La Spezia. Jacopo Benassi apre una fondazione nel bagno del suo studio
NASCE IL NUOVO PROGETTO DELL’ARTISTA JACOPO BENASSI, PUNK E SOVVERSIVO: SI CHIAMA FBI, OVVERO FONDAZIONE BENASSI IACOPO. IL PRIMO LAVORO OSPITATO È QUELLO DI ANDREA RENZINI, DAL TITOLO “PFIZER APOLLINARES”.
Solitamente le fondazioni d’arte intitolate ad artisti vengono create postume, anche per una questione economica. Jacopo Benassi (La Spezia, 1970), invece, in modo scherzoso ma forse anche scaramantico, insieme ad Antonio Grulli, Francesca Calvaresi, Diego Bergamaschi e Federico Pepe ha creato una fondazione a suo nome: FBI – Fondazione Benassi Iacopo.
LA FONDAZIONE BENASSI IACOPO
FBI è stata creata nel bagno dello studio spezzino dell’artista (peraltro l’unica stanza nella quale sono appesi dei suoi lavori), un luogo claustrofobicamente stretto e vertiginosamente alto.
Le pareti sono affollate dalle fotografie in bianco e nero e tra, una cornice e l’altra, troviamo frasi e parole segnate a pennarello sul muro. Le scritte rievocano le consuete indicazioni poste negli spazi museali: “bookshop”, “ticket office”, “do not smoking”, “do not touch”. Un sacco di divieti e imposizioni che – per quanto logicamente necessari – nel contesto così ironico e indisciplinato di FBI assumono un’ambigua assurdità.
QUANDO LE FONDAZIONI DISINNESCANO L’ARTE
Esporre in un “cesso” è dissacratorio, rompe la consuetudine, soprattutto quando a farlo è chi ci collabora con le fondazioni. Come spiega Antonio Grulli, “troppe e molte fondazioni si impegnano a fornire l’arte in modo talmente raffinato e digeribile che finiscono per spogliarla dal loro contenuto. Currentzis, un direttore d’orchestra russo, disse una cosa molto bella. Che la rovina della musica classica è iniziata quando la gente ha cominciato a dire che faceva rilassare. Il problema dell’arte, negli ultimi anni, è esattamente lo stesso. Molti pensano che sia un giochino, qualcosa di piacevole, dove portare i bambini. Noi vogliamo creare una fondazione per cui valga il contrario”.
I SOGNI DA GABINETTO DI ANDREA RENZINI
Nel bagno, tra la selezione di foto di Benassi, è stato creato uno spazio ad hoc per esporre opere di altri artisti, ovviamente coerenti rispetto alla ricerca e alla spirito di Benassi e della FBI. Il lavoro di Andrea Renzini (Venezia, 1963), dal titolo PFIZER Apollinaires, è stato realizzato in tessuto di seta e appeso al muro tramite una giarrettiera rossa. Sulla stoffa, rievocando il disegno settecentesco di Peter Fendi (disegnatore della corte di Giuseppe II di Vienna), sono raffigurati un uomo e una donna nel bel mezzo di un amplesso acrobatico. L’accoppiamento di queste due figure avviene però al di sopra di un tappeto marchiato dal logo Pfizer, l’azienda farmaceutica che, oltre a produrre uno dei vaccini anti-Covid, ha ideato anche il Viagra.
L’ironia e l’irriverenza nella scelta dell’artista di mettere in rapporto questi elementi “démodé” (il disegno settecentesco, la giarrettiera…) con il logo Pfizer pongono il suo lavoro in dialogo col tempo. “Baciarsi, abbracciarsi, scopare… sono un tabù ormai. La pornografia da più di un anno è solo digitale. Anche il contatto, l’erotismo e la fisicità sono diventati démodé”, spiega. Il tessuto è sospeso e mobile, danza leggero e delicatamente, accompagnato da una musica ottenuta con la registrazione di pennarelli che stridono, rimandando a suoni equatoriali, da savana.
REINVENTARE UN FUTURO PIÙ PUNK
Inserire questo lavoro in FBI, cioè in un bagno – quindi in uno spazio intimo, quotidiano, evasivo ma pur sempre censurato –, è l’operazione artistica attraverso la quale ritrovare un po’ più di intimità e leggerezza ma soprattutto fantasia. Sia per quanto riguarda il rapporto con l’arte che con la realtà; da qui il lavoro di Renzini riprende la critica posta da FBI. Infatti, come spiega Grulli, “l’arte è come l’amore e deve essere fatta solo e tutte le volte che se ne ha voglia. Noi siamo stati sempre più a nostro agio nei cessi dei locali – piuttosto che al White Cube –, in cui abbiamo passato tanti momenti belli e memorabili”.
‒ Marlene L. Müller
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