Kim Jones per questa collezione uomo primavera-estate 2021 ha voluto accanto a sé Travis Scott un rapper di 29 anni di Houston reputato da alcuni tra i musicisti più importanti del momento. Per le sue precedenti collezioni uomo Dior aveva collaborato con alcuni dei migliori artisti visivi in circolazione, da Peter Doig a Raymond Pettibon e Daniel Arsham. Scott è però anche un idolo della Generazione Z (quella a cui tutte le case di moda guardano come cliente del futuro prossimo venturo): Scott incarna l’atteggiamento esoterico della moda come appare proprio sui social media e ha avuto una figlia Kylie Jenner star televisiva celebre per le sue incursioni trash nel clan Kardashian. Per tornare a Kim Jones per la sua collezione questa volta anziché applicare il lavoro di un artista ai propri capi ha invitato un cliente Dior tra i più influenti a prendere parte attiva alla creazione di una collezione. E così assistiamo ad una messa in scena in cui Scott ha sovrapposto i ricordi dei giardini dell’infanzia di Christian Dior con il paesaggio texano pieno di cactus e teschi di vacca in una tavolozza di colori che Scott ha cìvoluto ispirata ai cieli di Houston rosa, e ai verdi e i marroni delle piante grasse che crescono lì.
LA COLLEZIONE DI VIRGIL ABLOH
La silhouette sembrava radicata nell’inclinazione del rapper per un top leggermente oversize abbinato a un pantalone a zampa, skinny ma non attillato. Immancabili le variazioni sul tema tuta da ginnastica (un rapper è pur sempre un rapper) in questo caso tempestate di bottoni metallici in stile cowboy lungo i lati. Nell’insieme la presentazione è apparsa lussuose e complessa certamente realizzata con una dovizia di mezzi che solo un marchio del genere può mettere in campo. La collezione disegnata da Virgil Abloh per Louis Vuitton accompagnata da un corto dal titolo Amen Breack) è risultata essere anche più cervellotica: tra le più complesse tra quelle disegnate per questi super brand negli ultimi anni. Uni sfoggio di virtuosismo che, se da un a parte si accompagna perfettamente alla potenza economico-finanziaria del marchio di cui Abloh è il direttore artistico, dall’altro lascia perplessi sulla necessità del tutto. Con questa collezione Abloh si presenta senza mezzi termini come campione della influenza culturale nera in questo momento presente “anche” nella moda, ma pure della diversità di genere e pure del sincretismo tra culture: occidentale, asiatica e nera (vista sempre come oppositiva). Esemplificate come? Ad esempio, nel contrasto qui esercitato – siamo al vertice dell’establishment dell’abbigliamento maschile – tra sneaker e tuta con la formalità che circonda il canone sartoriale dell’abito.
GLI SCACCHI DI VUITTON
Tra i molti (troppi?) temi organizzativi di questa presentazione c’è il gioco degli scacchi per ragioni che oltrepassano lo scontro binario tra bianco e nero, tra la cultura degli abiti e quella delle tute da ginnastica. Gli scacchi (non va dimenticato che si chiama damier da sempre la stampa impressa sulla valigeria Vuitton) fanno da filo conduttore della presentazione attraverso la nota onirica di cappelli alti, copricapo di pelliccia e gonne lunghe declinati in grigio e nero a ricordare la sagoma della regina, i cavalieri e le pedine… Nell’altra metà della collezione all’opposto esplodono colori rave: verde neon, giallo, blu elettrico giusto per ricordare che si tratta di una collezione primavera-estate…. Dior e Vuitton sono due marchi giganteschi nel vasto modo della moda di questi Anni Venti del XXI secolo e si confermano imprescindibili. Entrambi fanno parte del più potente conglomerato finanziario del lusso al mondo: quella LVMH (Louis Vuitton Moët Hennessy) che fa capo a Bernard Arnault il miliardario europeo che contende il primato del più consistente patrimonio personale al mondo al Ceo di Amazon Jeff Bezos. La fortuna di Arnault è passata da 76 miliardi di dollari nel marzo del 2020 a 186,3 miliardi di dollari: +110 miliardi di dollari negli ultimi 14 mesi grazie alla performance registrata dai titoli di borsa da Lvmh (+77% in un anno) grazie allo “slancio” delle vendite in Cinadove Lvmh ha registrato un fatturato di 17 miliardi di dollari per il primo trimestre del 2021, in crescita del 32% rispetto allo stesso periodo del 2020. È facile immaginare che anche per creativi del calibro di Jones e Abloh la pressione si faccia sentire.
DIVERSITY GAMIFICATION
Come già accaduto per le fashion week di Londra e Milano da quel che si è visto a Parigi è impossibile trarre conclusioni generali. Si può dire però che il lavoro di alcune individualità è emerso come particolarmente intonato con le rapidissime trasformazioni che il fashion negli ultimi 16 mesi ha dovuto affrontare. Gli sforzi per adeguarsi a una realtà non prevista prima della pandemia, l’accelerazione improvvisa del tutto in digitale, istanze divenute importanti tra le nuove generazioni come diversity, gamification e sostenibilità sembrano ora doversi distender in qualcosa che porta con se messaggi positivi, semplificati e pacificatori. Il top Parigi in questa tornata di presentazioni uomo p/e 2021 l’ha raggiunto J. W. Anderson tanto con la collezione che porta il suo nome che con quella che disegna per Loewe. A fronte delle 52 complicate uscite presentate da Dior e delle 78 di Vuitton Anderson ha messo insieme per marchio che porta il suo nome “solo” 33 outfit. Niente passerella, nemmeno online: il tutto rappresentato in 33 scatti. costruiti però da un maestro dell’ immagine come Jurgen Teller che ha provato a catturare l’immediatezza con cui la GenZ posta su se stessi nei social media. Pose crude e insieme giocose per abiti colorati catturati dentro interni “qualsiasi” quelli che sono apparsi un po’ ovunque durante i tristi giorni della pandemia. Anderson fa precisamente rifermento a questo tipo (sotto?) cultura: nel lavoro a maglia fai da te reso celebre dalla tendenza del cottagegore. dove ha trovato qualche mese fa un esplosivo successo quando Harry Styles è apparso su TikTok con un suo cardigan in po’ sbrindellato. E così anche per questa collezione il riferimento alla maglieria del suo nord Irlanda imperversa. Niente di concettuale: un sogno giovanile coloratissimo che Jurgen Teller interpreta in maniera straordinariamente accattivante.
LA COLLEZIONE DI LOEWE ANDERSON
Per presentare la collezione LoeweAnderson ha pubblicato un cofanetto di libri contenente le foto dell’ultra brit David Sims (altro maestro dell’immagine moda) accostato al lavoro del pittore e fotografo Florian Krewer, 34eene di origini tedesche residente a New York. Per tutti un unico pensiero: il piacere a lungo proibito di ballare insieme ad altri centinaia un club – l’intenso edonismo d’insieme che rappresentava la cultura rave: decisamente una fantasia post-pandemia. Un messaggio di speranza e ottimismo che ricorda – seppure espresso in tutt’altra forma – quello dal duo Dolce e Gabbana nell’ultima collezione presentata a Milano. Il lavoro di Anderson nell’abbigliamento maschile ruota intorno alla goffa bellezza della giovinezza: quei pochi anni in cui tutto ciò che riguarda l’identità, la sessualità e la ribellione è davvero intenso. Per molti versi Anderson è un designer estremo: come i tempi che stiamo vivendo.
–Aldo Premoli
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