Non solo Madres Paralelas di Almodovar. Tutti i film di Venezia78 che parlano di donne
Quella in corso a Venezia è un’edizione della Mostra del Cinema che verrà ricordata per le pellicole di spessore che affrontano tematiche del mondo femminile. Ecco le nostre impressioni
Che la voce femminile sia la vera protagonista di questa edizione della Mostra del Cinema di Venezia appare evidente sin dal film di apertura, considerato da sempre un indicatore di toni e sguardi sulla realtà. La scelta di inaugurare Venezia78 con Madres Paralelas, la già acclamata pellicola di Pedro Almodovar, indica infatti forma e direzione di una rassegna sempre più aperta e inclusiva, curiosa e plurale. Sono tante le storie che vedono le donne come uniche protagoniste delle pellicole in concorso, con ruoli che riflettono la riconfigurazione di quelli sociali. Da personaggi gregari, spalle, persino elementi decorativi della pellicola, le donne, così come nella vita, si riappropriano ogni giorno di spazi, inquadrature, narrazioni. Femminile non è delicatezza, crinolina o buoni sentimenti, ma sensibilità e carattere. C’è ancora un grande divario se ancora si parla e si scrive di discriminazione di genere, le donne selezionate per questa edizione sono in percentuale ancora troppo poche (tra di esse Jane Campion e Maggie Gyllenhaal), ma il woman empowerment che possiamo osservare nel cinema, in quanto specchio della trasformazione sociale in corso, è evidente e inarrestabile. Così diventa ogni giorno più naturale che a calcare i red carpet siano brave registe e attrici di spessore, con ruoli complessi e sfidanti; sono professioniste in carriera, adolescenti ribelli, principesse stufe di favole posticce, donne imperfette e spesso in lotta con l’idea sacra della maternità le donne messe in scena a Venezia78. Una edizione che verrà ricordata, per diversi motivi, come uno spartiacque visivo tra un prima e un dopo e in cui la descrizione del mondo femminile occupa un ruolo di primo piano.
– Mariagrazia Pontorno
MADRES PARALELAS
Lo scambio di due neonate innesca una trama piena di colpi di scena, Pedro Almodovar propone una sorta di commedia dell’agnizione che lega per sempre i destini di due madri (Penelope Cruz e Milena Smit). Le vicende individuali sono però solo un pretesto per affrontare la ferita ancora aperta del franchismo, ancora così dolorosa che i personaggi sembrano risentirne a livello sotterraneo e inconscio. La carne degli avi rivendica giustizia dai meandri della terra, in una simultaneità che congiunge passato e presente. La vera madre, di fatto, è la Storia.
CENZORKA (107 MOTHERS)
L’affezione e l’amore materno si scontrano con sentimenti di odio e pulsioni criminali in questa pellicola così realistica da sembrare un documentario, la cui preparazione è frutto di anni di ricerca del regista (Peter Kerekes) presso un istituto femminile di correzione di Odessa. Qui le detenute hanno commesso delitti sanguinosi, spesso nei confronti del compagno o marito, alcune mentre erano in attesa di un figlio, nato per questo già orfano. La protagonista, Lesya, è impersonata da una attrice, ma doveva nell’idea iniziale essere la detenuta, della quale è stato filmato il vero parto, momento toccante e fortissimo, inno a una nuova vita che però inizia in carcere, nella totale innocenza dell’infanzia.
THE LOST DAUGHTER
Tratto dall’omonimo romanzo di Elena Ferrante (La figlia oscura), protagonista assoluto è il rapporto madre figlia, irrisolto e puntellato di rimpianti e rimorsi. La bravissima Olivia Colman è Leda, solitaria docente universitaria di mezza età. Una vacanza in Grecia, a contatto con le origini del suo nome, risveglia in lei ricordi antichi e conflitti mai sopiti tra carriera e maternità. Le scelte anticonformiste fatte in giovane età tormentano Leda, portandola ad affrontare i fantasmi di un passato che nella sua percezione è fatto di rinunce più che di conquiste.
A PLEIN TEMPS
Lo stesso dilemma, il compromesso continuo tra lavoro e attenzione per i figli, è affrontato in A Plein Temps, di Eric Gravel. La protagonista, governante in un hotel di lusso di Parigi, corre forsennata dal centro città alla casa di campagna in cui vive con due figli. Il blocco dei trasporti trasforma la sua routine in una corsa al cardiopalma, estenuante pure per lo spettatore. Le atmosfere e il ritmo sono da thriller, la vita domestica è un continuo compromesso con quella lavorativa, ed entrambe le sfere ne escono deboli e depauperate di tempi e vissuti umani.
CALIFORNIE
Nel loro terzo documentario Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman (The things we keep, Butterlfy) seguono Jamila, una bimba di origine marocchina, nel passaggio cruciale all’adolescenza, trascorsa alla periferia di Napoli. Il sogno infantile di tornare in Marocco si trasforma in un radicamento rassegnato nel microcosmo di emarginazione in cui è cresciuta: Californie, il titolo, proviene dall’insegna di parrucchiera in cui Jamila lavora, scritta con un errore ortografico. La presenza della camera è talmente invisibile che a livello narrativo il film sembra scritto dagli autori piuttosto che dal fluire della vita della giovane protagonista.
LAND OF DREAMS
Shirin Neshat osa l’incursione nel genere di fantascienza, con un’attenzione privilegiata alle atmosfere e alla costruzione dell’immagine. L’idea di fondo, registrare e successivamente visualizzare i sogni degli altri, con travestimenti che omaggiano Cindy Sherman, è molto interessante. Tali sogni, nel racconto, diventano strumenti di controllo sull’individuo, mentre sullo sfondo si consuma l’eterna lotta tra Occidente e Oriente, portatori entrambi di derive totalitarie. Purtroppo i ritmi e la regia risentono di una staticità che sfocia nel naive, nonostante immagini molto potenti e l’occhio presente dell’artista.
COMPETENCIA OFICIAL
La vera novità nella narrazione della donna è che il ruolo femminile e persino una certa attitudine allo stare al mondo, iniziano, pure nel cinema, a distaccarsi dall’appartenenza di genere. Vale per le luci ma anche per le ombre, si intende. Penelope Cruz è Lola, una regista di fama che deve dirigere una coppia di attori (Antonio Banderas e Oscar Martinez) in perenne rivalità. Lola è forte, narcisista, infantile, promiscua. I suoi attori sono fragili e manipolabili. Solo pochi anni fa questa storia sarebbe stata raccontata ribaltando i ruoli, oggi è perfettamente credibile. Il cast è straordinario, la Cruz, se il film fosse in concorso, meriterebbe la coppa Volpi per questa interpretazione piena di ironia, mistero e leggerezza, cosa di cui si sentiva il bisogno.
LES PROMESSES
Il discorso dei ribaltamenti dei ruoli si ripete per Les Promesses di Thomas Kruithof, tra i primi film del primo giorno, con protagonista una sempre superba Isabelle Huppert nel ruolo della sindaca impegnata di un arrondissement di Parigi. Sedotta da una probabile carica ministeriale, Clémence volta le spalle alla purezza di intenti e alle lotte che sino a quel momento avevano distinto la sua condotta, rompendo un altro Cliché, quello della donna di potere integra e onesta solo per il fatto di essere, appunto, donna.
SPENCER
Così come già fatto in Jackie (2016), Pablo Larrain offre un ritratto ovattato e isolato di una delle icone femminili del XX secolo, in una dimensione astratta e poetica esaltata dalla bella interpretazione di Kristen Stewart. Una pellicola sull’indipendenza di Diana, sulla principessa triste e ribelle, si è scritto e detto. In realtà Spencer (cognome da nubile di Lady Diana) più che un film su coraggio di ribellarsi al rigore dell’istituzione monarchica appare la cattura impressionistica e visionaria della follia principesca di Diana, fatta di frasi eleganti e di movenze raffinate. Conseguenza più del contesto irreale in cui l’aristocrazia si muove -schiere di valletti, cuochi, maggiordomi, palazzi e tenute a perdita d’occhio- che non del tradimento del marito Carlo. L’infelicità e l’incomunicabilità paiono infatti provenire dall’eccesso di ricchezza e potere, prima e principale fonte di distacco e isolamento dal mondo, e non solo dalle difficoltà coniugali.
AMIRA
Dalla sezione Orizzonti arriva l’incredibile e drammatica storia di Amira, figlia – esperienza comune ad altre centinaia di ragazzini- di un combattente per la libertà della Palestina, da decenni in carcere e per questo divenuto genitore tramite inseminazione in vitro. Una situazione che ha dell’incredibile e tuttavia vissuta come normale in un territorio martoriato dal sangue e in perenne emergenza.
L’EVENEMENT
Dopo il vero parto di Cenzorka (107 Mothers), un altro momento delicato e doloroso seppure in senso contrario, l’aborto, è descritto in maniera crudissima e con dovizia di particolari in L’Evenement, pellicola francese ambientata negli anni ‘60. Anne è una studentessa brillante e promettente al primo anno di Università, la sua vita viene travolta da una gravidanza indesiderata che la porterà ad abortire clandestinamente. La regia è di Audrey Diwan, e il film è un adattamento dall’omonimo testo di Annie Ernaux, due donne e autrici capaci di comunicare tutto il dolore e la solitudine di fronte a una scelta, in ogni caso, traumatica e di rinuncia.
LA SCUOLA CATTOLICA
Il film fuori concorso di Stefano Mordini ha scosso a tal punto il pubblico in sala da provocare reazioni di pianto e malesseri. La storia è quella cruda del delitto del Circeo, ripercorsa osservando il tessuto sociale perbenista e alto borghese della scuola cattolica privata tra i cui studenti il crimine è maturato. Un cast eccellente di giovani attrici e attori restituisce il clima di quei giorni e soprattutto l’insensata e gratuita violenza subita da due giovani e indifese ragazze. Dopo quei fatti la legge sullo stupro, fino ad allora considerato un crimine verso il buon costume e non verso la donna, è stata modificata. Un altro tassello dunque alla macro narrazione dedicata alla donna che La Mostra del Cinema ha offerto, volutamente, in questa edizione.
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