La medicina cilena al centro dell’ultimo film di Francesco Bertocco al MA*GA di Gallarate
Le disuguaglianze, l’oppressione e il perdurare della dittatura in Cile passano anche attraverso la medicina e il sistema sanitario. Francesco Bertocco ci ha parlato del suo nuovo film – in mostra fino al 1° agosto 2021 - in questa intervista.
La disuguaglianza come ferita, come domanda: un tema caldo confermato dai fatti dell’ultimo anno, tra pandemia e sollevazioni popolari in tutto il mondo, che diventa il soggetto dell’ultimo film del pluripremiato artista Francesco Bertocco (Milano, 1983); l’opera è compresa all’interno di Historia, mostra personale ospitata al Museo MA*GA di Gallarate fino al 1° agosto 2021, che include anche produzioni video del suo repertorio e un servizio fotografico. Realizzata per la settima edizione del programma artistico Italian Council, promossa dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero per la Cultura e prodotta da Viafarini con la collaborazione curatoriale di Mariagrazia Muscatello, la personale curata da Alessandro Castiglioni indaga la storia della medicina cilena attraverso gli eventi storici più importanti accaduti nel Paese nella seconda metà del Novecento. Il risultato è un dialogo tra due Paesi – il progetto è stato portato avanti in collaborazione con il MAC e il Museo de la Quimica e de la Farmacia di Santiago del Cile – ma anche con i principali lavori realizzati da Bertocco in oltre dieci anni di ricerca e attività.
LA MOSTRA DI BERTOCCO: DALL’ITALIA AL CILE
“Ho sempre lavorato vicino ad ambienti di ricerca medica e laboratori, tutte realtà che studiano la mente e le nuove tecnologie, e con Historia sono andato avanti con questo lavoro approfondendo i legami con la società”, spiega l’artista. Historia di Francesco Bertocco, seppure ai margini di un ambito a lui familiare, è un’opera completamente nuova. Ma qual è la sua origine? “Il progetto è nato nell’estate 2019, ma mi ero già avvicinato al Cile quando nel 2017 ero andato alla Biennale di Santiago, e la curatrice Mariagrazia Muscatello mi aveva invitato a sviluppare un progetto all’interno del MAC di Santiago”, dice ad Artribune. La peculiarità del modello sanitario del Cile, e la sua maledizione, è di aver distorto quello americano e averlo implementato sopra un ambiente completamente diverso, di matrice indigena: “Ci sono diverse realtà connesse alla cura di stampo popolare e indigeno, contrapposte ad altre di matrice occidentale“. Queste, ricorda Bertocco, sono perlopiù legate a dinamiche di potere. “Non esiste la sanità pubblica, se non per cure palliative, e tutti vivono di assicurazione: quelle di fascia più alta sembrano le cliniche dei film, delle specie di Grand Hotel“. Tutt’altra cosa rispetto alla farmacia che dà il nome alla personale: “Historia. Il nome viene da una farmacia di Conception vicina al partito comunista cileno – che mostra un affresco della medicina nel Paese dall’epoca precolombiana al vaccino della polio, opera di un muralista cileno degli anni 50 molto vicino a Neruda. Io vorrei continuare questo affresco, questa visione: vorrei raccontare con la stessa sintesi la stessa storia del Paese”.
LA MOSTRA DI BERTOCCO: I CONTI CON IL PASSATO
Questo modello sanitario tossico e diseguale vuole sostituire la medicina tradizionale, così come i governi che si susseguono (con l’eccezione di Allende) cercano da decenni di cancellare le popolazioni che la praticano: “Ci sono molti scontri con le popolazioni indigene e le loro forme di cura, antichissime e identitarie: le forze negative governative tentano costantemente di soffocarle”, sottolinea Bertocco. “Per capire l’identità indigena del Paese ho studiato i Mapuche, diventati simbolo della rivoluzione cilena: hanno subito costantemente sequestri di terreno in Cile e Argentina – rivenduti ai privati – e sono un popolo dall’identità molto definita, cosa che destabilizza i governi post-dittatura. Sono stati fondamentali per questa panoramica. Poi ho passato tempo nel deserto, indagando i luoghi legati agli Aymara, al confine con la Bolivia e il Perù, e avvicinandomi a curanderi e sciamani“. Per comprendere questa scissione ha anche lavorato con l’Università e il connesso Museo della Chimica, scoprendo come i primi istituti di medicina del Paese siano stati fondati su basi elitarie dai nazisti fuggiti dall’Europa: questo ha nutrito la separazione tra chi si può e non può permettere le cure, una segregazione ereditata da Pinochet. Il dittatore, inoltre, tornerà in Cile solo a dicembre per le restrizioni della pandemia; un periodo che sta cambiando i connotati del Paese: “solo ora si sta spaccando con il passato. La pandemia ha trasformato anche Historia, che è diventato un progetto collettivo in collaborazione con la celebre regista Tiziana Panizza e una troupe locale. Non solo: è entrata la voce della filosofa Diana Aurenque Stephan, che riafferma l’identità della salute in Cile con un racconto molto crudo“.
LA MOSTRA DI BERTOCCO AL MA*GA DI GALLARATE
Il progetto di Historia culminerà a settembre con una pubblicazione collettiva che comprende un testo di narrativa di Bertocco sull’ospedale desertico di Pisagua, l’unico ospedale coloniale sopravvissuto ai terremoti: “Ho pensato a lungo a questo progetto editoriale, costretto come sono ancora fuori dal Paese per la pandemia. Ho anche realizzato un servizio fotografico, sempre su Pisagua, che è stato usato come campo di concentramento e ‘riabilitazione’ da Pinochet. Oggi è un simbolo estremo di espansione economica, un territorio ricco di giacimenti minerari (poi svalutati), ma anche di rovina e prigionia”. All’interno del percorso espositivo si trovano altri 3 video, produzioni tutte incentrate sullo studio dell’umano e di chi lo osserva: parliamo di Affective Sciences (2017), opera sul primo centro al mondo che studia le emozioni umane, Onde (2014), girato in una clinica del sonno, e Setting (2012), primo lavoro di Bertocco che ricalca – errori compresi – la pratica “roleplay” per psicologi e psicanalisti dell’Università degli Studi di Milano, secondo cui venivano inscenati diverse tipologie di sedute in cui i medici interpretano, a turno, il ruolo di analista e paziente.
– Giulia Giaume
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