Musei e Alzheimer. Un esempio dal Sistema Musei Toscani
Didattica, formazione e cura. Sono queste le parole chiave del progetto Sistema Musei Toscani per l’Alzheimer, raccontato dalla viva voce di uno dei suoi coordinatori.
In questo ultimo anno, nonostante la chiusura dei musei a causa della pandemia, sono fioriti progetti di rete straordinari che meritano di essere raccontati e diffusi. È il caso del Sistema Musei Toscani per l’Alzheimer. Ne abbiamo parlato con la storica dell’arte Cristina Bucci, membro del coordinamento del progetto.
Quando e come è nato il sistema Musei Toscani per l’Alzheimer?
Una rete informale di musei che propongono programmi dedicati alle persone con demenza e a chi se ne prende cura esiste dal 2013, quando la Regione Toscana ha affidato all’associazione culturale L’immaginario (oggi capofila del Sistema MTA) il primo corso di formazione regionale. Le iniziative formative e di scambio anche internazionale che si sono susseguite nel corso degli anni hanno contribuito ad allargare e rafforzare la rete, che ha colto l’occasione di un progetto regionale di adeguamento dei sistemi museali alla nuova normativa nazionale per costituirsi in un sistema regolato da una convenzione.
Nell’agosto 2020 si è dunque finalmente formalizzato il Sistema Musei Toscani per l’Alzheimer, che coordina oltre cinquanta musei del territorio che propongono programmi dedicati alle persone con demenza e a chi se ne prende cura.
Quali sono le finalità condivise e con quali modalità e progettualità cercate di raggiungerle?
Tutte le realtà che aderiscono al sistema si riconoscono in un’idea di museo come istituzione culturale democratizzante e inclusiva che ha la responsabilità di garantire a tutti, anche alle persone che vivono con la demenza, l’accesso al proprio patrimonio. Inoltre condividono un’idea di demenza come una condizione (piuttosto che come una malattia) che coinvolge non solo la persona con demenza, ma anche chi la accompagna e sostiene in questa sfida. L’obiettivo primario è quello di rendere i musei, l’arte e la cultura accessibili alle persone con demenza e a chi se ne prende cura, attraverso programmi che propongono un incontro attivo, intenso e significativo con il patrimonio museale, senza porsi intenzioni terapeutiche. Tutte le iniziative delle realtà del Sistema MTA, per quanto autonome e peculiari, prevedono la collaborazione, nella progettazione e nella conduzione delle attività, di educatori museali e di professionisti con competenze in ambito geriatrico e di cura delle demenze. Musei, fondazioni e biblioteche operano in collaborazione con il settore sociosanitario, perseguendo l’integrazione con gli altri interventi rivolti alle persone con demenza nello stesso territorio.
FORMAZIONE E UNO SGUARDO ALL’ESTERO
Quale peso ha la formazione in questo settore ancora giovane in Italia?
La formazione permanente e continua costituisce una delle principali linee di azione del Sistema MTA. Essa si basa sulla ricerca, sulla sperimentazione e sulla condivisione di modalità sempre nuove di coinvolgimento delle persone che vivono con la demenza nella vita culturale della comunità. Lo scambio continuo tra educatori e l’attenzione dedicata alle strategie di coinvolgimento dei partecipanti alle nostre attività ci hanno portato a rinnovare profondamente le pratiche educative dei musei che aderiscono al sistema, con ripercussioni significative sui programmi per le scuole, per le famiglie, per le persone con disabilità sensoriale, nel segno dell’inclusione e di una maggiore accessibilità.
Siete inseriti in una rete internazionale: chi sono i vostri riferimenti e partner stranieri?
Quando abbiamo iniziato, circa dieci anni fa, il contatto con il Museum of Modern Art di New York, uno dei primi musei al mondo a promuovere programmi per le persone con demenza, è stato molto importante, soprattutto per il confronto sulle modalità di formazione di altri educatori. La partecipazione ad alcuni eventi organizzati dal MoMA ci ha dato l’opportunità di entrare in contatto con una rete internazionale di persone impegnate nello sviluppo e nella disseminazione di programmi dedicati alle persone che vivono con la demenza. In seguito abbiamo approfondito i contatti anche con altri Paesi europei, con il Giappone e con l’Australia.
Il convegno internazionale online Musei resilienti, che si è svolto lo scorso 25 marzo ed è stato promosso e organizzato dal Sistema Musei Toscani per l’Alzheimer, aveva proprio l’obiettivo di fare il punto sulle proposte dedicate a chi vive con la demenza da parte di musei e organizzazioni culturali di tutto il mondo, dagli Stati Uniti al Giappone al Regno Unito ai Paesi Bassi, nel tempo della pandemia.
PANDEMIA E FUTURO
Come avete affrontato questo ultimo anno? Siete riusciti a portare avanti alcuni progetti o a idearne di nuovi?
Alcuni di noi si sono subito attivati e hanno sperimentato pratiche alternative, ma queste erano ancora esperienze isolate, mentre ci sembrava fondamentale aspirare a un intervento sistemico, il più possibile diffuso e condiviso all’interno di MTA. Con il contributo della Regione Toscana abbiamo organizzato un primo intervento informativo il 9 luglio 2020, coinvolgendo l’organizzazione newyorkese Arts & Minds, per poi programmare in autunno un vero e proprio percorso di formazione, in modalità online, articolato in due parti distinte: una serie di incontri di approfondimento sulle attività museali a distanza, in cui abbiamo proposto esempi provenienti dall’estero e analizzato, come case-study, l’esperienza del gruppo di coordinamento con il progetto Open Studio.
Al percorso formativo hanno partecipato 70 professionisti dei musei e del mondo della cura, provenienti da tutto il territorio toscano. In seguito all’intervento di formazione hanno preso avvio 21 nuovi progetti museali a distanza e da dicembre, quando sono iniziate le attività di sperimentazione, si sono svolti 57 incontri che hanno coinvolto centinaia di persone, prevalentemente in case di riposo e RSA, ma anche persone che vivono in famiglia, con i loro carer. Per la maggior parte sono state proposte esperienze online in videoconferenza, ma sono anche stati realizzati podcast con itinerari di visita e laboratori creativi adeguati ai partecipanti. Pubblicati sui canali social dei musei proponenti, i podcast sono pensati per un utilizzo in autonomia e sono a disposizione di chiunque sia interessato a utilizzarli.
Qual è il bilancio di questa esperienza?
Tutti i progetti a distanza sperimentati sono stati accolti positivamente dai partecipanti, anche se per molti l’utilizzo della tecnologia era qualcosa di assolutamente nuovo. Per noi educatori si è trattato di scoprire potenzialità inattese che rimarranno un patrimonio prezioso anche quando l‘emergenza sarà superata: è proprio di fronte a scelte complesse, quando siamo costretti a mettere in gioco le nostre capacità migliori, a ripensare i nostri valori e il senso stesso del nostro agire, che le persone e le comunità costruiscono la propria identità.
‒ Annalisa Trasatti
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