Una mostra sul labirinto nel dedalo più grande del mondo
Per Umberto Eco il labirinto parla della condizione umana e cosmica, per gli antichi cretesi era la dimora del Minotauro, per i fedeli che li trovavano sui pavimenti delle chiese medievali rappresentava la strada tortuosa per raggiungere Dio. Al Labirinto della Masone di Fontanellato, il più grande del mondo, una mostra indaga l'idea di dedalo.
Una suggestione millenaria, ricca di significati simbolici, religiosi e filosofici e che ha conquistato anche intellettuali come Jorge Luis Borges e Franco Maria Ricci il quale, prima della scomparsa, avrebbe voluto costruire un labirinto di cristallo. Solo da qualche tempo l’audace idea si è concretizzata ed è diventata la protagonista di una mostra: un percorso di specchi su cui si incontrano le riflessioni di Umberto Eco, in un’atmosfera di generale disorientamento. Chi trova l’uscita, accede a un ambiente multimediale creato da NEO [Narrative Environments Operas], dove si snoda un accattivante racconto sullo sviluppo storico del labirinto. Tra le opere d’arte della terza sala spiccano invece il Ritratto di Bartolomeo Prati di Girolamo Mazzola Bedoli – alle spalle del nobile, ecco il soggetto della mostra – e il volume con le incisioni Carceri d’invenzione di Giovan Battista Piranesi: grazie ad altre stampe e volumi, molti in riproduzione, i visitatori sono condotti alla scoperta di quel dedalo contorto e misterioso dove ci si perde e ci si ritrova. Non mancano le interpretazioni contemporanee: sono di Giovanni Soccol le grandi tele della serie Labirinti, mentre l’autrice di altri minuscoli e dorati labirinti è Marisa Zattini.
‒ Marta Santacatterina
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