I dimenticati dell’arte. Storia del pittore Pilade Bertieri
Era amico di Giacomo Balla, ha partecipato a otto Biennali di Venezia, ha raccolto successi a New York e Parigi. È tempo di riscoprire Pilade Bertieri.
L’inizio della carriera di Pilade Bertieri (1874- 1965), fratello del fotografo Oreste, grande amico di Giacomo Balla nella Torino di fine Ottocento, è stato fulminante. Se Oreste aveva ripreso lo studio del padre Paolo in via Po, Pilade invece preferisce la pittura e si iscrive all’Accademia Albertina di Belle Arti, dove studia con Giacomo Grosso, per proseguire poi alla Carrara di Bergamo, allievo di Cesare Tallone.
GLI ESORDI FULMINANTI DI PILADE BERTIERI
A soli ventiquattro anni esordisce alla Promotrice di Torino, l’anno seguente viene invitato alla Biennale di Venezia a rappresentare il Piemonte presso l’istituzione veneziana, insieme ad altri due artisti, e nel 1900 il Museo Civico di Torino acquista il suo dipinto Il conforto, ricco di riferimenti alla pittura tedesca dell’epoca , mentre nella ricca cornice modernista ci sono motivi vicini alla scuola di Glasgow. Nel 1901 espone di nuovo alla Biennale il dipinto La nascita a casa del povero, vicino allo stile simbolista del suo amico Giuseppe Pellizza da Volpedo.
BERTIERI DA TORINO A NEW YORK
La formazione di Pilade avviene in quella Torino di fine Ottocento sospesa tra accademia e sperimentazione, in un ambiente dove si formano artisti del calibro di Giacomo Balla, che lavora nello studio del padre di Pilade, il quale gli insegna la tecnica fotografica: Pilade presenta Balla a Pellizza e i tre ragazzi dipingono insieme nello studio di via Po.
Tra i primi estimatori di Bertieri figura Enrico Thovez, che sulla rivista Emporium sottolinea il suo forte naturalismo, mentre lo scrittore Arturo Graf notava la sua capacità di produrre “il meraviglioso”.
Capace di unire in soluzioni originali realismo e visione fantastica, Pilade comprende fin da subito la ristrettezza dell’ambiente artistico nazionale, che pure gli aveva dato non poche soddisfazioni, e nel 1901 parte alla volta di New York, dove diventa in breve uno dei pittori più in voga tra gli esponenti dell’alta società, che gli commissiona soprattutto ritratti a mezzo busto, eseguiti da Pilade con una leggerezza vicina allo stile di Sargent.
Nel 1906 Bertieri si inserisce nella high society della Grande Mela anche grazie al matrimonio con Geneviève Wilson, nipote dello scrittore Washington Irving, uno dei pionieri del racconto fantastico.
IL PERIODO LONDINESE DI PILADE BERTIERI
La coppia lascia gli Stati Uniti e si trasferisce a Londra, dove dal 1909 Bertieri lavora nell’ex atelier di James Abbott McNeill Whistler nel quartiere di Chelsea. È qui che Pilade dipinge i suoi quadri migliori, tra i quali spicca il Ritratto in rosso (1909), acquistato da Palma Bucarelli per conto dello Stato italiano nel 1943 alla Galleria delle Terme a Roma e oggi conservato al Museo Boncompagni Ludovisi: si tratta del ritratto dello scudiero Sam Sothern, fratello dell’attore americano E.K. Sothern. Un altro capolavoro degli anni londinesi è Lady in black furs (1912), che viene acquistato nel 1914 dalla Walker Art Gallery di Liverpool.
Entrambi esempi dello stile maturo di Bertieri, che innesta sul verismo di Grosso e Tallone le novità internazionali portate da Sargent e Whistler, senza dimenticare la sua conoscenza della fotografia e l’amicizia giovanile con Balla e Pellizza da Volpedo, ricostruita dalla mostra Protoballa. La Torino del giovane Balla, che si è tenuta alla Gam di Torino nel 2016.
ULTIME TAPPE DI BERTIERI: DA PARIGI A ROMA
Dopo Londra, Bertieri nel 1920 si trasferisce a Parigi, ove continua a lavorare su commissione nell’atelier in rue Ampère ma non solo: nel 1926 viene insignito del titolo di Sociétaire de La Société Nationale des Beaux Arts ed è chiamato a scegliere le opere degli artisti per i Salons. All’ombra della Tour Eiffel conosce e frequenta Giuseppe Boldini, e comincia a dipingere , oltre ai ritratti su commissione che gli permettono di vivere, anche paesaggi in stile pointilliste. Nel 1932 partecipa per l’ultima volta al Salon de la Société des Beaux Arts, perché a causa di una malattia agli occhi dipinge sempre meno. Di lì a poco abbandona la pittura ad olio per dedicarsi al disegno, con un immaginario diverso, legato a tematiche simboliste, a tratti grottesche.
Dal 1939 si trasferisce a Roma, in via di Villa Sacchetti, dove trascorre gli ultimi anni della sua vita. Nella città eterna lavora intensamente sviluppando uno stile personalissimo. La sua finezza psicologica, perfezionata negli anni di ritrattismo, si riversa nei sorprendenti disegni, acquerelli, gouache, olii e pastelli degli ultimi anni, fino al 1958, quando diventa completamente cieco.
L’archivio di Pilade Bertieri è curato da Beatrice Burati Anderson.
– Ludovico Pratesi
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