Triennale e Fondation Cartier portano a Milano le foto di Raymond Depardon
La mostra, nata dalla sinergia tra l’istituzione milanese e la Fondation Cartier, ripercorre la carriera di uno dei fotografi e cineasti francesi più acclamati al mondo, Raymond Depardon. Ne abbiamo parlato con Grazia Quaroni, direttrice delle collezioni Cartier
È dedicata a uno dei fotografi francesi più acclamati al mondo La vita moderna, grande retrospettiva di Raymond Depardon (Villefranche-sur-Saône, 1942) appena inaugurata alla Triennale di Milano. Nata nell’ambito della partnership stretta tra l’istituzione italiana e la Fondation Cartier di Parigi – con la quale Depardon collabora da trent’anni –, la mostra rappresenta un’occasione per scoprire o approfondire la ricerca e l’opera di un autore che, dagli anni Settanta a oggi, ha osservato e restituito con sguardo lucido fatti di storia e vicende umane, dalla politica alla guerra, dalla vita contadina al tema della psichiatria, anche attraverso il medium del documentario. Fondatore nel 1966 dell’Agenzia Gamma, nel 1979 diventa membro della Magnum. È autore inoltre di 25 lungometraggi, molti dei quali realizzati con Claudine Nougaret, presentati al Festival di Cannes o premiati con un César. Alcuni di questi, sono stati accolti positivamente dalla critica in Italia, come Urgences (1988, Grand Prix del film documentario di Firenze) e Un homme sans l’occident (2003, Selezione ufficiale alla Mostra del Cinema di Venezia). De La vita moderna – che sarà visitabile fino al 10 aprile 2022 – e della collaborazione tra la Triennale di Milano e Fondation Cartier abbiamo parlato con Grazia Quaroni, direttrice delle collezioni Cartier.
Come nasce la mostra La vita moderna di Raymond Depardon? Come si inserisce questo grande progetto espositivo nell’ambito della trentennale collaborazione che lega l’artista alla Fondation Cartier?
La mostra di Raymond Depardon è il punto di arrivo di un percorso molto articolato di mostre, pubblicazioni e riflessioni che Fondation Cartier ha sviluppato con Raymond Depardon nel tempo. Da oltre vent’anni – la primissima occasione fu nel 1996 – la Fondazione ha costruito un dialogo intenso con l’artista, che è regista, fotografo ma anche un pensatore, capace di interpretare la realtà del proprio tempo in una maniera estremamente originale, leggibile e impegnata. Da questa relazione intensa sono esitate molteplici commissioni di film, fotografie, progetti espositivi… Sono più di cinquecento le sue opere in collezione. E questo è esattamente il modo di lavorare di Fondation Cartier, che instaura relazioni profonde e di lungo termine con gli artisti.
La vita moderna è tra i progetti nati dalla partnership stretta tra Fondation Cartier e la Triennale di Milano, che finora ha visto la realizzazione delle mostre di Claudia Andujar e della collezione della Fondation Cartier letta attraverso lo sguardo di Guillermo Kuitca. Tutti progetti, questi, che riflettono sul mondo contemporaneo e vedono al centro l’essere umano, l’ambiente e il loro rapporto.
Si tratta di temi che abbiamo trattato in passato attraverso moltissime mostre dedicate per esempio agli animali, ai vegetali, in cui abbiamo coinvolto anche botanici, scienziati, naturalisti, bioacustici, intellettuali ed esperti che consolidano il messaggio degli artisti e lo fondono con il loro. Sono creatività diverse tese a un unico scopo. Queste sono tematiche che anche Triennale ha sempre portato avanti: il mistero dell’universo, dello sconosciuto, di quello che ancora si può esplorare sono ambiti comuni alle due istituzioni, che interessano sicuramente i migliori artisti del pianeta.
Questa linea tematica continuerà a essere al centro delle prossime mostre della collaborazione tra le due istituzioni?
Sicuramente sì, continuerà. Queste idee di inclusione, ambiente e attenzione verso le problematiche scottanti del nostro tempo, della nostra contemporaneità – prima fra tutti l’urgenza ambientale – rientrano in un discorso che Fondation Cartier porta avanti da più di vent’anni.
Tornando alla mostra, come si lega la figura di Raymond Depardon al panorama culturale italiano?
Con Triennale abbiamo deciso di riaprire la nostra programmazione alla fotografia presentando un fotografo francese famosissimo in Francia, molto conosciuto tra gli addetti ai lavori in Italia, ma forse ancora non abbastanza dal grande pubblico. Abbiamo sviluppato insieme all’artista una mostra pensata appositamente per gli spazi di Triennale e per l’Italia. Il percorso espositivo comincia e finisce con una serie italiana, testimoniando la relazione profonda che esiste tra Raymond Depardon e il nostro Paese: Piemonte, che attraverso il paesaggio suggerisce la continuità territoriale – di paesaggio e di cultura – tra Italia e Francia; San Clemente, una serie molto dura e densa, realizzata all’inizio degli anni ’80 a seguito dell’incontro tra Raymond Depardon e lo psichiatra Franco Basaglia. Questa serie testimonia la realtà dei manicomi a quell’epoca, prima che passasse la famosa Legge Basaglia che ha umanizzato i malati di mente.
La vita moderna è stata appositamente pensata per gli spazi della Triennale di Milano. Quali sono le peculiarità di questa mostra dal punto di vista curatoriale e allestitivo?
Questa mostra è stata realizzata anche con la collaborazione di Jean-Michel Alberola, un altro artista francese, pittore. Alberola ha discusso tutto il progetto e accompagnato le varie fasi di preparazione portando lo sguardo del pittore nella scrittura della mostra. Non interviene con le sue opere nel percorso, ma il suo segno è nel suggerimento di scandire lo spazio cromaticamente, affinché ogni serie fotografica abbia un’identità diversa, mantenendo la propria autonomia e classicità. Insieme a Jean-Michel Alberola ha lavorato la scenografa Thea Alberola, che ha costruito nel dettaglio tutto il sistema d’installazione delle opere. Abbiamo lavorato moltissimo sulla chiarezza, sull’essere molto comprensibili e ci auguriamo che il progetto piacerà al grande pubblico, non solo agli specialisti di fotografia. Questo è molto importante e fa parte della volontà di Raymond Depardon: non essere elitario ma aperto a qualsiasi tipo di pubblico – come lo è la Triennale, come lo è Fondation Cartier.
Potrebbe anticiparci qualcosa sui prossimi progetti di Triennale e Fondation Cartier?
Non anticiperò la programmazione futura, se non per dire che quest’estate si svolgerà la ventitreesima edizione della Triennale, dell’esposizione che vede tutti gli spazi della Triennale proiettati in un unico progetto: Fondation Cartier sarà sicuramente partecipe di questo grande avvenimento.
– Desirée Maida
Scheda evento
https://www.artribune.com/mostre-evento-arte/raymond-depardon-la-vita-moderna/
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