità fra i lavoratori.
Dal tempo della Seconda Guerra mondiale al dramma delle guerre civili, dai processi di indipendenza fino agli anni più recenti, gli artisti si confrontano con la loro storia, riletta attraverso i gesti di quegli eroi che, in modi e tempi diversi, hanno sacrificato la propria vita per gli altri o nel nome di un ideale superiore, “più grande”, come recita il titolo della mostra.
In un tempo sempre più dominato dal cinismo, dalla paura dell’estraneo, dal consumismo e dalle drammatiche conseguenze di un modello di società ipercompetitiva e sempre più individualista, la mostra “Più grande di me” vuole essere portatrice di un messaggio di pace, libertà, uguaglianza, fratellanza, sostenibilità.
Dice Giovanna Melandri, Presidente Fondazione MAXXI: "Un filo rosso della nostra ricerca è la ‘diplomazia culturale’, che ci ha portato negli anni a dar voce, tra le altre, alle comunità artistiche di Istanbul, di Beirut, dell’Iran e dell’Africa.
Ora è la volta dei paesi della ex Jugoslavia.
Gli artisti rappresentano spesso la prima linea nell’opposizione ai regimi e all’involuzione delle istituzioni democratiche; molti artisti con cui abbiamo lavorato ci hanno offerto una possibile rilettura del passato e una luce per esplorare il futuro.
Più grande di me. Voci eroiche dalla ex Jugoslavia racconta la scena artistica di un territorio complesso. Le voci e le sensibilità degli artisti indagano gli intrecci profondi dei nazionalismi e le conseguenze di un capitalismo estrattivo, ed esplorano anche un’altra visione della persona e della comunità. A ben vedere, evocano un’Europa sociale, sostenibile, in cui identità e culture diverse possano coesistere e arricchirsi l’un l’altra. È la scommessa su cui tutti dobbiamo impegnarci”.
Hou Hanru, direttore artistico del MAXXI, dichiara: "Questo progetto è una nuova tappa del filone di ricerca del MAXXI sulle relazioni e le connessioni tra l'Italia e i territori che affacciano sul Mediterraneo, un ulteriore approfondimento sulle dinamiche che costantemente formano e riformano lo spazio artistico culturale e geopolitico di quella che chiamiamo Europa: una regione in continuo divenire, con un ruolo fondamentale per ripensare il mondo globalizzato".
Dice Zdekna Badovinac, curatrice della mostra: "La mostra descrive due forze, entrambe “più grandi di noi” in quanto individui.
Una è un'idea, un valore, per il quale si sarebbe disposti a morire, ed è riferita all'eroismo. È la risposta alla domanda: ‘quali sono, oggi, i gesti eroici rilevanti?’.
L'altra forza riguarda il potere del capitale globale, che oggi domina ogni cosa.
Più grande di me. Voci eroiche dalla ex Jugoslavia parla principalmente di questa dualità tra ideale e pragmatico, ma allo stesso tempo supera il dualismo introducendo nella sua narrazione un terzo elemento, una terza forza, una voce non umana: è la voce della natura, profondamente presente in tutta la mostra".
LA MOSTRA:
La mostra è organizzata intorno a otto sezioni, non separate ma anzi interconnesse tra loro così come sono connesse le tematiche che indagano. Le prime quattro (Libertà, Uguaglianza, Fratellanza, Speranza), contraddistinte in mostra dal colore azzurro, rappresentano e raccontano gesta eroiche, rivoluzioni e valori positivi, ideali per cui in passato si era disposti a lottare e addirittura a perdere la vita, ma che per contrasto fanno affiorare la profonda crisi degli stessi nella società contemporanea.
Le altre quattro sezioni (Rischio, Individuo, Alterità, Metamorfosi) caratterizzate dal colore rosso, descrivono invece il mondo di oggi e le questioni più urgenti della contemporaneità, conseguenze della voracità dei nostri tempi, di un tempo in cui l’essere umano è sempre meno in armonia con se stesso, con gli altri e con la natura.
Il cuore dell’esposizione, centro non solo ideale ma anche spaziale, è la prima sezione intitolata LIBERTÁ. All’ ingresso, salendo dalla scala della Galleria 1, il visitatore si imbatte nel monumentale collage in tessuto realizzato dall’artista Siniša Ilić, Orientation in 100 Revolutions (2017).
Sul lato sinistro si snodano lungo la parete della galleria, appesi come in una quadreria dell’Ottocento, oltre ottanta dipinti. Sono ritratti di eroi civili per lo più sconosciuti alla storia e originali del periodo del realismo socialista, conservati per anni nei magazzini del Museo della storico della Bosnia ed Erzegovina e raccolti dal collettivo IRWIN (Was is Kunst Bosnia and Herzegovina - Heroes 1941 - 45).
Una linea lunghissima “interrotta” a metà dai volti di eroi contemporanei - donne, uomini, persino animali - che scandiscono i giorni nel calendario realizzato da Djorge Balmazović (Calendar), tra i quali si riconosce anche la figura di Giovanni Falcone.
Il tema dell’UGUAGLIANZA Indaga l’emancipazione femminile a partire dal ruolo cruciale ricoperto dalle donne nella liberazione e nella ricostruzione del paese. Come nel lavoro GEN XX (1997 – 2001) di Sanja Iveković, che imprime sulle immagini pubblicitarie di fotomodelle i nomi di eroine partigiane che hanno tragicamente perso la vita. Storie dimenticate o mai raccontate, come quella di Didara Gjorgjević, illustrata da Darinka Pop-Mitić nel grande dipinto a parete realizzato grazie alla collaborazione del Triennio in Pittura e Arti Visive di NABA, Nuova Accademia di Belle Arti.
C’è un’altra lotta portata avanti dalle donne, ed è quella per la libertà e la liberazione del corpo femminile. Paladine di questa lotta in mostra sono la performer più famosa di sempre, Marina Abramovic, in mostra con una delle sue performance più note e impegnative, Rhythm 0, e la più rinomata performer croata, Vlasta Delimar, nuda e maestosa a cavallo per le vie di Zagabria nella gigantografia Lady Godiva.
La sezione FRATELLANZA esplora la solidarietà tra i lavoratori, come nell’opera di Igor Grubić citata in apertura, ma è anche occasione per denunciare per contrasto le condizioni di sfruttamento e scarsa sicurezza sul lavoro. È scioccante il monito delle sculture di Durantina Kastrati, arti di corpi mutilati esposti su ponteggi mobili, risultato di una ricerca svolta dall’artista su una serie di tragici incidenti sui luoghi di lavoro in Kosovo.
Simboleggia infine la dignità del lavoro la pala dorata di Danica Dakić, Sirotanovićka (2019), che prende il suo nome dal minatore Alija Sirotanović, “eroe del lavoro" della Jugoslavia socialista.
La sezione SPERANZA esplora la cultura architettonica e urbanistica della ex Jugoslavia. A partire del modernismo socialista, legato all’idea di progresso e di una vita migliore per tutti, raccontato da Anja Medved in Town In A Meadow (2004), che documenta la nascita della città di Nova Goriza (1948). O da Yane Čalovski, che in Construction of an Archive (2017 – in corso) racconta la perdita dell’archivio dell’ex-Istituto di Pianificazione Urbanistica e Architettura di Skopje. L’’architettura e l’arte possono però anche farsi amplificatore della retorica politica. Un aspetto esplorato da Jasmina Cibic nel film NADA: Act II, che rimette in scena il balletto pantomima di Béla Bartók The Miraculous Mandarin (Il Mandarino Miracoloso), (1918–1919), eseguito all'interno del padiglione jugoslavo all'EXPO di Bruxelles nel 1958.
Il capitolo RISCHIO affronta tutte quelle derive oggi considerate “male necessario” per la costruzione e il raggiungimento di una vita migliore, dagli eccessi del consumismo ai rischi per la privacy collegati alla diffusione del digitale, e le loro conseguenze talvolta devastanti.
Qui, Andrej Škufca presenta Synthetic zero (2019), scultura di grandi dimensioni ispirata alla rivoluzione tecnologica. Le comunicazioni digitali criptate sono oggetto dell’opera We Should Take Nothing For Granted (2014) di Marko Peljhan e Matthew Biederman, progetto avviato durante una residenza negli Stati Uniti durante il periodo del datagate causato dalle rivelazioni di Snowden.
Protagonista della sezione anche una riflessione sulle forme più estreme di automazione del lavoro, visibile nell’opera Monomat/Mon-O-Matic (2015), di Lenka Djorojević e Matej Stupica, prototipo di un centro di completamente automatizzato.
La monumentale opera video Time Travel (2019) di Vladimir Nikolić identifica la sezione INDIVIDUO: un solo nuotatore inquadrato dall’alto percorre avanti e indietro la vasca di una piscina olimpionica. È una gara con se stesso, scandita dal ritmo delle bracciate, perfetta metafora visiva dell’individualismo nella società contemporanea, in cui spesso a prevalere è il successo del singolo.
È da solo anche Superman, l’oggetto di una perfomance (1984) di Tomislav Gotovac, in cui l’artista veste i panni del famoso supereroe e che in mostra è contrapposto alla parete invece affollata dai ritratti del collettivo IRWIN. Le dure conseguenze della “logica del più forte” sono infine sintetizzate da Mustafa-Karllo nell’opera Hard Working (2017), che riproduce un senzatetto sdraiato a terra in un momento di profonda disperazione.
Le migrazioni, la paura del diverso, il dramma degli sfollati sono al centro della sezione ALTERITÀ. Qui troviamo opere come Family Album (2019) di Alban Muja, film che da voce alle drammatiche storie personali degli sfollati del Kosovo. I fatti della rotta balcanica, le vite bloccate in un limbo alle porte dell’Europa, i tentativi e i quotidiani fallimenti di attraversare il confine sono raccontati da Nika Autor racconta nell’installazione multicanale Newsreel 65 (2021). Per fortuna c’è anche uno spiraglio di ottimismo: Zoran Todorović con l’opera Integration, Illegal people project (2017) riporta un esempio virtuoso d’integrazione in un centro di accoglienza di Belgrado.
La sezione METAMORFOSI, un approfondimento sul tema della natura e del suo consumo, apre e chiude idealmente il percorso. Sono parte di questa riflessione le betulle che costeggiano la rampa di accesso alla mostra (What Would Happen if We Succeed? di Nada Prjilia) la cui sopravvivenza è affidata alla cura del visitatore.
Si indaga anche la connessione tra esseri viventi, di fondamentale importanza oggi più che mai, con il mondo intero flagellato da una pandemia. Gregor Mobious, artista e studioso, condensa la ricerca scientifica in un linguaggio visivo nelle due opere DNA Semantics - Visual Representation of RNA and DNA e Visual Properties of SARS-CoV-2 Sequences (2020). Sempre di stretta attualità è la forza prorompente della natura che riprende possesso dei luoghi, un’idea che è al centro della riflessione di Joze Barsi in Plečnik's Stadium (2020), opera che illustra la storia dello Stadio Centrale di Lubiana.
Oggetto di un recente dibattito sulla sua destinazione d’uso, lo stadio accoglie oggi una grande varietà di piante selvatiche, di cui l’artista coglie la bellezza particolare e densa di significati.
La mostra sarà accompagnata da un ricco programma di eventi pensato per raccontare la scena artistica e culturale dei paesi dell'ex Jugoslavia attraverso il contributo di studiosi, critici e artisti. Il palinsesto si aprirà con una tavola rotonda online, guidata dalle curatrici Zdenka Badovinac e Giulia Ferracci, in cui alcuni dei protagonisti della mostra racconteranno le loro opere tramite contributi d'artista inediti (venerdì 7 maggio alle 18.00 sul sito del MAXXI maxxi.art sezione Eventi).
Spazio anche all'attualità e all'urbanistica con Lorenzo Pignatti che, a partire dal suo libro Modernità nei Balcani, animerà un dibattito con altri studiosi e docenti sull'avanguardia architettonica dell'area e su alcune figure storiche che hanno traghettato il paese nell'era di oggi. D'estate, due imperdibili appuntamenti con il filosofo, sociologo e politologo Slavoj Žižek che terrà una lectio magistralis sulla situazione politica e sociale dei Balcani e con Marina Abramović icona dell'arte contemporanea le cui performance hanno segnato un punto di non ritorno nella storia dell'arte. Infine la Videogallery ospiterà un focus di tre settimane in cui saranno mostrati i lavori di tre artisti presenti in mostra: Goran Dević, Igor Grubić e Anja Medved, che interverranno anche in un talk di apertura insieme a Marco Scotini.
In occasione della mostra il MAXXI Educazione proporrà due laboratori dedicati alla famiglie in cui, a partire dalle opere di Djordje Blamazovic e Nada Prlja, verranno approfonditi i temi legati alla narrazione storica delle figure eroiche nazionali e al rispetto della natura.
Sarà previsto un focus dedicato alla mostra anche tra le attività del campus estivo, mentre per il pubblico adulto è stato pensato un ciclo di 4 appuntamenti a tema dedicati all’emancipazione della figura femminile.