Roma. Quayola reinterpreta l’arte classica attraverso il digitale

Spingendo il digitale, la robotica, l'Intelligenza Artificiale e i software generativi a muoversi verso innovative strategie estetiche, Quayola è in grado di affascinare pubblici diversi: dal contemporaneista al modernista, dagli addetti ai lavori ai nativi digitali.

Si intitola re-coding la prima personale di Quayola (Roma, 1982) nella Capitale e riunisce una serie di opere realizzate tra il 2007 e il 2021, suddividendole in tre macro tematiche: iconografia classica, sculture non finite e tradizione della pittura di paesaggio.

LA MOSTRA DI QUAYOLA A ROMA

Sul soffitto della prima sala di Palazzo Cipolla giganteggia un’opera video che ripropone la volta della Chiesa del Gesù, sempre a Roma: dalle nuvole del dipinto di Giovan Battista Gaulli, detto il Baciccio, in una danza cadenzata si generano sottili triangoli, raggi, frammenti che vanno a sovrapporsi alle figure dei santi, nel tripudio di luce e corpi. Al di sotto dell’enorme schermo è possibile girare intorno al corpo dissezionato ‒ non anatomicamente ma razionalmente ‒ del Laocoonte, pietra miliare della storia dell’arte con il quale, dal suo rinvenimento nel 1506, generazioni di scultori e artisti si sono dovuti scontrare. Il volto viene tagliato da Quayola, o meglio dalle macchine di cui si serve, e rimasterizzato a livello computazionale. Le sculture in resina e polvere di marmo sembrano enfatizzare le lacune e la forza irresistibile del movimento, fisico e psichico. Ad assumere importanza nella ricostruzione di Quayola non è tanto l’iconografia ma l’impeto formale, che trova qui una nuova consistenza avvalendosi di estetiche dal sapore digitale. La scomposizione è estremamente dinamica, dal Cubismo e dal Futurismo si sfocia in una medialità inedita, resa possibile dalle tecnologie più avanzate.

Quayola, Iconographies #20. Tiger Hunt after Rubens, 2014, serie di stampe a getto d'inchiostro

Quayola, Iconographies #20. Tiger Hunt after Rubens, 2014, serie di stampe a getto d’inchiostro

DALLA CLASSICITÀ AL DIGITALE

La serie sulle iconografie prende come riferimento l’arte rinascimentale ma soprattutto quella barocca. Si inizia con le stampe a getto d’inchiostro de L’Adorazione dei Magi di Botticelli, della Caccia alla tigre e di Venere e Adone di Rubens ‒ i corpi degli amanti formano una diagonale dove uno sfarfallio di prismi e sfaccettature si alternano, mutando forme, colori e dimensioni ‒ per giungere alle volumetrie computazionali, in cui reticoli di linee bianche fanno percepire i rapporti delle figure nella composizione. Queste traduzioni binarie si ispirano a dipinti di Artemisia Gentileschi, Lavinia Fontana, Elisabetta Sirani, Padovanino e altri artisti che hanno trattato il soggetto di Giuditta e Oloferne. A livello formale colpiscono le sculture non finite, scolpite da alcuni dispositivi di precisione che lavorano partendo dagli algoritmi. Quayola riesce a fondere robotica, Intelligenza Artificiale e software generativi in maniera centrata: il Ratto di Proserpina e le quattro sculture “Pluto” in poliuretano propongono lo storytelling del processo di produzione affidato alla macchina, andando ad aggiungere sempre più lembi di materiale in quelle che sembrano delle stratigrafie umane.

Quayola, Jardins d’Été, 2017, serie di video 4K

Quayola, Jardins d’Été, 2017, serie di video 4K

LA NATURA SECONDO QUAYOLA

Dall’uomo e dalle sue creazioni si passa alle morfologie del paesaggio: si rimane minuti e minuti ad ammirare Diptych del 2016 in 4K: il movimento delle fronde degli alberi, dei ciuffi d’erba creano delle visioni conturbanti. I colori della tavolozza digitale si mescolano in maniera morbida, ogni punto si allunga, si torce, si trasforma, seguendo vettori precisi e una tecnica computazionale sofisticata. Il video più recente presente in mostra guarda al Pointillisme, la composizione si realizza in progress davanti ai nostri occhi, per poi sfaldarsi e riproporsi in loop, mentre la serie Jardin d’Été del 2017 rimanda, anche nel formato orizzontale, alla meravigliosa sala ovale dell’Orangerie con le Ninfee di Claude Monet.
La visione floreale ricorda una superficie liquida proprio per la fluidità delle forme che si squagliano, vengono manipolate e tormentate: i colori si mescolano come spronati da pennelli invisibili dalle infinite coordinate.

Quayola, Strata #4, 2011, dittico video HD

Quayola, Strata #4, 2011, dittico video HD

LE PAROLE DEL PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE TERZO PILASTRO

Emmanuele F. M. Emanuele, presidente della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, promotrice della mostra, ha dichiarato: “In questo percorso così innovativo e originale, è significativo che per Quayola sia fondamentale il dialogo costante con i grandi maestri dell’arte classica, quali Raffaello, Botticelli, Rubens, Bernini, di cui predilige i bozzetti e i disegni preparatori, perché ciò che è incompiuto gli consente – come egli stesso ammette – di allontanarsi dall’idea di rappresentazione per concentrarsi sul processo. Il linguaggio contemporaneo di Quayola dà quindi vita a una mostra che io spero possa avvicinare i puristi della tradizione ai nuovi codici espressivi derivanti dalle tecnologie più attuali, le quali, lungi dall’essere asettiche e disumanizzate”, si mettono al servizio dell’atto creativo in tutte le sue forme, offrendo all’artista e ai suoi fruitori nuovi strumenti per esplorare l’ineffabile mistero del fare arte”.

Giorgia Basili

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Giorgia Basili

Giorgia Basili

Giorgia Basili (Roma, 1992) è laureata in Scienze dei Beni Culturali con una tesi sulla Satira della Pittura di Salvator Rosa, che si snoda su un triplice interesse: letterario, artistico e iconologico. Si è spe-cializzata in Storia dell'Arte alla Sapienza…

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