Arte color pastello. Mostra-installazione di Nicolas Party a Lugano
Il MASILugano propone una retrospettiva dell’artista svizzero Nicolas Party allestita come un’unica grande installazione. Una scenografica casa/città accoglie i suoi pastelli su tela, acute e suggestive alternative alle tendenze prevalenti.
L’estraneità assoluta dell’opera di Nicolas Party (Losanna, 1980) è il suo punto di forza: a livello di stile, di tecnica e di “spirito”, i suoi quadri spiccano come un momento di originalità inaspettata nel panorama attuale. Lo dimostra la personale che gli dedica il MASILugano, vera e propria installazione “totale” che occupa un intero piano del museo e contiene una gamma rappresentativa di opere. Accolti da due enigmatiche teste giganti, sculture che giocano con il kitsch per risultare raffinate, si entra in una sorta di antro, una scenografia in forma di casa/città che valorizza le opere e insieme le mette in discussione in una dimensione coinvolgente ma anche volutamente artificiosa.
Nelle parti centrali dell’installazione si incontrano i tipici, ieratici e colorati pastelli su tela, nelle “nicchie” laterali quattro opere in bianco e nero e altrettanti dipinti murali danno invece vita a spazi che rimescolano atmosfere postromantiche, surreali, fumettistiche e assieme letterarie.
LO STILE DI NICOLAS PARTY
Nella globalità della costruzione della mostra, la chiarezza del percorso è facilitata dalla suddivisione in generi. Si incontrano paesaggi, ritratti, nature morte nei quali l’uso del pastello è esente da ogni leziosità e crea una pasta che è visiva ma anche tattile e conturbante, ambigua e maliziosa nella sua apparente leggerezza.
Sono opere fatte di allusioni, quelle di Party, ma il referente rimane volutamente vago. Tutto è un pretesto: l’immagine, il recupero dei classici generi pittorici così come il rimescolamento di stili del passato. A quest’ultimo proposito si possono individuare come influenze l’armonia dell’arte classica e del Ritorno all’ordine, il Surrealismo, il Romanticismo: ma sono appigli scivolosi, perché si mescolano in qualcosa che supera la somma delle parti e il semplice paragone non risulta adatto all’interpretazione dell’opera.
ISTINTO E RAGIONE
Il metodo migliore rimane dunque quello di affidarsi a una lettura “istintiva” della mostra, spazzando via le proprie certezze. È così che ci si trova immersi in una serie di stimoli suggestivi: la consistenza delle forme avvolge in una sorta di torpore sensuale, i volti sono raffinati eppure antigraziosi, il paesaggio è una visione lenitiva ma anche minacciosa. I frutti vagamente antropomorfi raffigurati nelle nature morte, poi, rappresentano l’acme dell’ironica sensualità sommessamente diffusa in tutta la mostra.
La dimensione intellettuale riemerge dopo la giostra delle sensazioni: si tratta di opere non esauribili con una lettura di primo grado, che mettono in discussione, oltre ai canoni espressivi, l’idea di verosimiglianza e di affidabilità di ciò che si vede e si crede di poter afferrare. Il velo che, nonostante il coinvolgimento, separa lo spettatore dall’opera è in ultimo anche lo specchio di un’epoca come la nostra improntata alla dimensione virtuale dell’immagine.
‒ Stefano Castelli
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