Cosa succede in una residenza d’artista? L’esempio virtuoso di “al BAR co”
Ci siamo intrufolati nella residenza d’artista che si svolge all’interno del Barco Ducale, cenacolo delle arti rinascimentale a Urbania, nelle Marche. Ecco i risultati di questa esperienza.
Edizione numero due per il progetto al BAR co., la residenza artistica presso il Barco Ducale di Urbania (Pesaro Urbino). Stavolta a essere coinvolti sono stati dieci giovani disegnatori che in anni differenti si sono formati alla Scuola del Libro di Urbino, selezionati poiché ricchi di potenziale artistico e per sostenere il perfezionamento di ragazze e ragazzi delle zone limitrofe, che a causa delle limitazioni imposte dal Covid non hanno potuto viaggiare e partecipare a molte mostre contemporanee. D’altronde, i temi di quest’anno sono stati proprio il viaggio e il dialogo in tutte le loro sfaccettature, e per l’occasione è stato coinvolto l’attore, regista e scrittore Ascanio Celestini. Il drammaturgo romano ha fornito agli artisti in residenza dei testi: l’obiettivo è stato illustrare questi ultimi per comporre un libro d’artista, con immagini e parole in perfetta sinergia.
Ma cosa accade esattamente in una residenza d’artista? O meglio: cosa è avvenuto durante i giorni trascorsi al Barco Ducale? Abbiamo passato un po’ di tempo nella meravigliosa Urbania – in compagnia degli artisti e delle anime del progetto, Elisa Mossa, Magda Guidi e Lorenzo Kamerlengo – per documentare le attività di al BAR co. Il risultato è stato sorprendente.
L’ARRIVO A URBANIA
Appena arrivata in stazione a Fano, Elisa Mossa e Lorenzo Kamerlengo sono venuti a prendermi. Elisa è parte dell’Assessorato alla cultura di Urbania, custode dei Musei Civici di Palazzo Ducale (all’interno del quale ha un appartamento personale!) e artista visiva. Anche Lorenzo è un artista e fa parte di Senzabagno, uno spazio dedicato all’arte contemporanea nato a Pescara con l’intento di avviare e sostenere progetti e mostre sul territorio. Dopo due soli minuti di macchina, Elisa ha domandato: “Che cos’è per voi l’arte? E chi è l’artista?”. Ne è seguita una discussione sulla consapevolezza del gesto nella materia e del ruolo sociale dell’artista: si citavano le avanguardie, Vasari, Barthes e Bergson; artisti del passato come Giotto, Michelangelo e Cosmè Tura erano chiamati in causa per “dialogare” con i capisaldi contemporanei, da Fabre a Hirst. La passione e l’eloquenza con cui conversavamo mi ha immediatamente colpita – eppure il comunicato della residenza mi aveva avvisata: “grande scambio umano e artistico”. Giunti al Barco, ovvero al luogo dove gli artisti risiedevano, Elisa e Lorenzo mi hanno introdotta all’interno dell’incantevole palazzo, raccontandomi la sua storia:
“L’ampio territorio del Barco, a un chilometro dal centro storico di Urbania, è collegato al Palazzo Ducale dal fiume Metauro; in passato, grazie a un complesso sistema di chiuse, il duca poteva raggiungerlo dal Palazzo Ducale in barca. L’attuale complesso architettonico è stato progettato nel Settecento per ospitare un convento in stile vanvitelliano. L’edificio, oltre a essere stato restaurato per ospitare convegni e residenze artistiche, è oggi sede di laboratori di artigianato artistico. Il Barco Ducale fu fondato nel 1465 per volere di Federico da Montefeltro, che ne affidò la progettazione al grande architetto Francesco di Giorgio Martini e coinvolse Girolamo Genga per ulteriori lavori di ampliamento. Fu nuovamente ampliato per volere dell’ultimo duca, Francesco Maria II Della Rovere: mentre il Palazzo Ducale era la sua dimora, il Barco fungeva sia da parco di caccia sia da luogo di ristoro spirituale e intellettuale (come dimostrava la presenza di una considerevole biblioteca); insomma, per la vicinanza con la natura e per la sua struttura era un luogo di meditazione in cui potersi rifugiare e allontanarsi dagli impegni della corte”.
IL BARCO IERI E OGGI
Il Barco è un luogo che, grazie alle iniziative che lo animano, riflette ancora il suo antico ruolo di “residenza estiva culturale e di ritiro spirituale per i massimi esponenti del Rinascimento”. Al suo interno, gli artisti della residenza erano accolti sia negli appartamenti personali sia negli spazi condivisi; una grande sala affrescata al piano terra era adibita a open space, con postazioni distanziate e fornite del materiale per il disegno; al primo piano, oltre alle camere e alle finestre che si affacciano su un paesaggio mozzafiato, una sala da pranzo ci ospitava durante i pasti e nei momenti di pausa e di convivialità. Ed è la convivialità ad aver ispirato il nome della residenza: il “Bar” è il “luogo ricreativo in cui ogni individuo può socializzare senza schemi sociali, defaticarsi e rigenerarsi in modo conviviale e informale”.
LA RESIDENZA E GLI ARTISTI
Poiché le finalità della residenza erano “creare una situazione di coesione e coesistenza tra artisti ospitati e territorio ospitante” e “riflettere sul dialogo collettivo e individuale, sulla potenzialità di lavorare in gruppo e scambiarsi idee, sul concetto di identità”, ho deciso di girare per le scrivanie degli artisti e porre loro qualche domanda. Erano purtroppo già tornati a casa Carola Rossi, Omar Cheikh, Samuele Canestrari, Giulia Marcolini e Ahmed Ben Nessib, ospiti durante i primi tre giorni (23, 24, 25 agosto); ho potuto osservare invece gli artisti della seconda tornata (27, 28, 29 agosto), ovvero Eugenio Carlini, Anthony Valenti, Viola Bartoli, Alessandra Romagnoli e Giuseppe Scala. Ogni artista, oltre a disegnare in loco le nuove illustrazioni per i testi di Celestini, aveva portato con sé delle opere, cui si aggiungevano quelle disponibili nel portfolio online: alcuni erano particolarmente acerbi o quantomeno confusi sul loro futuro di artista – o sulla fatidica scelta: illustratore, designer o artista? –, altri mostravano una cosciente fermezza nel voler proseguire seguendo la propria vocazione. Due su tutti spiccavano: Eugenio Carlini e Alessandra Romagnoli; il primo si concentra sulla paziente ripetizione del tratto, considerando la materia della grafite e le sue alterazioni fisiche (più o meno polverizzata, calcata, granulosa, diluita) il vero soggetto del disegno; la seconda immagina scenari metafisici riproducendo lo spazio dell’attesa, sospesa tra disegno e intervento pittorico. Tutti gli artisti erano invitati a osservare e giudicare la ricerca altrui in una sorta di breve studio visit, confrontandosi criticamente per sciogliere dubbi o per consigliare punti di vista differenti.
I RISULTATI DELLA RESIDENZA
Il lavoro svolto dagli organizzatori di al Bar.co è un tassello fondamentale per acquisire consapevolezza – parola chiave nelle conversazioni di quei giorni – e crescere, sia lavorativamente che intellettualmente, soprattutto se gli artisti vivono in un contesto ricco di storia ma sottovalutato dal sistema dell’arte contemporanea e se non hanno motivo od occasione per stabilirsi nei grandi centri come Torino, Milano o Roma. In attesa della prossima edizione e delle sorprese che ci riserverà – non si possono fare spoiler, ma promette parecchio bene il tema del prossimo anno –, è importante sostenere e testimoniare questo esempio virtuoso di residenza d’artista e di modalità ideale di svolgimento.
‒ Federica Maria Giallombardo
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