La fantascienza adulta di Villeneuve nel film Dune. Da Venezia 78 alle sale italiane
La faida tra Atreides e Harkonnen, eterna nel romanzo di Frank Herbert, va al cinema con Dune. Ecco com’è il film di Villeneuve
Grande attesa a Venezia 78, dove è stato presentato fuori concorso, e anche in sala, per l’uscita di Dune, la grande prova di Denis Villeneuve, chiamato a confrontarsi col romanzo fantascientifico di Frank Herbert, dopo i tentativi parzialmente o completamente “falliti” di David Lynch e Alejandro Jodorowsky. La difficoltà riguarda principalmente l’adattamento, la complessità dell’opera non solo dal punto di vista della storia ma di quel costrutto di filosofie e saperi che l’hanno resa unica e avanguardista, con le sue riflessioni sull’ecologia. Il regista canadese mette subito le cose in chiaro, suddividendo il film in due capitoli, dando spazio nel primo a un lungo e affascinante prologo, molto fedele al romanzo.
LA STORIA DI DUNE
Viene così riproposta la faida tra le nobili Casate galattiche degli Atreides e degli Harkonnen per il controllo di Arrakis, pianeta inospitale ma importante perché nel suo territorio si trova “la spezia”, una droga che ha diverse proprietà: ampliare le facoltà della mente umana e consentire i viaggi stellari, fondamentali per i traffici commerciali e quindi per tutta l’economia dell’Impero. In un cast che non risparmia grandi nomi, spicca il volto di Timothée Chalamet, nei panni di Paul Atreides, figura cristologica e shakespeariana, che incarna l’eletto, l’“esito positivo” di un lungo programma genetico avviato dalla sorellanza esoterica Bene Gesserit, e colui che è chiamato a salvare la propria casata, grazie al sodalizio con i Fremen, popolazione che abita il deserto di Arrakis.
FANTASCIENZA ADULTA E IL FUTURO DEI BLOCKBUSTER
Senza dubbio Denis Villeneuve è un regista che ha ripensato il genere blockbuster in un’ottica più “art house”, distaccandosi dalle produzioni eccessivamente commerciali che dominano il mercato dell’intrattenimento e abbracciando una fantascienza adulta e complessa. Va detto, però, che il suo film più compiuto rimane Arrival, perché Blade Runner 2049 è un’anticipazione delle problematiche che ritroviamo in Dune, ovvero la spaccatura tra lo sforzo visivo e il dispiegamento del meglio della spettacolarità immaginifica e la debolezza dello storytelling. Dune non solo ha una prima parte molto dettagliata, rispetto a una seconda troppo aperta e risolta più velocemente, ma non è in grado di imprimersi nella memoria.
UN RAZIONALISTA CHE ADATTA UN’OPERA PSICHEDELICA
Nonostante ciò è un film che lascia il segno e apre degli scenari, anche una rivoluzione degli equilibri nel genere fantascientifico, che in passato ha avuto un imprinting molto maschile, ma che soprattutto riporta alla mente la migliore speculazione immaginifica in ambito architettonico. Un tradimento nei confronti del romanzo, forse importante da sottolineare, è non aver saputo esprimere le derive psichedeliche, allucinogene, che rappresentano l’aspetto più visionario dell’opera, ma che oggi sono fuori moda, in un’epoca in cui la tecnologia ha sterilizzato le sensibilità e le potenzialità altre della mente. Villeneuve è il regista giusto per raccontare anche questa trasformazione, ossia come il mondo si stia ripensando esclusivamente in un’ottica razionale, dove anche l’emozione diventa una ricetta, privata sia dell’inconscio che della follia.
-Carlotta Petracci
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