Venezia78. Qui rido io. Mario Martone racconta luci e ombre del mitologico Eduardo Scarpetta
Mario Martone è alla Mostra del Cinema di Venezia 78 con un film su Eduardo Scarpetta. Un film che racconta la sfera privata e pubblica dell’artista senza nasconderne le ombre più ingombranti. La famiglia teatrale di Scarpetta arriva in contemporanea al cinema mentre al festival conquista la maggior parte della stampa. Qui il racconto del film e il videoclip in esclusiva per Artribune
Cinico, amorale, di grande vitalità e talento. Siamo all’inizio del ‘900: in Italia i teatri e il cinema sono tra le forme d’arte di maggiore successo e a Napoli il re del botteghino – in particolare con Miseria e nobiltà – è l’attore comico Eduardo Scarpetta. Un uomo con alle spalle una storia come tante. Di umili origini ma divenuto celebre grazie alle sue commedie, in particolare, alla maschera di Felice Sciosciammocca. Eduardo Scarpetta vive per il teatro e ha attorno a se una grande famiglia composta da moglie, compagne, amanti, figli legittimi e illegittimi, tra cui Titina, Eduardo e Peppino De Filippo. Mario Martone con Qui rido io porta sul grande schermo la storia di una mito della nostra cultura popolare. Il film presentato in Concorso alla 78esima Mostra del Cinema di Venezia arriva nelle sale cinematografiche dal 9 settembre con 01Distribution.
QUI RIDO IO: QUANDO SCARPETTA SFIDÒ D’ANNUNZIO
Nel 1904, per essere precisi, Eduardo Scarpetta è al culmine della sua carriera. Basta il suo ingresso sul palcoscenico per provocare e scaturire un’ovazione incontenibile da parte della platea. Questo momento della sua vita, però, coincide anche con un azzardo artistico. Scarpetta realizza la parodia della tragedia La figlia di Iorio di Gabriele D’Annunzio. La sera del suo debutto in teatro si scatena un putiferio e la rappresentazione della commedia viene interrotta tra urla e fischi. Scarpetta finisce con l’essere denunciato per plagio dallo stesso D’Annunzio che a voce gli aveva in precedenza concesso questo particolare adattamento. Ha inizio così la prima storica causa sul diritto d’autore in Italia e seguono per Scarpetta e la sua famiglia anni logoranti. Tutto lo splendore e la lode di cui hanno vissuto si oscura in attesa di un giudizio. Se la famiglia teatrale di Scarpetta e il suo “problemino” con D’Annunzio costituiscono la trama di Qui rido io, il cuore del film è molto più profondo. Riguarda la storia di un uomo e di un artista attraverso le sue luci e le sue ombre, le sue contrazioni e i suoi punti di forza, ma anche un interessante punto sullo stato dell’arte, sulla sua libertà di essere e di manifestarsi. “Per creare un successo ci vuole tutto il pubblico, per creare un insuccesso bastano dieci persone”, è detto in uno dei momenti chiave del film. Una frase che accende una riflessione sull’abuso del giudizio di alcuni, giornalisti o spettatori, che senza conoscere tutta un’opera l’additano con e per poco. “Scrivere una brutta commedia non è un reato per cui si viene condannati in teatro”.
QUI RIDO IO: DI PADRE IN FIGLI
La regia di Mario Martone e l’intera struttura del film hanno una dimensione classica, anche un po’ televisiva. Si tratta di un racconto molto didascalico che pian piano cresce passando dal dietro le quinte degli spettacoli al palcoscenico stesso, dalla casa privata di Scarpetta all’aula del tribunale. È tutto un grande spettacolo fatto di passione e anche ossessione per un lavoro, quello dell’attore. Viene mostrato un uomo pronto a tutto per il suo teatro, anche a schiacciare i propri figli. “A me gli artisti che si divertono fuori dal palcoscenico non mi sono mai piaciuti”, dice Eduardo Scarpetta al figlio grande che qualche ambizione in più e diversa la dimostra. I figli di Eduardo Scarpetta hanno un destino segnato, quello di salire sul palco accanto al resto della famiglia e del padre, così ingombrante. Scarpetta è in mezzo a loro un vero re che tanto fa, tanto concede ma tanto toglie. Un uomo che non sa stare lontano dal centro della scena e che non si fa alcun problema a spostare le persone che tengono a lui. Qui rido io si apre con Eduardo che si prepara ad entrare in scena, a raggiungere gli altri nello spettacolo e intanto gusta una pizza. Una volta in scena è il momento di un’abbuffata fantasmagorica di Sciosciammocca, una di quelle che restituiscono tutta la veracità e comicità napoletana. Una di quelle scene che no si possono dimenticare!
QUI RIDO IO: MA LA RISATA È ARTE?
“Oggi un film sulla parodia e su Scarpetta che in questo modo amorale e selvaggio si lascia andare a tutto ciò che pensa e che gli passa per la testa dà le vertigini”, racconta a Artribune Mario Martone, che con questo film riflette su cosa è o non è arte. Lo scontro tra D’Annunzio e Scarpetta ha qualcosa di emblematico e nel cinema di oggi si traduce con la domanda: quale è da considerarsi vero cinema, quello d’autore o quello mainstream? C’è una reale differenza? Il dramma è arte o è più arte di un testo, un’opera, un film che suscitano e provocano una grande risata? Qui rido io, come suggerito dal titolo, riflette molto sulla risata, sulla comicità, sull’arte come intrattenimento che ugualmente è e può essere arte. “Condannando me condannate un’intera forma d’arte”, fanno dire Ippolita Di Majo e Mario Martone a Toni Servillo che veste i panni di Scarpetta. E il personaggio aggiunge, “in Italia non si può deridere chi è vicino ai potenti, la libertà è in pericolo”. Risata, libertà, diritto d’autore, talento. Famiglia, amicizia, tradimento. Qui rido io ha una fluidità di argomenti da essere così classico e così bello. Un film da minuti e minuti di applausi in sala, tutti più che meritati e non di circostanza.
-Margherita Bordino
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