Luca di Luzio – Geopittura
Si apre la mostra che la Galleria Russo dedica alle geografie immaginarie di Luca Di Luzio, circa ottanta opere suddivise in quattro sale, una per ogni ciclo delle “geopitture” che, dal 2013, sono al centro del lavoro del giovane artista romano. Mappe e bandiere: l’apparato iconografico della geografia al servizio di una pittura in cui la ricerca su forma e colore è elemento nodale.
Comunicato stampa
I critici che dal 2013 seguono il lavoro di Luca Di Luzio concordano sul punto che il lessico geografico di bandiere e mappe utilizzato dal giovane artista romano non vada in alcun modo posto in relazione con l’arte di Alighiero Boetti, tanto per citare il più illustre tra i non pochi artisti post war suggestionati dall’iconografia della scienza nata con la missione di descrivere il mondo. Più che con i geopittori del nostro tempo, il variopinto atlante di Di Luzio appare predisposto al dialogo con la cartografia fantastica dei secoli in cui sulle mappe consultate dai naviganti i dati accertati si confondevano con quelli tramandati da antiche leggende in un intreccio del tutto affascinante.
È dunque una geografia immaginaria quella che, da giovedì 27 maggio, accoglierà i visitatori della mostra “Luca Di Luzio. Geopittura” curata da Marco Tonelli per la storica Galleria Russo di Roma. Ripercorrendo gli ultimi otto anni della carriera di Di Luzio, l’esposizione racconta con chiarezza un artista più interessato a farsi demiurgo di un proprio universo che a raccontare quello corrente.
MAPS AND FLAGS (2013-2014)
Bandiere e mappe immaginarie
Dagli anni del Grand Tour, il viaggio è stato considerato momento fondamentale e ineludibile del percorso di formazione di un artista e non è certo un caso se proprio nel corso di un soggiorno di formazione – una residenza d’artista a Rotterdam, primo porto d’Europa e uno dei più trafficati del mondo – la fascinazione per le immagini della geografia che lo accompagna dagli anni dell’infanzia sia stata assunta da Di Luzio a materia della sua ricerca. Del tutto verosimili ma completamente inventate sono le Maps and Flags del periodo olandese, mappe e bandiere dai colori squillanti che, nell’economia della mostra, hanno il compito di introdurre il pubblico all’interno di un sistema geografico nuovo e parallelo al nostro.
LOKA (2014-2015)
Cartografia dell’invisibile
L’espressione sanscrita Loka, scelta da Luca Di Luzio per titolare una serie di mappe su juta, quasi degli arazzi, denuncia l’ambizione di cartografare l’invisibile. Nei sacri testi induisti costante è il riferimento a mondi posti al di sopra e al di sotto della terra chiamati, appunto, loka e loka sono definiti tanto i luoghi fisici circoscritti quanto le condizioni dell’anima, un nome insomma perfetto per l’invenzione di una geografia della metafisica.
ATLAS EGO IMAGO MUNDI (2015-2019)
Cartografia del corpo
Gli appassionati di arte contemporanea che conoscono il nome di Luca Di Luzio lo mettono sicuramente in relazione con Atlas Ego Imago Mundi, fortunata serie di opere su carta già esposta con successo al MAXXI e all’Auditorium Parco della Musica. Composta da circa quaranta mappe più un libro d’artista in forma di atlante, Atlas è una riflessione sulla centralità del corpo che prende le mosse dalla filosofia della percezione di Merleau-Ponty: sottolineare il valore del corpo come condizione necessaria alla conoscenza del mondo trasformandolo in mondo, un sistema geografico di continenti, arcipelaghi, acque e montagne che sono in realtà mani, gambe, piedi, pancia, parti del corpo dell’artista impresse direttamente sulla carta. “Nel mio percorso di ricerca Atlas segna l’abbandono del pennello. Ogni mappa, ogni pagina di questo mio atlante nasce spalmando il colore direttamente su una parte ben definita del mio corpo, destinata, una volta impressa sul supporto pittorico, a diventare matrice di un pezzo di un mondo in costruzione”. Su quelle caotiche, incontrollabili tracce di sé l’artista-demiurgo interviene in una seconda fase del processo creativo ripercorrendone i confini con l’analitica precisione del pennino, lo strumento scelto per dare ordine al caos. Nasce così la favolosa cartografia di sé stesso inventata da un pittore costruttore di cosmi.
LO STATO (2021)
La forma delle nazioni
Anche Lo Stato, la più recente serie di lavori di Di Luzio, utilizza matrici di colore in sostituzione del pennello. I pigmenti colorati che in Atlas venivano spalmati direttamente sul corpo, qui servono ad inchiostrare stampi che hanno la forma di alcune nazioni: Thailandia, Filippine, Congo, Canada, Namibia.. “La forma delle nazioni mi ha sempre affascinato, anche per il contrasto tra la grazia delle frastagliate linee di confine naturali e la rigida linearità di quelle tracciate dall’uomo. Alcune nazioni poi hanno bellissime forme organiche di foglie o animali”.
Stampate a monocromo sino alla saturazione del foglio, sovrapposte tra loro, le impronte delle nazioni danno vita a composizioni astratte rese aeree e dinamiche dalla leggerissima materia della carta giapponese usata come supporto. Un dinamismo che ricorda quello dei confini delle nazioni vere, linee che si allargano e si stringono, palpitando nel flusso della storia.