In svolgimento a Helsinki fino al 26 settembre, la prima edizione della biennale ha come sede principale un’isola già base militare, coperta di boschi. Le due curatrici, Taru Tappola e Pirkko Siitari, ci raccontano la loro visione curatoriale, imperniata su 41 artisti finlandesi e stranieri, attraverso i quali portare all’attenzione tematiche d’attualità e far riscoprire la bellezza di luoghi appena fuori dalla cinta urbana.
La Biennale di Helsinki si svolge in un ex complesso militare, su un’isola. Come e perché avete scelto questa sede dalla storia particolare?
Helsinki è una città marittima, circondata da un arcipelago unico e da un anello “protettivo” di isolette fortificate. Una di queste, Vallisaari, dispone di vaste infrastrutture esistenti e di una rigogliosa natura, due cose che costituiscono la cornice ideale per un evento artistico. Grazie alla sua posizione geografica, alla sua storia di installazione militare e al paesaggio fortemente modificato dall’intervento dell’uomo, Vallisaari offre un contesto stimolante per riflettere sull’Antropocene e le tracce lasciate dall’azione umana, sulla vicinanza e il successivo allontanamento dalla natura; su limiti e confini, inclusione ed esclusione, colonialismo e sfruttamento; così come sul tempo e sul cambiamento. Gli edifici esistenti, ex polveriere e case abbandonate, forniscono anche interessanti possibilità d’invenzione artistica.
Come hanno dialogato gli artisti con il luogo?
L’isola di Vallisaari è la sede principale della biennale, e la nostra curatela si basa su un approccio rispettoso del sito. Gli artisti partecipanti hanno creato nuove opere ispirate all’isola e ai suoi edifici, incorporando questi siti nelle opere stesse. Ad esempio, Dafna Maimon ha trasformato una vecchia polveriera in un apparato digerente, mentre Tuomas A. Laitinen ne ha fatto un organismo vivente e un microscopio gigante. Samir Bhowmik accompagna i visitatori nel percorso intorno all’isola seguendo un immaginario cavo sottomarino sotterraneo, mentre l’imponente faro di Tadashi Kawamata, realizzato con materiale di scarto, si inserisce su un edificio esistente e sulla rete di gallerie al di sotto di esso.
“Sconfinate” anche in terraferma?
Sì, all’HAM (Helsinki Art Museum) e attraverso altri eventi e mostre collaterali. Ad esempio, la scultura aerea 1,78 di Janet Echelman sarà sospesa sopra la centralissima Senaatintori nel mese di agosto. All’HAM, presentiamo la trilogia di film di Mario Rizzi e due nuove installazioni di Katharina Grosse, che segnano la prima personale dell’artista in Finlandia.
OBIETTIVI E TEMI DELLA BIENNALE DI HELSINKI
Qual è l’obiettivo della biennale?
La biennale fa parte della strategia di “recupero del mare” della città di Helsinki, con l’obiettivo di aprire l’arcipelago circostante ai cittadini e ai visitatori di tutto il mondo.
Per l’arte contemporanea, la biennale è una nuova importante piattaforma: offre agli artisti inedite possibilità di esporre e creare nuove opere; e ispira discussioni sull’arte: i suoi significati, il suo ruolo nello sviluppo di città e società – e, speriamo, anche nel modo in cui pensiamo e agiamo. Per i visitatori, confidiamo che la biennale offra un’esperienza unica dove arte, natura e storia si fondono con le attuali problematiche globali.
In che modo la biennale coinvolge la città di Helsinki?
È un’iniziativa voluta dalla città e dall’HAM. L’amministrazione cittadina è stata un soggetto fondamentale per portare avanti il lavoro, attraverso elementi importanti come il finanziamento. Però è stato il team artistico della biennale, insieme all’HAM, a guidare interamente la direzione creativa e artistica, la curatela e la produzione della mostra.
Alcuni dei progetti artistici coinvolgono i cittadini di Helsinki. Oltre 3000 di loro, dagli scolari agli anziani che vivono nelle case di cura, hanno preso parte al progetto della barriera corallina all’uncinetto di Margaret e Christine Wertheim creando due opere d’arte.
Inoltre il programma collaterale Helsinki Biennial Inspired è creato in collaborazione con i servizi sociali, i residenti e le istituzioni artistiche della città.
Come ha cambiato la pandemia la fruizione dell’arte da parte del pubblico?
Abbiamo visto che, dopo l’isolamento causato dalla pandemia, c’è un crescente bisogno di vivere la natura. Mai come adesso la natura inserita nell’ambiente urbano si è rivelata preziosa e le persone sono diventate più consapevoli della biodiversità e del benessere portato dagli habitat naturali. Abbiamo tutti perso anche l’incontro dal vivo con l’arte. Per questo, un luogo d’arte situato su un’isola si è dimostrato la soluzione perfetta per entrambe queste esigenze.
GLI ARTISTI DELLA BIENNALE DI HELSINKI
Come avete selezionato gli artisti?
Abbiamo compiuto la selezione come fosse un mosaico: si parte da un pezzo e si continua a costruire, artista per artista. Abbiamo cominciato da singoli artisti che sapevamo potessero interagire con le condizioni pressoché uniche di Vallisaari. Il titolo della biennale è The Same Sea, metafora dell’interconnessione che riconosce la differenza e la diversità. Volevamo attirare l’attenzione sul fatto che tutto è interdipendente e dobbiamo agire di conseguenza. Ciò è evidente nell’attuale crisi ecologica. Questo concetto è presente in tutte le opere della mostra.
Questa biennale aumenterà l’influenza culturale di Helsinki in Europa? Pensate di aprire la biennale a collaborazioni con istituzioni culturali straniere?
La biennale funge da piattaforma per comunicare la natura diversificata e dinamica della scena artistica finlandese contemporanea, aprendo nuove possibilità per la città come uno dei principali centri artistici europei. Ma oltre a offrire un palcoscenico per i suoi artisti locali, la biennale si fonda sul principio dello scambio internazionale, motivo per cui circa la metà degli artisti presentati provengono da altri Paesi.
Per la prima edizione abbiamo lavorato a stretto contatto con organizzazioni e singoli artisti locali e internazionali. Essendo una biennale con una prospettiva globale, continueremo sicuramente la collaborazione internazionale in futuro.
Come descrivereste la scena artistica contemporanea finlandese?
L’intera Finlandia, in particolare Helsinki e la sua regione, vanta una fiorente scena artistica contemporanea, indipendente e istituzionale. Ma non c’è davvero alcun “finlandese” specifico a riguardo: non puoi più separare il locale dal globale nella scena dell’arte contemporanea. Parte dell’essere un artista contemporaneo è impegnarsi in un dialogo con artisti e contesti di tutto il mondo.
Dal punto di vista istituzionale e del pubblico, Helsinki è disseminata di musei d’arte di livello mondiale con programmi espositivi internazionali, come HAM, Kiasma, Amos Rex ed EMMA, nonché di alcune meravigliose gallerie e spazi più piccoli, da quelli più affermati come Helsinki Contemporary, Anhava, Sinne e Ama, a vivaci spazi gestiti da artisti come Huuto, Rankka e Sic; così come altre iniziative artistiche intorno a Helsinki come la Kohta Gallery, il Museo delle forme impossibili e M-cult, solo per citarne alcune. Ci sono iniziative come Publics e HIAP, che offrono opportunità ad artisti e professionisti dell’arte di partecipare a convegni in un contesto internazionale. Helsinki commissiona una grande quantità di opere d’arte per luoghi pubblici destinandovi l’1% del bilancio comunale, e l’HAM Helsinki Art Museum cura queste commissioni.
‒ Niccolò Lucarelli
https://helsinkibiennaali.fi/en/
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