Beirut città ferita. Ecco come l’Italia sta contribuendo al rilancio

A quasi un anno dall’esplosione nel porto di Beirut, sono numerosi gli interventi promossi dall’Ambasciata d’Italia, estesi a tutto il Libano. Dalle ricostruzioni ai restauri degli edifici storici, dalle missioni archeologiche alla nascita di nuovi musei. Ne abbiamo parlato con l’ambasciatrice Nicoletta Bombardiere.

A quasi un anno dall’esplosione, quali sono stati gli interventi promossi dall’Ambasciata d’Italia e dall’AICS ‒ Agenzia Italiana Cooperazione allo Sviluppo nei quartieri maggiormente colpiti di Beirut?
L’intervento italiano nei quartieri colpiti dalle esplosioni al porto di Beirut è stato tempestivo e concreto. Siamo intervenuti in diverse dimensioni, dal primo soccorso umanitario allo sgombero delle macerie, operato dalla Task Force Emergenza Cedri della Difesa, all’azione dell’AICS, che ha lanciato progetti di riabilitazione di istituti scolastici e servizi sanitari e anche alloggi di edilizia popolare, alla programmazione degli interventi di tutela del patrimonio artistico e culturale. È arrivata in Libano anche una missione della Task Force “Unite4Heritage” dell’Arma dei Carabinieri, eccellenza riconosciuta a livello mondiale nella tutela del patrimonio culturale, per aiutare a mappare i danni e offrire in prospettiva supporto e formazione alle forze di sicurezza libanesi in questo specifico settore. Si sono poi attivate organizzazioni della società civile e singoli benefattori, con interventi puntuali su abitazioni private e, ad esempio, su edifici religiosi di grande valore storico come il Convento del Sacro Cuore, del XIX secolo.

Per quanto riguarda l’ex stazione ferroviaria di Mar Mikhael, che tipo di restauro è stato previsto? E quale sarà l’utilizzo dell’edificio?
Il progetto di restauro della ex stazione, che versa in stato di abbandono da decenni, sarà condotto in collaborazione con UN Habitat e la Direzione Generale delle Antichità del Libano e mira alla realizzazione di un parco di archeologia industriale e a restituire ai cittadini un’area al momento non accessibile. Intendiamo così contribuire alla rivitalizzazione culturale e sociale del quartiere. La sfida del post-esplosioni è “ricostruire meglio di prima”, che vuol dire anche non ripetere scelte compiute dopo la fine della guerra civile, quando la ricostruzione del centro di Beirut è stata sbilanciata a favore degli spazi privati e commerciali e priva di luoghi di incontro e aggregazione. Una carenza di spazi condivisi che si avverte, in realtà, nell’intera città.

Alcuni dei quartieri più colpiti dall’esplosione dell’agosto 2020 ospitano gallerie d’arte e studi di artisti: si è pensato a qualcosa per supportare il settore dell’arte contemporanea nella città?
La speranza di molti è che la vita artistica della città rinasca, con la vivacità e la diversità che la hanno sempre caratterizzata. Con le nostre risorse non abbiamo molte possibilità di sostenere direttamente gli artisti libanesi, ma stiamo operando per rilanciare la vita culturale con i nostri eventi musicali e di teatro e, per quanto possibile, collaboriamo anche con collezionisti privati. Ad esempio, abbiamo lavorato con le autorità libanesi per facilitare l’invio a Milano della Maddalena Sursock di Artemisia Gentileschi, su richiesta del suo proprietario. L’ex stazione ferroviaria di Mar Mikhael, una volta riqualificata come area pubblica, potrà anche ospitare spazi espositivi per artisti. Ci piacerebbe, magari anche attraverso queste pagine, costruire nuove opportunità per facilitare le visite e i contatti tra artisti italiani e libanesi.

Baalbeck Colonne di Giove, per gentile concessione dell'Ambasciata d'Italia a Beirut

Baalbeck Colonne di Giove, per gentile concessione dell’Ambasciata d’Italia a Beirut

GLI AIUTI ITALIANI AL LIBANO

L’esplosione si è unita a diverse problematiche, come per esempio la crisi economica e sociale e la pandemia. Quali sono stati i loro effetti sui progetti già avviati, come il recupero delle aree archeologiche nelle altre parti del Libano?
La crisi economica e la pandemia hanno certamente complicato il nostro lavoro e, in qualche misura, ridotto le risorse a disposizione delle autorità libanesi nostre controparti. Per fortuna, grazie all’incessante lavoro di AICS, abbiamo potuto completare una parte importante dei nostri progetti prima che la crisi entrasse in fase acuta. Il 20 maggio abbiamo riconsegnato alle autorità libanesi il palazzo storico della sede della municipalità (Serail) di Baalbek e prevediamo a breve di completare i lavori sul Castello medievale di Shamaa. Mentre abbiamo pubblicato da poco la Guida del Museo Nazionale di Beirut, in quattro lingue, che, ricordo, valorizza anche la collezione di sarcofagi antropoidi riabilitati e ospitati nel museo grazie a un progetto italiano. Di fronte alla crisi che grava sul Libano, sarà fondamentale nei prossimi mesi continuare a tenere alta l’attenzione sul patrimonio culturale, che, nella nostra visione, non deve essere un lusso per pochi ma una ricchezza accessibile e condivisa da tutti.

Il restauro del Tempio di Giove a Baalbek, patrimonio UNESCO dal 1984, è uno degli obiettivi principali nel programma CHUD ‒ Cultural Heritage and Urban Development, quanto manca al suo completamento?
I lavori sono in fase avanzata e hanno beneficiato non solo del sostegno finanziario della Cooperazione italiana, ma anche del lavoro sul campo dei nostri migliori esperti. Oltre due anni di lavoro estremamente complesso, dalla diagnostica alla rimozione della vegetazione e dei danni del tempo, che ha consentito “centimetro per centimetro” di recuperare e mettere in sicurezza un monumento unico al mondo. Un intervento la cui eccellenza è stata già certificata dagli esperti UNESCO e ICOMOS. Occorre ora portare a termine alcuni passaggi tecnico-amministrativi. Contiamo di poter riconsegnare il tempio alle autorità e al popolo libanese nei prossimi mesi e di poter vedere Baalbek tornare ad attrarre tutta l’attenzione che merita, tanto da parte degli specialisti che dei visitatori. E a essere la cornice di eventi culturali e musicali.

Quanto è importante per i libanesi il recupero della loro articolata e millenaria storia, attraverso il restauro dei principali monumenti del passato, sopravvissuti alle difficili vicende in cui il Paese è stato coinvolto a partire dalla guerra civile?
Il patrimonio archeologico e culturale ha il potenziale per aiutare i libanesi a riscoprire ciò che hanno in comune, trascendendo le divisioni settarie e religiose. La nostra azione serve a tutelare e valorizzare dei tesori unici al mondo, ma ambisce anche a “riconnettere” i libanesi con se stessi e con la loro storia. Una delle cicatrici lasciate dalla guerra civile è la tendenza di ciascuna comunità a restare, anche in senso geografico, confinata all’interno del proprio spazio. Recuperando e mettendo in luce il patrimonio culturale e agendo, come noi facciamo, in tutto il territorio del Libano, speriamo di contribuire a superare queste dinamiche ereditate dal passato. Infine, la difesa del patrimonio culturale è un messaggio forte e importante anche a chi vorrebbe cancellare la storia e le sue testimonianze, come è tristemente accaduto nei conflitti che hanno interessato altri Paesi di questa regione.

Museo Sursock, per gentile concessione dell'Ambasciata d'Italia a Beirut

Museo Sursock, per gentile concessione dell’Ambasciata d’Italia a Beirut

ARTE E CULTURA IN LIBANO

La nascita di nuovi musei e la riconfigurazione di quelli già esistenti potranno dare un volto nuovo al Libano, più moderno, più turistico, in grado di raccontare l’intreccio di culture di cui il Mediterraneo è stato testimone e veicolo?
Il nostro lavoro sui musei potrà certamente contribuire a rilanciare cultura e turismo in Libano, in un futuro speriamo non lontano. La stratificazione fisica, visibile nei siti archeologici, e culturale, di una serie di civiltà ‒ fenicia, greca, romana, bizantina, mamelucca, ottomana ‒ che si sono succedute nell’arco di migliaia di anni rende il Libano un testimone ideale di come ciascuna si sia innestata sulle precedenti, ereditandone qualcosa. E questo emerge anche dal lavoro delle cinque missioni archeologiche italiane attive in tutto il Libano, che hanno rinvenuto tracce sovrapposte che risalgono nel tempo fino all’epoca dei primi insediamenti umani nella zona. Vogliamo riportare alla luce e valorizzare questa “narrativa continua” di culture, che parte dalle origini stesse della civiltà.
Il nostro auspicio è che questa lezione del passato si trasformi in una ricetta per il presente e per il futuro. Un futuro in cui un Libano meno diviso e più attento allo sviluppo umano – cultura, educazione, sostenibilità ‒ affronterà meglio anche le grandi sfide economiche e sociali.

Possiamo avere delle anticipazioni riguardo alla nascita del futuro Museo di Tiro?
L’intervento italiano a Tiro è articolato. Sono già pienamente visibili, e fruibili, i lavori di valorizzazione sui due grandi siti archeologici di El Mina ed El Bass. Gli interventi sul museo sono all’inizio, l’edificio è stato restaurato con il sostegno della Banca Mondiale, mentre noi ci occuperemo dell’allestimento e della selezione dei manufatti, oltre cinquemila. Ci vorrà ancora del tempo e prevediamo che il progetto termini nella seconda metà del 2022.

Che tipo di progetto è stato pensato per il Museo d’arte moderna e contemporanea Sursock, gravemente danneggiato dalla recente esplosione?
Il 16 maggio la Vice Ministro degli Esteri, Marina Sereni, ha firmato un accordo di collaborazione con UNESCO, che si inserisce nel quadro dell’iniziativa Li Beirut, lanciata da diversi enti e donatori, pubblici e privati, a favore del patrimonio culturale e storico della città. Il nostro progetto con UNESCO consentirà il rifacimento dell’edificio dove speriamo, tra pochi mesi, di tornare ad ammirare la collezione di arte moderna e contemporanea e le bellezze architettoniche della struttura.

La cooperazione tra i popoli del Mediterraneo sembra essere molto importante, ancor di più in questo difficile momento che ci vede tutti connessi. Le azioni di salvaguardia del Patrimonio, le missioni archeologiche e le numerose altre iniziative culturali che state promuovendo insieme alle autorità locali, come possono contribuire alla crescita culturale e identitaria italiana ed europea? Qual è la più grande ricchezza del popolo libanese dal punto di vista culturale, artistico ed espressivo in genere?
La nostra azione a tutela del patrimonio culturale in Libano è parte integrante della politica mediterranea dell’Italia, incentrata sul concetto chiave di “beni comuni mediterranei”. La cooperazione per proteggere un patrimonio condiviso è l’unica via per governare efficacemente le sfide globali che impattano fortemente su questa regione, a iniziare dai cambiamenti climatici, una minaccia esistenziale per l’ecosistema e il patrimonio culturale. L’Italia ha esperienze ed eccellenze da condividere e speriamo che il Libano possa continuare a beneficiarne. Per noi è un arricchimento poter lavorare su siti unici al mondo, per il Libano è una riscoperta delle proprie origini e radici, una fonte di ispirazione per il rilancio culturale e artistico di un Paese che ha sempre saputo produrre e creare con originalità e vitalità intellettuale ed espressiva. Anche, forse soprattutto, in un momento di crisi e transizione, l’arte e la cultura sono necessarie per ricostruire il presente e progettare il futuro.

Antonella Palladino

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Antonella Palladino

Antonella Palladino

Ha studiato Storia dell’arte presso le Università di Napoli e Colonia, laureandosi in Conservazione dei Beni Culturali con una tesi dal titolo “Identità e alterità dalla Body Art al Post-Human”. Ha proseguito la propria formazione alla Fondazione Morra e poi…

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