Silvia Capuzzo – Grauer Raum (spazio grigio)
Spazio Bianco, nuovo hub della Fondazione Pescheria dedicato alla ricerca fotografica, ospita Grauer Raum (spazio grigio) , la prima mostra personale di Silvia Capuzzo (Merano, 1996).
Comunicato stampa
Spazio Bianco ospita Grauer Raum (spazio grigio) , la prima mostra personale di Silvia Capuzzo (Merano, 1996), vincitrice nel 2019 di Surprize, la mostra/premio ideata dalla Fondazione Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Urbino.
Spazio Bianco, nuovo hub della Fondazione Pescheria dedicato alla ricerca fotografica, è particolarmente adatto a presentare questa nuova produzione di dipinti, che si ispirano a fotografie trovate casualmente dall’artista navigando sul web. La fotografia che diventa fonte iconografica per la pittura è una pratica che ha caratterizzato il modus operandi di molti artisti fin dalla sua nascita, basti ricordare le sperimentazioni pionieristiche di Marcel Duchamp, Giacomo Balla fino a Gerhard Richter. Tale vocazione è l’elemento chiave di queste opere di Silvia Capuzzo: l’artista sfuma le immagini fotografiche e le visioni pittoriche in una grisaglia (come suggerisce il titolo della mostra) che attesta le feconde relazioni che le due discipline hanno intessuto incessantemente.
Il percorso espositivo si dipana attraverso una serie di dipinti di piccole dimensioni, realizzati nel 2020, in cui le immagini sono il risultato della manipolazione di materiale fotografico preesistente. Nel tentativo di esplicitare il loro percorso di costruzione, l’artista mescola alla pittura elementi organici come farine, amidi e spezie che reagiscono sulla tela come un gel fotografico, impressionando, una sopra l’altra, emanazioni luminose di storie diverse che si concentrano su due tropi: cacciatori di uccelli e panoramiche degli utenti di Google Maps catturate in vari paesi del mondo.
La mostra si completa con alcune opere di dimensioni più grandi che raccontano storie sospese in un equilibrio liquido, in cui l’atmosfera viene evocata e stratificata in messinscene “alla prima” dove i personaggi possono solo galleggiare e i gesti vengono troncati in moncherini.
«Le opere di Silvia Capuzzo riescono a superare in forza e in potenza la realtà da cui si generano, e da cui prendono distanza per guadagnare in intensità, dimostrando altresì come lo sguardo dell’artista tenda a dipingere quadri che non pretendono di essere un succedaneo della realtà ma una realtà essi stessi», come sottolinea Alberto Zanchetta nel testo introduttivo del catalogo che accompagna la mostra.
L ‘accesso è consentito solo tramite verifica di Green Pass.