Le api e l’arte. Storia di un incontro emozionante

Il World Bee Day 2021 ha riacceso i riflettori sulle api e sulla loro importanza nell’ecosistema globale. Angelina Jolie e il progetto Women for Bees sono solo gli ultimi esempi di come le strade delle api e dell’arte possano incontrarsi.

Il World Bee Day 2021 ha riacceso i riflettori sulle api e sulla loro importanza nell’ecosistema terrestre. Angelina Jolie, ambasciatrice Unesco, ha partecipato al progetto Women for Bees, iniziativa che aiuta a promuovere l’imprenditoria e l’emancipazione femminile insieme alla conservazione della biodiversità. Entro il 2025, il programma mira a costruire 2.500 alveari in 25 riserve della biosfera dell’Unesco, favorendo la crescita di 125 milioni di api.
Per fare tutto questo, l’attrice ha posato per il fotografo e apicoltore del National Geographic Dan Winters ricoperta da uno sciame di api. A ispirare Winters, un ritratto realizzato da Richard Avedon nel 1981, L’apicoltore, giusto per rimanere in tema.
Ma la performance di Winters-Jolie non è un caso isolato nel panorama dell’arte contemporanea, che molte volte ha acceso i riflettori sul destino di questi preziosi insetti impollinatori e dell’ecosistema Terra in questo inizio di Antropocene – insetti che facevano parte del mondo dell’arte ben prima della Angelina Jolie ricoperta di api e con gli occhi sgranati.

Angelina Jolie per il World Bee Day 2021 © Dan Winters National Geographic

Angelina Jolie per il World Bee Day 2021 © Dan Winters National Geographic

LE API DAGLI ANTICHI EGIZI A BERNINI

Per gli antichi le api erano simbolo di rinascita: legate alla primavera, sparivano nei mesi invernali, così la loro presenza era simbolo di rinnovamento. Per gli antichi egizi l’ape era paragonata all’anima e poteva riportare la vita in un corpo se fosse entrata in bocca (era uno dei motivi per i quali quest’ultima veniva sigillata). Nell’Antico Egitto erano autentiche divinità, nate dalle lacrime di Ra, il dio del Sole, che cadevano sulla Terra quando il dio piangeva. Erano legate al Sole, appunto, e alla coltivazione della terra, perciò erano il simbolo dell’Alto Egitto. Nei geroglifici sono rappresentate anche come una ruota con sei raggi, il simbolo del Sole.
Nella Francia del Re Sole le api erano simbolo della nobiltà e purezza e tali lo sono ancora oggi. I Greci le collegavano ad Artemide, dea della caccia e della raccolta; erano animali sacerdotali, evitavano ogni impurità e vivevano solo del profumo del Sole, e il frutto dei loro indefessi sforzi era alla base dell’ambrosia, nettare divino molto gradito anche ai Celti.
Le lacrime di Ra hanno poi sempre fatto parte dell’iconografia occidentale: sono spesso rappresentate nel bestiario medievale, ma con tratti non realistici. Nel 1514 Albrecht Dürer disegna con i suoi tratti inconfondibili un piccolo Cupido che scappa da uno sciame di api alle quali ha provato a rubare il miele, sotto lo sguardo divertito di Venere. A Roma il Bernini, nella Fontana delle api (1644), scolpisce tre api che si abbeverano da una conchiglia aperta.

Albrecht Dürer, Cupido ladro di miele, 1514. Kunsthistorisches Museum, Vienna

Albrecht Dürer, Cupido ladro di miele, 1514. Kunsthistorisches Museum, Vienna

DALLA LAND ART ALLE OPERE D’ARTE REALIZZATE NELLE ARNIE

Oggi un’opera più vicina alla sensibilità contemporanea e alle istanze ecologiche globali è The Hive (2016) di Wolfgang Buttress. È un gigantesco alveare metallico dotato di oltre 1.000 led che prendono vita in base all’attività degli alveari vicini nei quali sono stati installati dei sensori. Un’opera di Land Art visiva e sonora in grado di emettere suoni di violino e violoncello in base all’attività delle arnie vicine: in pratica, degli SOS luminosi sullo stato di salute degli insetti.
Molto più piccolo per estensione, ma con lo stesso grado di minuziosità, è Requiem for Insects (2019) dell’australiana Rosie Armstrong. Realizzati in legno, tagliati al laser e dipinti a mano, gli insetti della Armstrong, tra i quali ci sono molte api da miele, sono specie autoctone australiane prossime all’estinzione.

Ladislav R. Hanka, Autumnal Fugue, 2018. Collection of Gwen Frostic School of Art, Western Michigan University

Ladislav R. Hanka, Autumnal Fugue, 2018. Collection of Gwen Frostic School of Art, Western Michigan University

Nel caso di Ladislav Hanka, le cui opere sono fatte dalle api e per le api, si assiste a un progressivo processo di avvicinamento fra artista e questo speciale insetto sociale, che porta l’arte fin dentro le arnie. Nato nel 1952 in Iowa, Hanka è mastro incisore del legno ed esperto nella tecnica dell’acquaforte. Quando è diventato apicoltore, ha capito che doveva collaborare con le api per creare le sue opere: le ha dunque realizzate all’interno delle arnie. “Così facendo le incisioni vivono una seconda vita dove le api prendono il sopravvento collaborando al processo creativo. […] C’è una innegabile intelligenza al lavoro nell’arnia; impari a rispettarla e a prenderti cura di queste piccole creature così evolute e questo mi sprona nello star vicino a tutte le api in difficoltà, non solo qui ma in tutto il mondo”.

BEE ART: DAL READY-MADE ALL’ARTE PERFORMATIVA DELLE API-SCULTRICI

Aganetha Dyck porta al livello successivo la collaborazione con le api. Canadese, classe 1937, interessata alle tematiche ambientali sin da quando i genitori degli attuali attivisti della Gen Y non erano ancora nati, introduce nelle arnie oggetti di uso comune e li lascia lì per anni: il ready-made incontra l’apicoltura. L’ultima esposizione dell’artista nel 2014 è Honeybee Alteration e riflette su un futuro senza api.

Aganetha Dyck, Queen, 2007. National Gallery of Canada. Photo © William Eakin

Aganetha Dyck, Queen, 2007. National Gallery of Canada. Photo © William Eakin

Ren Ri è cinese e si definisce “apicoltore-artista”, in quest’ordine. Ha creato delle strutture poligonali in plexiglas all’interno delle quali ha messo delle api regine. Modificando l’inclinazione delle strutture, ha spinto le api operaie ad adattarsi al nuovo ambiente. Il risultato? Strutture geometriche che sembrano frattali ma che sono create dalle api e dal loro adattamento ambientale: una vera opera performativa dove l’apporto dell’uomo è ai minimi termini, poiché il lavoro è tutto delle “api-scultrici”.
Simile al lavoro di Ri, ma su scala molto più vasta, è quello dell’artista slovacco Tomáš Gabzdil Libertíny, che con la serie Made by bees ha portato a Venezia, in occasione della Biennale Architettura 2021, le sue opere create in collaborazione con le api. Il procedimento è simile a quello di Ri: una struttura in metallo attorno alla quale vengono posizionate delle regine, che gradualmente diventa l’intelaiatura per le celle grazie al lavoro costante di 60mila api, le quali danno vita alla struttura pensata dall’artista, che poi rifinisce il tutto livellando la cera d’api. I temi sono quelli della coesione tra uomo e ambiente e della salvaguardia ambientale, comunicati attraverso la rappresentazione di oggetti quotidiani, realizzati in cera dalle api-scultrici.
Tomas Libertiny, Eternity (a.k.a. Nefertity), 2019 20. Photo Titia HahneL’ultima opera, Eternity, è il frutto di un paziente lavoro durato due anni e non è un caso che rappresenti il busto di Nefertiti, moglie di Akhenaton, che con il marito introdusse il culto dell’unico dio Aton, il disco solare, delle quali le api erano emissarie. Una rivoluzione, quella che prospetta l’artista con la serie Made by bees: trasformare il nostro rapporto con questi piccoli preziosi insetti, per noi, per chi verrà, per il pianeta e anche per l’arte.

– Luca Rossi

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Luca Rossi

Luca Rossi

Scrivo sulle pagine culturali del quotidiano Libero e faccio content marketing per il web. Ho scritto "Hover. Viaggio nell’infanzia delle cose (Excelsior1881, 2010) romanzo di formazione su un robot aspirapolvere che scopre di avere una coscienza filosofica. Nel 2017 ho…

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