Il grande gioco

  • EDDART

Informazioni Evento

Luogo
EDDART
Via di Monte Giordano 36, Roma, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

dal Martedì al Sabato dalle 15 alle 19 su appuntamento

Vernissage
27/05/2021

e 28 maggio 2021 dalle 16.00 alle 21.00 su appuntamento

Curatori
Alessio de\'Navasques
Generi
documentaria, arte contemporanea

Artista, performer, animatrice culturale: Anna Paparatti è stata una figura poliedrica e centrale nel formidabile scenario della Roma degli anni Sessanta e Settanta. È il suo sguardo di protagonista e osservatrice eccezionale a guidarci in una lettura inedita di quel periodo, restituendone l’atmosfera sperimentale, il senso di libertà, l’apertura internazionale, l’anticonformismo.

Comunicato stampa

Artista, performer, animatrice culturale: Anna Paparatti è stata una figura poliedrica e centrale nel formidabile scenario della Roma degli anni Sessanta e Settanta. È il suo sguardo di protagonista e osservatrice eccezionale a guidarci in una lettura inedita di quel periodo, restituendone l’atmosfera sperimentale, il senso di libertà, l’apertura internazionale, l’anticonformismo.
La mostra, a cura di Alessio de’Navasques per EDDart, project space di Elena del Drago, ricostruisce questo tessuto di rapporti e incontri con un focus particolare dedicato a Pino Pascali, amico fraterno di Anna Paparatti dagli anni degli studi e fino alla tragica morte, e attraverso opere di Toti Scialoja, Renato Mambor e Cy Twombly.

Il titolo “Il Grande Gioco” - che s’ispira a quello di uno dei primi dipinti di Paparatti del 1965 - allude alla dimensione ludica come a un rituale spontaneo e liberatorio, una pratica di ricerca dissacrante, ma profonda che svela l’essenza del reale: ed è l’incipit per percorrere l’intreccio di arte e vita che ha caratterizzato quegli anni.
Prima artista italiana a far parte del Living Theatre di Julian Beck e Judith Malina, compagna per vent’anni di Fabio Sargentini con cui condivide la straordinaria esperienza della Galleria L’Attico, Paparatti partecipa ad azioni artistiche che segneranno un’epoca, collabora all’ideazione di festival che portano a Roma il meglio della scena artistica e musicale mondiale, crea scenografie e disegna manifesti. La pittura è il suo medium prediletto, attraverso una ricerca in cui l’immaginario dell’Arte Tantrica l’accompagna costantemente, riletto come una personale cosmogonia. Una selezione di mandala dipinti apre idealmente la mostra: ultima produzione dell’artista, questi diagrammi mistici sono una caleidoscopica rappresentazione del gioco universale. È l’esito di un iter artistico e spirituale che inizia con due opere del 1965, “Il Gioco del Non Senso” e “Le Ieu de l’Absurde”, tempere su tele antiche.

Figura centrale nel percorso espositivo è Pino Pascali, l’artista sciamano che con la sua dirompente energia creativa ha rappresentato forse meglio di chiunque altro questo momento unico, ricco di fermenti culturali. Per Pascali il gioco è un vero e proprio medium artistico, un campo libero vivo, essenziale per l’invenzione e la trasgressione, non per deridere ma per mostrare il lato ludico e l'importanza dell’ironia.
Le opere esposte coprono un periodo che va dal 1963 al 1967, anno prima della sua scomparsa: gli anni di formazione appaiono così fertili e profondamente stimolanti, assumendo un ruolo considerevole nel delinearsi di un immaginario in grado di suscitare curiosità e interesse, di innestare un rinnovamento dei linguaggi del contemporaneo. La sua azione creatrice non è mai ostile, ma mostra un intreccio di ispirazioni e stimoli: dal teatro, all'happening, alla natura, ai riferimenti tribali.
Diverse sono le tematiche: alcune legate al mondo della pubblicità, altre legate al tema del mare, da sempre presente nel suo lavoro, fino a giungere a temi antropologici come nelle opere “Totem” (1965), "Fregio Africano” (1964) e “Mascherone” (1964) derivanti dalla cultura autoctona africana. I suoi iconici personaggi in miniatura sono invece protagonisti delle opere “Posteros” (1965) e “Donne di Strada” (1964).

Un grande tavolo che accoglie una selezione di fotografie e documenti dall’archivio di Anna Paparatti, disegnando uno spaccato per immagini di quel periodo. Dagli scatti con Pino Pascali e le celebri armi giocattolo nello studio a Boccea, all’immagine che li ritrae insieme nel foyer del Teatro dei Satiri, poco prima dell’inizio di “Mysteries and Small Pieces”, dove Anna debutta e dove tornerà ad esibirsi, questa volta proprio con Pino, in una performance per il Living Theater.
Un’altra foto ce la mostra con il il celebre abito realizzato per lei da Jannis Kounellis e sua moglie Efi, in occasione della mostra alla Galleria La Tartaruga, dove Paparatti presenzierà come una vera e propria opera d’arte vivente. Altre immagini testimoniano le storiche azioni artistiche a cui partecipa, come la “Ginnastica Mentale” nel ‘68, o la ritraggono con personaggi come Deborah Hay, Richard Serra, Joan Jonas o Philip Glass, protagonisti dei Festival “Danza Musica Volo Dinamite” del ’69 o “Music and Dance U.S.A” del ’72.
L’abito è questione fondamentale in quegli anni: lo stile è per Anna Paparatti uno strumento d’espressione vero e proprio, tanto da renderla nota anche per il suo modo di abbigliarsi - è tra le prime ad indossare i jeans, a riscoprire gli abiti degli anni Venti o Quaranta, a scegliere tuniche orientali - per lei: “L'apparato vestimentario diventa un medium artistico, transfer di un processo maieutico rivelatore dell'io dell'artista, indispensabile nei progetti performativi come mezzo di trasformazione ed escapismo” come scrive il curatore, nel testo che accompagna la mostra.

Una selezione di opere traccia la costellazione di rapporti di amicizie, affetti, ma anche scontri nella vita dei protagonisti dell’arte nella Roma di quegli anni. Dall’informale materico di Toti Scialoja, mentore in Accademia di Belle Arti per Anna Paparatti e Pino Pascali, alla grande opera di Renato Mambor che sembra rappresentare, attraverso l’abbraccio, proprio il tessuto di legami artistici e umani di quegli anni di ribellione e rinascita; mentre la conclusione ideale è un’inedita opera di Cy Twombly, il cui il filo sottile del tema del gioco come simbolo universale si riverbera nel segno primitivo e graffiante dell’artista americano.

È prevista la pubblicazione di un catalogo dedicato alla mostra, con testi del curatore Alessio de’Navasques e di Maria Alicata.