Poesia visiva. Una retrospettiva su Lamberto Pignotti nelle Marche
La poesia visiva non è fuori dal nostro tempo: fermenta nel Novecento ed è da lì che ci restituisce una lezione. Suggerendo a un pubblico abituato a nuove forme di comunicazione di massa una lettura ulteriore, che non si ferma agli Anni Settanta.
Lamberto Pignotti, il maestro del collage largo, “innesto totale tra parola, immagine e scrittura”, classe 1926, non mastica il web, non digerisce pixel, non vomita meme, ma è proprio lo scarto tra gli idiomi pop della sua epoca e quella attuale a rendere la fruizione non solo interessante, ma anche avvincente.
I quattro piani della torre eptagonale del Tomav sono inconfutabilmente pieni dello Zeitgeist degli Anni Settanta, quando la deflagrazione della comunicazione dei mass media dava nutrimento a quella poesia visiva di cui l’autore è stato padre fondatore nell’invenzione di tecniche, modi e movimenti (il Gruppo 70 e il Gruppo 63 portano la sua firma) e nella fertile produzione di giochi, calembour, ritagli, elaborazioni grafiche e semantiche, componimenti condotti con forbici, colla e pennarelli. La retrospettiva si lascia guardare con gli occhi della storia dell’arte, ma il filtro di uno sguardo disincantato dalla proliferazione delle immagini e della tecnologia di oggi ne rende il messaggio ancora necessario.
ASCESA NELLA POESIA VISIVA
Nel percorso ascensionale tipico dello spazio del Tomav, in cui ogni pianerottolo corrisponde a un segmento espositivo, si succedono esemplari di una produzione d’antan il cui il lessico, ora ironico, ora caustico, ora critico sulla società, chiede complicità a uno spettatore invitato a calarsi nelle dinamiche sociali e comunicative in seno alle quali si sviluppa questa forma di espressione lirica in bilico tra arte grafica e letteratura, ma anche lavori più recenti, come libri d’artista dell’inizio degli Anni Zero e il recente Verso libero e indipendente, un grande arazzo del 2017 già esposto al Centre Pompidou di Parigi e alla Fondazione Filiberto Menna di Roma, che riprende gli stilemi d’autore con un enunciato che è un chiaro tributo alla coerenza ma anche testimonianza dell’incessante volontà di ricerca dell’autore.
LE POESIE INCONSUETE DI LAMBERTO PIGNOTTI
Peculiari e dilettevoli sono i componimenti assemblati con i francobolli, riproduzioni piccolissime (“minuscografia”) a cui Pignotti ha associato statement mordaci, o quelli sulle pagine dei rotocalchi modificate e integrate a mano, prima che fosse concepibile l’idea di intervenire con Photoshop, o ancora quelli su supporti inconsueti, che trasformano le barrette di gomma americana in “chewing poems”, o le Ostie di poesia, sponda semantica al limite del concettuale.
PIGNOTTI E PINOCCHIO
Un’autentica occasione bibliografica è la sorpresa riservata all’ultimo piano, in cui per la prima volta viene esposto integralmente il ciclo Quadretti 1981: i venti lavori che compongono il progetto citano letteralmente frasi tratte da Le avventure di Pinocchio di Collodi, riportate su immagini di cronaca, con un forte effetto di détournement. Completa l’evento la pubblicazione del piccolo volume Lamberto Pignotti. Cronaca di tutti i fiori esclusi dal perimetro di un fiore del curatore Antonello Tolve per i tipi di Edizioni Kappabit, che, oltre ai testi critici, reca le riproduzioni dei quadretti e riporta il finora inedito Pinocchio Centenario, testo per spettacolo-dibattito composto da Pignotti per il teatro dei burattini.
– Valeria Carnevali
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