Il cattivo poeta. Un decadente e romantico Gabriele D’Annunzio al cinema
Il cinema italiano in sala riparte con il biopic su Gabriele D’Annunzio diretto da Gianluca Jodice al suo debutto con un lungometraggio. Un film che per la prima volta porta il Vittoriale sul grande schermo e racconta una storia di clausura, romanticismo e decadenza. Una storia italiana…
Un film filologico, sì. Il cattivo poetadi Gianluca Jodice è un film che tiene conto delle parole, tantissimo, e queste sono quelle di Gabriele D’Annunzio raccontato negli ultimi anni della sua vita e in una fase completamente decadente, rinchiuso nel suo castello lussuoso come fosse un vampiro. Il film, opera prima di un regista per nulla estraneo al cinema, arriva nelle sale italiane dal 20 maggio con 01Distribution. Il cattivo poeta è un film in cui si confrontano due mondi, due generazioni. Un film che ha un velato romanticismo, come racconta Sergio Castellitto che interpreta il poeta, quello di un uomo che ama il suo Paese e che ne percepisce l’imminente rovina (la vicenda proposta sul grande schermo riguarda il periodo 1936-1938). Il cattivo poeta non è però solo un film su D’Annunzio o su una parte importante della sua storia. È un film su un giovane federale, Gianni Comini, di cui veste i panni il giovane Francesco Patané, che è chiamato a servire il partito, il Duce, a essere spia per loro all’interno della dimora del poeta per controllare le sue possibili avversioni verso il fascismo. Con la storia di D’Annunzio si incrocia quella di un giovane che, per il momento storico in cui vive, ha degli ideali forti, fortissimi ma sono gli stessi che mette in discussione una volta entrato in confidenza con il poeta che con il suo parlare, riflettere ricordare innesca in lui qualche dubbio.
IL VITTORIALE, LUOGO DI CLAUSURA
Con Il cattivo poeta è anche la prima volta che il cinema entra all’interno del Vittoriale. Un complesso di edifici, con vie, piazze, un teatro all’aperto, giardini, una nave, costruito tra il 1921 e il 1938 a Gardone Riviera, sulla sponda bresciana del lago di Garda. Non solo il complesso è Committente del complesso è Gabriele d’Annunzio che lì è anche sepolto e che ne affidò il progetto all’architetto Giancarlo Maroni. L’obiettivo era realizzare un luogo che rappresentasse la memoria della “vita inimitabile” del poeta-soldato e delle imprese dei soldati italiani durante la Prima Guerra Mondiale. Il Vittoriale rappresenta, è il luogo della clausura di D’Annunzio, un auto-isolamento e qui è proposto in tutta la sua grandezza e bellezza. Un luogo solenne ma anche cupo. Con un arredo che non nasconde segreti ai tanti che del Vate hanno letto molte cose. Il cattivo poeta è un film in cui a parlare è questo luogo, è il periodo storico, sono i personaggi con le loro debolezze, dubbi e fragilità. La regia di Jodice è al servizio di questo racconto con chiarezza e prontezza.
PERCHÉ D’ANNUNZIO?
“È un esordio, ma non volevo giocare di rimessa, piuttosto cercavo d’inserirmi nella consuetudine di un cinema italiano di prima. Avendo esordito da grande, potevo essere anche sfacciato. Perché D’Annunzio? Mi ricordavo questo poeta recluso in questo castello di Dracula, negli ultimi 15 anni, tra perversioni, ossessioni, donne, cocaina, aveva anche perso la sua vena, era una specie di Nosferatu, che poi ha subito la damnatio memoriae nel Novecento, un personaggio storico complesso, che ha vissuto mille vite, e non è mai stato raccontato dal cinema”. Con queste parole Gianluca Jodice motiva la sua scelta di esordire con un biopic su D’Annunzio, grande rockstar del nostro patrimonio culturale. In molti si chiederanno il perché di questo titolo, Il cattivo poeta. No, non è in nessun modo un modo esterno di etichettare questo grande poeta. È semplicemente un modo ironico di parlarne usando una definizione che lo stesso si dà in una lettera. Questo anche a dimostrazione del grande studio linguistico e storico che c’è dietro questo film. Su D’Annunzio tanto si è detto e si dice ma il punto di vista di Sergio Castellitto che ne veste qui i panni è molto chiaro: “il poeta è stato adorato ed amato in vita, il suo mito è simile ad una rockstar di oggi, ma non c’è stato uomo più maledetto in morte, basti leggere cosa dicevano gli intellettuali del dopoguerra. Elsa Morante diceva che era un imbecille, Pasolini lo detestava. Invece il dono che ti fa il cinema, anche se lo avevo già capito prima che fosse un genio, è che se c’è un poeta assimilabile a D’annunzio è proprio Pasolini; entrambi sono stati poeti-soldati, i primi ad uscire dalla trincea, a prendere il colpo in fronte”.
– Margherita Bordino
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