Esclusivo: alla libera e democratica Biennale di Berlino irrompe la Polizia. Chiamata da due okkupanti su di giri…

Dalla discussione all’aggressione, un tavolino che vola, qualcuno chiama la Polizia. Scene neanche tanto inusuali, quasi tipiche da periferia urbana, considerando poi che siamo in una grande capitale europea. Peccato che invece accadano nell’inusitato ambito di una biennale d’arte: quella di Berlino, quella infatti è la capitale europea. E chi è che accende la miccia? […]

Dalla discussione all’aggressione, un tavolino che vola, qualcuno chiama la Polizia. Scene neanche tanto inusuali, quasi tipiche da periferia urbana, considerando poi che siamo in una grande capitale europea. Peccato che invece accadano nell’inusitato ambito di una biennale d’arte: quella di Berlino, quella infatti è la capitale europea. E chi è che accende la miccia? Qui viene il bello: perché si tratta di due membri del gruppo “occupy”, che per un attimo devono essersi dimenticati del nemico comune – l’ordine costituito, le istituzioni, i Poteri Forti -, cedendo ad un diverbio personale. Ma non doveva essere questa la Biennale libera, democratica e occupata dal basso? E che ci fa la Polizia in questo contesto?
Torniamo ai fatti, raccontati – e fotografati – per Artribune da Leonardo Bigazzi, presente sulla scena ed improvvisato reporter. Martedì 5 giugno, metà pomeriggio. La violenta discussione nasce attorno un lavoro di uno dei due: l’altro lo aggredisce, parte un calcio a un tavolino, uno dei due chiama la Polizia, che – cosa unica nella storia, fa notare uno del gruppo – irrompe in una Biennale d’Arte. Arriva anche l’imbarazzato direttore Arthur Zmijewski, qualcuno propone di espellere temporaneamente queste due persone, poi si decide di discuterne tutti insieme in un’assemblea. L’epilogo? Seguite Artribune, vi aggiorniamo sulla nostra pagina Facebook

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