100 opere di Paula Rego (Lisbona, 1935) sono esposte nella più grande retrospettiva dedicata all’artista, fino al 24 ottobre alla Tate Britain tra collage, pastelli, acrilici, acquerelli, incisioni, stampe e sculture. La mostra copre tutta la sua carriera, dalla metà degli anni ’50 alla sua più recente produzione. Una pittura superbamente orchestrata dalle forme piacevoli e dalla pennellata loquace, eppure Paula Rego non ha peli sulla lingua: mostra le verità scomode e ambigue che si annidano dietro l’apparenza di una favola patinata. Paula Rego è un’artista portoghese naturalizzata britannica, ha avuto importanti riconoscimenti in questo paese: è la prima artist-in-residence alla National Gallery di Londra, membro della Royal Academy of Arts e Dama Comandante dell’Ordine dell’Impero Britannico. Rego nel suo essere fortemente femminista vuole ritagliarsi un posto d’onore in un mondo dell’arte ancora dominato dalla presenza maschile. Preferisce essere Robin Hood rispetto a Lady Marion. La sua poetica è stata fortemente influenzata da alcune letture essenziali come Il secondo sesso di Simone de Beauvoir, Rego ha infatti dichiarato: “Cerco di ottenere giustizia per le donne… almeno nelle immagini… anche la vendetta…”. La curatrice Elena Crippa aggiunge “vedo [la sua influenza] nel lavoro della maggior parte delle pittrici – in particolare nelle artiste che si impegnano con il corpo – che lottano per la posizione della donna nel mondo”.
L’ARTE FEMMINISTA DI PAULA REGO
“Paula Rego è una grande artista sottovalutata”, dice alla BBC Culture la storica dell’arte e curatrice Catherine Lampert. Rego, dallo stile a volte naÏve a volte estremamente raffinato, ha studiato alla Slade School dove ha conosciuto il marito Victor Willing e alla University College of London; è l’unica donna all’interno del London Group di cui fanno parte Frank Auerbach e David Hockney, con cui espose per la prima volta nel 1962. Predilige i pastelli agli oli ed è passata dall’astrattismo al figurativo, riprendendo una tradizione ricca di riferimenti quali Goya, Diego Velásquez, Rodin, Gauguin, Bosch, Brueghel, lo squarcionesco Carlo Crivelli e de Chirico. Il suo è un realismo dal sapore magico e tagliente, acuto e intellettualmente colto che ripercorre brani di letteratura e pièce teatrali. Si lancia persino nella critica sociale come quando si schiera a favore dell’aborto (ma contro il suo lato illegale), oppure in difesa delle donne povere senza accesso alle cure mediche adeguate. Le feste e le danze di paese, il flusso straripante della vita, sia nella purezza contaminata sia nelle nefandezze più becere – come stupri, violenze e abusi -, il mondo compromesso della fanciullezza sono tutti temi che rientrano nei suoi dipinti: crudi e viscerali, sanguigni anche per le tonalità. Le sue scene prendono ispirazione dalle storie e dalle mitologie popolari del suo paese natio, frutto dei racconti della nonna ascoltati durante il periodo dell’infanzia. Una donna si accovaccia a quattro zampe, digrignando i denti come un cane. Una sposa è reclinata su un letto, con il suo vestito bianco spavaldamente sollevato; un senso del “bel grottesco”, come lei stessa ha dichiarato, invade la sua visionaria figuratività.
– Giorgia Basili
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati