Stars & stripes. La bandiera secondo Lovett/Codagnone
Nella cripta del Museo Marino Marini, il duo Lovett/Codagnone dispone tre opere recenti e una realizzata per l’occasione. Tra simbologie violentate, reti metalliche e filo spinato, in cerca di uno spiraglio di luce. A Firenze, fino al 23 giugno.
Il percorso proposto da John Lovett (Usa, 1962; vive a New York) e Alessandro Codagnone (Italia, 1967; vive a New York) si sviluppa intenso ed essenziale. Prima stazione, la bandiera Stripped (2006): un’opera forse non immediatamente fruibile, per il pubblico meno aduso alle tradizioni (e alle ritualità) di oltreoceano. Perché la composizione della bandiera americana si basa su regole ferree e inderogabili, che ne determinano il numero e colore delle stelle e strisce, ma anche le misure e proporzioni. Così accecata e distorta, questa bandiera riacquista tutta la sua più basilare matericità: il drappo pendente invita al contatto diretto, per toccare con mano l’opprimente oscurità di cui sempre più si fa veicolo.
Al centro della cripta, ancora protagonista la bandiera americana: qui la fotografia Hanged (2009) è riprodotta su carta e impilata per il visitatore, che al passaggio può ritirare la sua copia. È questo il souvenir di un’America ancora in cerca d’identità, che proprio nell’ostentazione dei suoi simboli denuncia le sue più profonde contraddizioni.
Per giungere infine all’opera che dà il titolo alla mostra si passa attraverso la cancellata forzata di You Must Not Want To See Everything (2012). Qui il lavoro “di repertorio” (seppure recentissimo) è riattualizzato in un rapporto di stretta simbiosi con il successivo: basti considerare la suggestiva fuga di luce, che dal fondo inquadra con precisione il varco nella cancellata. Reti metalliche e fil di ferro rappresentano così il controcanto delle bandiere censurate e appese: il senso di oppressione si fa sempre più evidente, e solo un gesto di violenza reale può finalmente spezzarlo.
Violenza dei gesti che diviene poi potenza dirompente delle parole. E oltre il varco, dalla morsa asfissiante del fil di ferro, emergono le battute del Galileo di Bertolt Brecht: il primo blocco sulla sinistra tace, mentre dagli altri due scaturiscono le battute della pièce in italiano e inglese. Le due lingue dialogano, s’intrecciano e sovrappongono, per dar vita a una comunicazione che supera ogni barriera. Da qui il doppio titolo scelto per l’installazione: La verità è figlia del tempo non dell’autorità / truth is born of the times, not of authority.
E il time/tempo di cui è figlia la verità/truth può anche essere ascoltato nell’incalzante beat che scandisce i testi, una musica che invade l’atmosfera della cripta, unificandone dal fondo l’intero percorso. Non a caso il catalogo si propone nell’insolita veste del disco in vinile: è la musica di Candidate, anima pulsante del progetto Lovett/Codagnone.
Simone Rebora
Firenze // fino al 23 giugno 2012
Lovett/Codagnone – La verità è figlia del tempo non dell’autorità / truth is born of the times, not of authority
a cura di Alberto Salvadori
Catalogo+vinile Royality Records
MUSEO MARINO MARINI
Piazza San Pancrazio
055 219432
[email protected]
www.museomarinomarini.it
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