Giovanni Termini – Da quale pulpito
La mostra di Termini si pone come un momento di riflessione importante che parte dalla città di Pistoia, una città che molto più di altre in Italia ha saputo riconoscersi nella pratica della scultura sia per gli artisti che nel tempo ha saputo ospitare sia per gli artisti a cui ha dato i natali, tra cui Marino Marini.
Comunicato stampa
Sabato 2 ottobre alle ore 18 nel Museo del Novecento e del Contemporaneo di Palazzo Fabroni a Pistoia sarà inaugurata la mostra personale di Giovanni Termini “da quale pulpito”, a cura di Marco Bazzini.
L’evento si inserisce nell’ambito del programma espositivo dedicato alla contemporaneità che quest’anno è stato incentrato intorno a alcuni dei maggiori artisti della generazione nata negli anni Settanta.
L'esposizione è realizzata dall'associazione Utopias con il sostegno e la collaborazione del Comune di Pistoia e con il contributo di ChiantiBanca.
Giovanni Termini è uno scultore e da vent’anni assembla materiali diversi per lo più raccolti nel campo dell’edilizia realizzando opere complesse che vivono e modificano gli ambienti in cui espone. Ciò a cui Termini dà origine sono veri e propri “cantieri”, un tema che da sempre nasconde un grande valore simbolico nel suo carattere ambivalente di costruzione e distruzione, di spazio di pensiero e di lavoro. Del cantiere Termini ha fatto il centro della sua poetica che lo ha portato a sviluppare un percorso del tutto personale nel panorama delle ricerche contemporanee.
La mostra si propone di porre all’attenzione del pubblico questa sua originalità ricostruendo, nelle sale dei due piani di Palazzo Fabroni, un filo rosso tra opere degli anni passati e altre realizzate appositamente in stretto dialogo con l’architettura e la memoria della prestigiosa sede espositiva, oltre che con il contesto a questa prossimo. Il titolo, infatti, richiama il vicino pulpito scolpito da Giovanni Pisano, capolavoro della scultura gotica riconoscibile anche nell’immagine guida della mostra, che si trova nell’antistante Pieve di Sant’Andrea. Il dialogo proposto da Termini parte dall’idea di recuperare una struttura rialzata sulla quale poter salire per poter parlare in contrapposizione con la smaterializzazione della comunicazione ma anche come irrinunciabile elemento, il pulpito, di una storia dell’arte tutta italiana (e pistoiese in particolare) che attraversa i secoli fino ad arrivare ai grandi maestri degli ultimi cinquant’anni. Giovanni Termini riprende così uno specifico carattere appartenuto alla “fabbrica italiana” per continuare a rispondere alla domanda su che cosa significhi fare oggi scultura.
In questa prospettiva la mostra di Termini si pone come un momento di riflessione importante che parte dalla città di Pistoia, una città che molto più di altre in Italia ha saputo riconoscersi nella pratica della scultura sia per gli artisti che nel tempo ha saputo ospitare sia per gli artisti a cui ha dato i natali, tra cui Marino Marini.
In occasione della mostra esce anche un’ampia monografia dedicata all’artista, curata sempre da Marco Bazzini ed edita da Gli Ori Editori. Oltre al lungo saggio del curatore e al ricco apparato iconografico che documenta i lavori e le mostre degli ultimi quindici anni, è presente una ricca antologia critica con testi di Andrea Bruciati, Lorenzo Bruni, Simone Ciglia, Bruno Corà, Silvia Evangelisti, Agata Polizzi e Alberto Zanchetta.
L'esposizione resterà aperta fino al 28 novembre da martedì a venerdì dalle 10 alle 14; sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 18. Lunedì chiuso.