Venezia. Le Gallerie dell’Accademia inaugurano due nuove sale
“Le Gallerie che non ti aspetti”: è questo lo slogan scelto per lanciare l’apertura al pubblico, dopo il monumentale restauro, dei saloni Selva-Lazzari alle Gallerie dell'Accademia di Venezia, dedicati alla pittura veneta a cavallo fra Sei e Settecento.
63 opere, molte mai esposte prima, alcune appena restaurate e due nuove acquisizioni che vanno a completare il percorso espositivo al pianterreno. Una maxi operazione culturale resa possibile dalla collaborazione fra pubblico e privato. È quanto è successo alle Gallerie dell’Accademia di Venezia con l’inaugurazione di due nuove sale.
IL TURISMO A VENEZIA
Secondo quanto riportato dal presidente Roberto Cicutto, la Biennale di Architettura conta a oggi il 16,5% di ingressi in più rispetto all’edizione pre-Covid del 2018. I dati raccolti dall’Osservatorio Turistico Regionale del Veneto sul primo semestre del 2021 registrano una flessione nelle presenze in laguna rispetto al 2020.
A uno sguardo più attento ci si accorge tuttavia che a essere in calo sono i visitatori provenienti dall’Italia e dall’Europa, mentre sono in aumento quelli che arrivano dagli Stati Uniti e dai Paesi asiatici. Un dato interessante, se si pensa alle limitazioni negli spostamenti ancora in vigore e al fatto che, globalmente, la pandemia sembra tutt’altro che in recessione.
VENEZIA: RIAPRIRE PER RIPARTIRE
I numeri sembrano suggerire una generale seppur timida ripartenza per la Laguna, dopo i lunghi mesi di chiusura che hanno stremato l’economia di una città che ha fondato la propria fortuna sul turismo. Secondo il Governatore Zaia e l’Assessore al Turismo Venturini, Venezia starebbe vivendo una sorta di nuovo “rinascimento”, di cui l’ampliamento delle Gallerie dell’Accademia è un chiaro segnale.
Al di là della retorica, se di rinascita si vuole parlare, a Venezia questa non può essere disgiunta dalla valorizzazione e dalla tutela del suo straordinario patrimonio artistico e culturale. In questo senso, il fatto che la più importante collezione d’arte veneta al mondo possa disporre di due nuovi ambienti per colmare quella che era una lacuna nel percorso espositivo – ossia la produzione pittorica della scuola locale fra Sei e Settecento – è una notizia gradita a tutti, turisti e non. Non solo perché va a grande vantaggio dell’allestimento scientifico del museo, ma soprattutto perché rende nuovamente fruibili opere rimaste a lungo nei depositi, o per mancanza di spazio o perché talmente danneggiate da dover essere restaurate prima di venire esposte.
LE NUOVE SALE: QUALCHE NUMERO
L’operazione fa parte di un generale ripensamento e ampliamento del museo, che aveva già portato nel 2015 all’apertura delle prime cinque sale del piano terra, proseguito nel 2019 con l’inaugurazione dell’area dedicata al Rinascimento nell’ala palladiana. Come sottolinea il Direttore delle Gallerie, Giulio Manieri Elia, il restauro degli ambienti e delle opere ora esposte è stato reso possibile grazie alla straordinaria mole di professionisti e competenze messe in campo.
230 metri quadrati di superfici pittoriche restaurate, 330 metri lineari di cornici ripristinate o realizzate ex novo, 12 ditte di restauro coinvolte per un totale di almeno 31 restauratori altamente formati attivi nel progetto. Alla faccia di chi sostiene, per usare un altro po’ di retorica, che “con la cultura non si mangia”.
I SALONI SELVA-LAZZARI
Originariamente adibiti a deposito, in seguito utilizzati per le lezioni dell’Accademia di Belle Arti, i due monumentali saloni vanno a completare il percorso che dal Seicento all’Ottocento si snoda attraverso le 13 sale complessive del pianterreno. L’allestimento dei due nuovi ambienti è il tassello finale di un puzzle funzionale a far comprendere meglio l’evoluzione della scuola pittorica locale.
La sala 5 infatti è dedicata alla pittura seicentesca ecclesiastica di grande formato, per mano di artisti “foresti” giunti a Venezia. Opere come la Strage degli Innocenti del fiorentino Sebastiano Mazzoni o l’ovato di Padovanino Parabola delle Vergini sagge e delle Vergini stolte – il primo appena acquisito e l’altro appena restaurato – testimoniano le innovazioni introdotte da pittori stranieri in una tradizione artistica, quella veneziana, poco incline al cambiamento.
Le colossali pale di Pietro da Cortona, Daniele nella fossa dei Leoni, e Luca Giordano, Deposizione di Cristo dalla Croce, raccordano questa sala all’attigua poiché contribuiscono all’affermarsi in laguna di alcune tendenze stilistiche che si propagheranno per tutto il secolo successivo: il gusto barocco per la decorazione nel primo caso, l’uso di tonalità cupe e forti contrasti chiaroscurali tipici del tenebrismo nel secondo.
IL TIEPOLO CHE NON TI ASPETTI
Nella sala 6 la struttura a navate è utilizzata per raccogliere i dipinti in nuclei tematici. A sinistra troviamo la pittura di paesaggio di Ricci, Zais e Zuccarelli; al centro, in un ambiente raccolto, gli interni di Longhi e le scanzonate, forse un po’ provocatorie, scene di genere di Piazzetta e Giuseppe Angeli.
L’infilata destra è dedicata alla pittura storica: dall’appena restaurata Giuditta e Oloferne di una delle rarissime artiste donne del periodo, Giulia Lama, passando per quattro mitologie giovanili tiepolesche, si arriva al capolavoro del Castigo dei serpenti, dipinto da Tiepolo fra il 1732 e il 1734. La tela, che supera i 13 metri di lunghezza, è un susseguirsi di corpi umani e animali avvinghiati, di movimenti concitati, di tentativi inutili di scampare alla punizione divina. Il restauro appena concluso ha colmato le numerose lacune, restituendo al dipinto tutta la sua potenza espressiva.
LA COLLABORAZIONE FRA PUBBLICO E PRIVATO
L’intera operazione di restauro delle sale e delle opere è stata resa possibile grazie al supporto di enti e fondazioni private. Venetian Heritage, un’organizzazione non profit che dal 2015 collabora con le Gallerie, ha destinato oltre mezzo milione di euro al restauro delle sale Selva-Lazzari e delle opere di Tiepolo, Piazzetta e Giordano, a cui si somma il sostegno della Borsa Italia per il dipinto di Giulia Lama e il supporto di iGuzzini per la realizzazione della nuova illuminazione a LED dei due ambienti.
Questa capacità di attivare reti collaborative fra pubblico e privato dimostra “quanto siano cambiate le cose all’indomani della riforma dei musei del 2014, che li ha dotati di autonomia giuridica e amministrativa, e dell’introduzione dell’Art Bonus, uno dei migliori incentivi fiscali al mecenatismo in Europa”, sottolinea il Ministro della Cultura Franceschini. “All’inizio si pensava che collaborare con i privati nella gestione e nella valorizzazione del patrimonio artistico-culturale significasse dissacrarlo”, svenderlo a chi fosse in grado di trarne profitto, continua il Ministro. È necessario abbattere queste barriere ideologiche per tutelare un patrimonio che rimane di tutti solo nella misura in cui è gestito, conservato e maneggiato da professionisti. E la professionalità richiede risorse. “Con l’Art Bonus abbiamo raccolto in questi anni circa 500 milioni di donazioni”, conclude Franceschini, “ma non è ancora abbastanza. L’articolo 9 della Costituzione sancisce la tutela del patrimonio artistico come principio fondamentale della Repubblica. Ma è una cosa che spetta a tutti, non solo allo Stato”.
E se fosse il mecenatismo una delle chiavi per la ripartenza? Allora forse si potrebbe veramente parlare di un nuovo “rinascimento”. Questa volta senza retorica.
– Irene Bagnara
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