Raccontare il Mediterraneo. Il progetto di Gea Casolaro a Ravenna

Il Museo Nazionale di Ravenna ospita il lavoro di Gea Casolaro dedicato al Mar Mediterraneo. Un progetto in fieri, che si basa sul contributo degli utenti per descrivere le numerose identità del Mar Mediterraneo e dare vita a un archivio in progress.

Migrazione, identità, cambiamento. Sono solo alcuni spunti che emergono dal progetto di Gea Casolaro ispirato al Mar Mediterraneo. Per capire di cosa si tratta, vi proponiamo un estratto della conversazione tra Emanuela Fiori, direttrice del Museo Nazionale di Ravenna, Gea Casolaro (Roma, 1965), autrice di Mare Magnum Nostrum, e Leonardo Regano, curatore del progetto, contenuta nel catalogo che accompagna la mostra presso il museo ravennate.

L’INTERVISTA

Leonardo Regano: Il progetto Mare Magnum Nostrum si configura come una grande installazione ambientale che si inserisce nel percorso espositivo del Museo Nazionale di Ravenna e per certi versi ne muta la percezione, accompagnando il visitatore verso prospettive di fruizione nuove e inaspettate. In questa occasione, torniamo a dimostrare come un intervento contemporaneo possa essere in grado di dialogare con l’antico facendosi promotore e veicolo di una nuova attenzione nei suoi confronti. Come direttrice del museo quali nuove possibilità di lettura delle sue collezioni sono state offerte dal lavoro di Gea Casolaro?
Emanuela Fiori: Dirigere un museo di arte antica – una realtà il più delle volte complessa, con collezioni eterogenee e suddivise in sezioni anche non in consonanza tra loro – è un’impresa che spinge a prendere in considerazione le possibilità di intreccio, a riflettere sui dialoghi sottesi e nascosti tra le opere esposte. Spesso sono le opere stesse a suggerire nuove visioni all’interno del percorso espositivo e per il racconto museale. In un museo d’arte antica a volte la mancanza di un filo narrativo univoco può essere un ostacolo ma anche un vantaggio.
L’intervento di Gea Casolaro è un catalizzatore capace di aggiungere valore agli altri inserimenti di contemporaneo presenti nel Museo. A mio parere queste testimonianze del presente sono validi strumenti per aiutare a comprende anche le parti più complesse dell’arte antica, rendendole fruibili anche a diverse tipologie di pubblici. Il percorso costruito in questi anni al Museo nazionale è stato improntato a un continuo confronto tra il presente e il passato. Poi il mare Mediterraneo – Mare Magnum – è un elemento fondamentale nella storia di Ravenna: come potevo quindi non appassionarmi a questo progetto?

Gea Casolaro. Photo Mulugeta Gebrekidan

Gea Casolaro. Photo Mulugeta Gebrekidan

Leonardo Regano: Mi rivolgo a te Gea, riproponendo la stessa domanda, in chiave leggermente diversa. Le tue opere sono presenti nelle più importanti collezioni d’arte contemporanea in Italia ‒ e non solo ‒ e, tra queste, qui non possiamo non citare il MAXXI e la Collezione Farnesina. Mi chiedo, allora, cosa può significare per te, oggi, confrontarti con un museo così diverso ed esservi presente, tra l’altro, con un intervento così incisivo nel suo percorso espositivo.
Gea Casolaro: Emanuela diceva che il museo non segue un unico filo conduttore, ma diverse linee che si intersecano: questo è veramente ideale rispetto al concetto alla base di Mare Magnum Nostrum, che si compone di storie di vita e di differenti punti di vista che si intrecciano in un continuo incontro e dialogo tra diversità. Penso sia il principio alla base della vita. E penso che sia esattamente quanto ha da sempre rappresentato il Mediterraneo. Quindi essere nel Museo Nazionale di Ravenna, che mostra proprio la storia degli incontri tra oriente e occidente, tra storie e culture diverse, tra gli scambi commerciali che sono stati al tempo stesso culturali, è molto significativo. Credo che non ci sarebbe un museo più perfetto, in un certo senso, anche per questa idea di poter incontrare un pubblico vario e non solo quello appassionato di arte contemporanea. E spero succederà anche che persone venute appositamente per vedere questa installazione d’arte contemporanea scopriranno con piacere il resto del museo. L’arte è per sua essenza strumento di fluidità mentale, quindi apprezzo molto l’idea di non fossilizzarci in determinati circuiti, ma al contrario creare relazioni visibili tra storico e contemporaneo. Quando proponi un’opera d’arte, inviti il pubblico ad aprire la mente, ovvero a essere disponibile a uno scambio, ad aggiungere un nuovo punto di vista alla propria visione delle cose, per scoprire nuove prospettive. L’installazione di Mare Magnum Nostrum è il contenitore di un archivio fotografico collettivo che, in un certo senso, è un mosaico di storie diverse che compongono la storia del Mediterraneo dagli inizi del ‘900 ad oggi. Il fatto che si trovi nel Museo Nazionale Ravenna dedicato a importanti mosaici legati alla storia del Mediterraneo, penso che funzioni benissimo, perché, in un certo senso, è un modo contemporaneo di rileggere l’idea di scambio culturale legato alla tradizione di questa città.
Emanuela Fiori: Condivido il punto di vista di Gea: l’installazione di Mare Magnum Nostrum è un vero mosaico e qui troviamo un altro punto importante a sostegno della sua presenza nel Museo Nazionale. A Ravenna si discute molto su cosa sia il mosaico contemporaneo, ovvero se sia una forma di lavoro artigianale o una forma d’arte. L’aspetto artigianale del mosaico contemporaneo è qualcosa che spinge a pensare alle creazioni a mosaico come oggetti “cheap”; ma analizzata questa tecnica con attenzione, se si mette in valore l’uso sperimentale dei materiali e dei processi assemblativi, allora si può tornare a parlare di una forma d’arte vera e propria. Gea crea un mosaico concettuale accostando fotografie e ottiene contesti sempre diversi, così come avviene nella pratica musiva utilizzando materiali nuovi e differenti, dalle conchiglie alle paste vitree.

Gea Casolaro. Mare Magnum Nostrum. Installation view at Museo Nazionale, Ravenna 2021. Photo Francesco Rucci

Gea Casolaro. Mare Magnum Nostrum. Installation view at Museo Nazionale, Ravenna 2021. Photo Francesco Rucci

RAVENNA E IL MARE

Leonardo Regano: Nella tua ricerca resta sempre molto evidente la componente relazionale e partecipata. In questa occasione abbiamo insieme sperimentato un approccio processuale simile ma differente, in cui il rapporto con l’altro si è reso anonimo, basato sul caricamento delle immagini su una piattaforma online appositamente creata o sull’interazione tramite i social network. Hai modificato la “relazione” fino quasi ad annientarla per alcuni aspetti e, per altri, spingendola verso nuove forme di confronto con l’altro a cui sei ricorsa qui per la prima volta. Sappiamo che hai iniziato a ideare Mare Magnum Nostrum alcuni anni fa, ancora in tempi non sospetti in cui lo scambio “virtuale” non era poi così diffuso come lo è oggi.
Gea Casolaro: La prima stesura del progetto risale addirittura al 2013, dopo il grande naufragio del 3 ottobre al largo di Lampedusa. Ovviamente il passare degli anni mi ha permesso di mettere a fuoco alcuni aspetti pratici, e certamente il sostegno del progetto da parte dell’Italian Council ha permesso la realizzazione del lavoro nei suoi aspetti più complessi, come il sito internet che raccoglie le foto di tutte le persone che decidono di partecipare. Per tornare alla tua domanda sul mio lavoro in relazione allo sguardo altrui, penso che anche Mare Magnum Nostrum rientri perfettamente nel concetto, perché in questo lavoro lo sguardo singolare non conta, se non accanto a quello della pluralità. Si usa dire: “Ci si salva tutti insieme”. Al giorno d’oggi dovremmo aver imparato che un concetto antico come mors tua vita mea non può più esistere, come sappiamo bene quando parliamo di ambiente, che è il caso più eclatante di tutti, ma non è l’unico esempio. L’allarme ecologico e l’impegno per combattere i disastri ambientali sono rappresentati in Mare Magnum Nostrum grazie al contributo fotografico del progetto COMMON (COastal Management and MOnitoring Network for tackling marine litter in Mediterranean sea) che racconta dell’importante lavoro di collaborazione internazionale, coordinato da Legambiente, che diverse istituzioni internazionali stanno portando avanti sul Mediterraneo congiuntamente con l’aiuto dei volontari. Nei media, invece, si fa ancora fatica ad affrontare il tema dell’immigrazione, che è una questione ugualmente urgente, senza stigmatizzazioni politiche, tanto più ora che il problema della riduzione demografica in Italia è sotto i riflettori. L’ idea dell’archivio collettivo vuole parlare di quanto siamo parte di un grande mare magnum esistenziale, la cui varietà ci arricchisce e ci plasma. Il mare è l’elemento di fluidità per eccellenza, da cui tutte le specie sono nate, e il suo costante andirivieni di onde rende vive le acque, evitando che diventino stagnanti. Ecco, secondo me il flusso delle persone che si spostano è come le onde che impediscono all’acqua, ovvero alle società, di ristagnare; moltissimi italiani, ancor oggi, cambiano nazione per andare a vivere in altri Paesi europei o extra-continentali. Quindi, così come c’è una diaspora italiana verso l’estero, ci deve essere una diaspora dall’estero verso l’Italia, altrimenti siamo un Paese stagnante: l’economia ristagna e le menti ugualmente.

Gea Casolaro, Mare Magnum Nostrum, 2020-2021. Realizzato grazie al sostegno di Italian Council (2020). Immagine © Famiglia De Marco, Papà a 5 anni, Ostia Lido, Roma, luglio 1940

Gea Casolaro, Mare Magnum Nostrum, 2020-2021. Realizzato grazie al sostegno di Italian Council (2020). Immagine © Famiglia De Marco, Papà a 5 anni, Ostia Lido, Roma, luglio 1940

IL MEDITERRANEO OGGI

Leonardo Regano: We are all on the same boat, citando un’espressione molto comune.
Gea Casolaro: Il sottotitolo di questo lavoro è We are all on the same water. Siamo tutt_ sulla stessa acqua: l’immagine di questo bacino del Mediterraneo in cui, dalla propria sponda, ci si possa affacciare sull’acqua e specchiarsi nell’altr_. Bisogna realizzare un’inversione totale dell’immagine di Narciso: ci affacciamo sull’acqua e vediamo riflessa la persona accanto a noi. Dobbiamo avere la coscienza che siamo tutt_ affacciat_ sulla stessa acqua e che dobbiamo guardarci reciprocamente.
Emanuela Fiori: Il Mediterraneo è oggi un mare di morte. Nel mio immaginario di bambina nata alla fine degli Anni Cinquanta, il mare non era il mare profondo che inghiotte le persone ma quello delle vacanze estive. Poi man mano il mare ha assunto questa nuova e oscura valenza, è divenuto il mare che inghiotte, credo per tutti non solo per me. L’incontro con Pietro Bartolo, medico di Lampedusa tra i primi a salvare le vite dei migranti che sbarcano nell’isola, è stato per me un aprire gli occhi su una realtà violentissima. Pietro mi ha mostrato immagini e raccontato esperienze che non riesco più a dimenticare. Un altro aspetto che tu racconti, Gea, è quello dell’inquinamento. Accennavo prima all’ENI e alle sue ciminiere che segnano profondamente il paesaggio di Ravenna ma non posso non pensare anche alla Toscana e alla sua costa deturpata dalla Stanic o dalla Solvay.

Gea Casolaro, Mare Magnum Nostrum, 2020 2021. Realizzato grazie al sostegno di Italian Council (2020). Immagine © Gina De Bellis, Abbandono, Lungomare Duca degli Abruzzi, Ostia, Roma, 2010Leonardo Regano: Ecco Emanuela, l’emotività che colgo mentre racconti del tuo incontro con Bartolo credo proprio sia uno degli aspetti che più contraddistingue questo progetto e che conferma l’inclinazione di Gea per un’arte che travalica le stanze del museo e si nutre di vita vissuta. Mare Magnum Nostrum, inevitabilmente, richiede un confronto con una parte di noi stessi molto intima, sia essa rintracciabile in un ricordo personale o in un momento di vissuto altrui che smuove il nostro inconscio. Riguardando le foto caricate da Nicola D’Amato, parlando della mia esperienza, ho rivissuto uno dei momenti che più ha toccato la mia sensibilità umana. Le sue immagini della Vlora che arriva a Bari in quel caldo agosto del 1991 mi hanno riportato alla mente un me bambino che prende atto, per la prima volta, di come sia stato fortunato a nascere in Italia. In quel momento ho visto la disperazione mostrarsi in un ammasso indistinto di corpi, nelle migliaia di uomini, donne e bambini stipati su una nave mercantile che avevano appena affrontato un viaggio disumano pur di raggiungere la loro libertà, la loro terra promessa. Fino ad allora, l’Albania era per me l’altra costa, un luogo che potevi intravedere nelle giornate particolarmente terse in riva al mare giù nel Salento ma che rimaneva lontana e inarrivabile, misteriosa.
Gea Casolaro: Sempre a proposito di Taranto, le bellissime foto caricate da Anna Svelto sul sito di Mare Magnum Nostrum ci permettono di avere anche un’immagine più ricca e varia di questa città, in cui è vero che c’è l’Ilva, però c’è anche molto altro: un’immagine di Taranto che non ci si aspetta. Per me è stata anche una bella sorpresa, che mi ha permesso di trasformare il mio immaginario. Anna Svelto ha caricato non solo paesaggi di Taranto, ma anche foto di natura, da luoghi poco più a sud di questa città, con fenicotteri e delfini, svelando anche una realtà che chi non vive in quelle zone non conosce. E questa trasformazione degli immaginari è successa anche rispetto ad altre località, come per esempio Barcellona, di cui abbiamo ricevuto foto di banchine e container quando, magari, non immagineremmo Barcellona come un porto commerciale. Foto che raccontano molto bene il grande traffico di merci del mondo globalizzato di oggi, come la vicenda della nave che ha bloccato per settimane il Canale di Suez nel marzo di quest’anno ha fatto scoprire a un pubblico più ampio. Magari ci si immaginava di trovare quelle foto a Taranto, Marghera o Monfalcone o in altri porti industriali. Barcellona non me la sarei immaginata così. E ora posso vedere che è anche questo. La cosa interessante di questo progetto è il cambio di prospettiva che le persone ci permettono di fare caricando le loro visioni dei luoghi.
Emanuela Fiori: Quando Leonardo si riferiva al 1991, mi ha ricordato come la migrazione degli Albanesi fu per noi tutti un po’ una doccia fredda emotiva, un toglierci la benda dagli occhi. Leonardo aveva dieci anni nel ’91, io ne avevo 35, ed ero da poco madre per la seconda volta. Mi colpivano queste navi piene di gente, di una popolazione in fuga oggi parte integrante della nostra comunità. La loro migrazione ci aprì a un mondo sconosciuto e fu improvvisamente chiaro che il Mare Adriatico era veloce da percorrere. Una distanza breve ci divideva dai migranti che arrivavano dall’Albania, ma anche dalla guerra nei Balcani. Ricordo una vacanza durante la quale i miei figli giocavano sulla spiaggia tra i rumori dei caccia militari che partivano per il Kosovo. Ma voglio condividere con voi anche un’altra riflessione, di tutt’altra portata. Il Mediterraneo è un mare che mostra colori sempre diversi. Ne I Pastori D’Annunzio scriveva: “L’Adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti”. E se ti sposti poi in Puglia, il suo colore cambia ancora. E ancore se da Leuca ti sposti a Gallipoli e poi da lì a Crotone, dove il mare è più blu che altrove. Credo sia una caratteristica unica del Mediterraneo: i Caraibi o il Mar Rosso mantengono sempre la stessa unità cromatica.
Gea Casolaro: Il Mare di Pino Pascali, con le sue vasche di acqua con colori diversi racconta esattamente quanto dici.

Gea Casolaro, Mare Magnum Nostrum, 2020 2021. Realizzato grazie al sostegno di Italian Council (2020). Immagine © Giovanni Bai, Sant Adriá de Besos, Barcelona, Spain, 2012L’ESSERE UMANO E IL MEDITERRANEO

Leonardo Regano: Gea citi Pino Pascali che è per me l’artista che più di tutti ha enfatizzato questo rapporto con il mare, il “suo” mare che in fondo è anche il “mio”. E se nei 32 mq di mare circa (1967) lo racconta attraverso i colori, in Mare + Fulmine (1966) ne mette in risalto tutta la tragicità e la sua respingenza.
Gea Casolaro: Il mare è un simbolo fortissimo, per questo dico che Mare Magnum Nostrum può essere una sorta di sintesi dell’intero pianeta, perché nell’opera c’è veramente una grande varietà di aspetti. Nelle foto raccolte sul sito ci sono anche le montagne, i fiumi che sgorgano nel mare e lo formano. Così come i vulcani. Abbiamo un piccolo campionario dell’esistenza della natura e della vita umana, che interviene bene e male. Abbiamo anche foto che dimostrano tanto amore verso il mare: foto di tantissimi pescatori solitari, foto di persone a tu per tu con il mare, in una sorta di meditazione, di riflessione esistenziale davanti al mare, in modo molto poetico. Il mare, in special modo il Mediterraneo poiché non è un mare violento come un oceano, è un mare con cui si parla. Quando siamo di fronte al mare, forse, riusciamo a riflettere in modo più ampio sulla vita e sulla morte, sulla nostra esistenza e su quella del pianeta. La vastità del mare, in qualche modo, può essere come una pagina bianca che ci dà modo di scrivere delle nostre vite: ci crea una sensazione di possibilità e anche di paura. Com’è profondo il mare, cantava Lucio Dalla.

Leonardo Regano: E poi c’è un altro aspetto che vorrei focalizzare: il Mediterraneo è sempre un mare a misura d’uomo, un elemento che collega i popoli. La sua geografia ci permette di parlare di un’Europa che non è solo quella politica che oggi conosciamo ma è un concetto allargato, una realtà fisica e umana, che nasce dal confronto tra tutti i popoli che lo abitano da Gibilterra ai Dardanelli. Il Mediterraneo è un mare inclusivo, e in questo senso ha creato la nostra identità di popolo e di Unione Europea.
Gea Casolaro: Penso che sia simbolicamente molto importante che l’Unione Europea sia stata concepita a Ventotene, che è un’isola del Mediterraneo, così come il fatto che il trattato di Schengen sia stato firmato su una nave sulla Mosella, un fiume tra Lussemburgo e Germania. Ci danno perfettamente l’idea di quanto la fluidità dell’acqua sia fondamentale ancor oggi per la formazione dell’identità dei popoli.

Gea Casolaro, Mare Magnum Nostrum, 2020 2021. Realizzato grazie al sostegno di Italian Council (2020). Immagine © Archivio Albano, Anonimo, Portovenere, 28 luglio 1957

Gea Casolaro, Mare Magnum Nostrum, 2020 2021. Realizzato grazie al sostegno di Italian Council (2020). Immagine © Archivio Albano, Anonimo, Portovenere, 28 luglio 1957

Leonardo Regano: Raccolgo le fila di questa nostra conversazione, e concludo rivolgendomi a Gea con un’ultima domanda. Cosa ha rappresentato per te Mare Magnum Nostrum?
Gea Casolaro: La sensazione è che sia un lavoro che non si conclude, proprio perché è così aperto ai contributi più diversi, con immagini di ogni tipo ed epoca. Spero che le persone continueranno a caricare le loro foto sul sito allargando questa visione collettiva e, Covid permettendo, spero sia realizzabile anche la mia idea che chiunque venga a vedere la mostra al Museo possa costruire ogni volta una propria visione del Mediterraneo, montando e smontando le foto appese alle pareti dell’installazione a suo piacimento, creando una continua visione mobile del Mediterraneo. Perché il Mediterraneo è questa fluidità. E l’attualità del Mediterraneo è qualcosa su cui continuerò a lavorare perché penso che sia assolutamente centrale in questo momento storico.

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