Luca Francesconi in mostra a Napoli. L’artista agricoltore che parla di identità di genere

Quanto influisce l’utilizzo di trattamenti chimici in ambito agricolo sullo sviluppo sessuale degli organismi? Se lo chiede Luca Francesconi, in mostra alla galleria Umberto di Marino.

Se è vero che “siamo quello che mangiamo”, i principi attivi utilizzati nei trattamenti fitosanitari che l’uomo sta sperimentando nelle tecniche agricole negli ultimi decenni possono alterare lo sviluppo sessuale degli organismi, mettendo così in discussione il concetto di identità.
È questo il tema che indaga Hormone Disruptors, la personale di Luca Francesconi (Mantova, 1979) allestita presso la galleria Umberto di Marino, incentrata precisamente sull’identità di genere attraverso le tradizioni alimentari e di coltivazione in cui la chimica dell’industria agro-farmaceutica gioca un ruolo cruciale sugli effetti a medio-lungo termine nell’uomo.

ESSERE UMANO E AMBIENTE

Questo atteggiamento fa sì che la questione di identità di genere diventi un processo complesso e in divenire a causa delle scelte e delle tecniche agricole e alimentari per rispondere a una richiesta di mercato sempre più crescente e precisa su scala globale.
Francesconi, che collabora dal 2006 con la galleria napoletana, in ogni opera esposta evidenzia l’iter di cambiamento che avviene nell’individuo dovuto all’esposizione ad agenti mutageni che ridefiniscono così la biologia umana: in termini di sostanze, alterano la normale funzionalità ormonale dell’apparato endocrino e quindi le funzioni riproduttive non solo nell’essere umano, ma anche nel mondo animale.

Luca Francesconi, Infertilità, 2021, dettaglio, bronzo, alluminio, vestiti, capelli umani. Photo Danilo Donzelli

Luca Francesconi, Infertilità, 2021, dettaglio, bronzo, alluminio, vestiti, capelli umani. Photo Danilo Donzelli

LE OPERE DI LUCA FRANCESCONI

Ogni scultura pone un interrogativo su un tema oggi più che mai attuale. I dettagli di ogni installazione sottolineano quel processo percepibile quasi come una sorta di muta, un “cambio di pelle” che avviene lentamente: dapprima vede un suo sviluppo interno, nella struttura chimica dei corpi, per poi adattarsi e fare spazio al “nuovo”, anche esteticamente.
Huacatay 1992 (2021), in bronzo e ferro, è un corpo da cui fiorisce una nuova identità, una nuova espressione di sé. E ancora Xenoestrogeno (2021) oppure Putrefied fish (2018), un pesce in bronzo realizzato a partire dalla reale forma dell’animale, e poi Infertilità (2021), un’installazione che vede coinvolti bronzo, acciaio, alluminio, resina, capelli umani ed è rivestita in parte da un tessuto di colore nero profondo, lanciano interrogativi importanti su cui riflettere.
In attesa dei prossimi progetti che vedranno Francesconi protagonista alla Galeria Pedro Cera di Lisbona e al Museo Burel di Belluno, quali saranno gli effetti nel tempo sul metabolismo umano? E sul piano demografico invece, già in bilico in alcuni Paesi, quale sarà il reale impatto?

Fabio Pariante

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Fabio Pariante

Fabio Pariante

Docente e giornalista freelance, è laureato magistrale in Lingue e Comunicazione Interculturale in Area Euromediterranea con tesi in Studi Interculturali dal titolo "La Primavera Araba nell’era del web 2.0: il ruolo dei social network". Nel 2011, con il patrocinio della…

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