Una cantina con il cuore di design. Storia dell’Astemia Pentita di Sandra Vezza
L’acquisizione di Gufram, l’apertura della cantina nelle Langhe e la nascita della Fondazione Radical Design insieme al figlio ed erede Charley rendono l’eccentrica imprenditrice un personaggio unico nel panorama italiano
Un ritorno alle origini. Questo è l’effetto che fa passeggiare nella grande vigna dell’Astemia Pentita, la creatura di Sandra Vezza nelle terre del Barolo in Piemonte. Dopotutto, così è stato anche per lei: imprenditrice a capo di Italgelatine e Gufram, si è volta alla viticoltura dopo anni passati senza nemmeno sfiorare un calice (da qui il nome), recuperando l’antico sapere della sua famiglia piemontese. “Che poi è anche il motivo per cui sono riuscita ad avere questa terra: l’ho comprata da due novantenni, fratello e sorella, che mi hanno detto: ‘Non gliel’avremmo venduta, se non avesse saputo parlare il piemontese e se non fosse stata una persona semplice come noi’ quindi non è stato facile”, racconta. Un colpo più che di fortuna, anche considerata la collina su cui svetta la cantina di Sandra e del figlio ed erede Charley: i Cannubi, gemma delle Langhe. L’Astemia Pentita non passa inosservata, né vuole farlo: la forma e la decorazione dell’edificio con progetto architettonico di Gianni Arnaudo, con negozio e bar-degustazione, replicano quella di una enorme confezione di vino in procinto di essere aperta. Simile l’arredo interno, tutto disegnato e scelto dalla padrona di casa: i divani che ricordano dei tappi, il pavimento con rafia ricoperta di resina, miniature del Pratone e divani Bocca affiancate a pezzi di TOILETPAPER e Seletti e alle silhouette delle bottiglie Donna-Uomo, rigorosamente disegnate da Vezza. Pop e stravagante, la cantina prende il suo posto nella terra patrimonio UNESCO con orgoglio. Soprattutto in virtù del proprio vino.
LA CANTINA DELL’ASTEMIA PENTITA
Riccamente decorata con toni sgargianti e kitsch – cascate di foglie violacee segnano le aree dedicate alla lavorazione dell’uva, seguite da foglie verdi che indicano il passaggio nell’area di imbottigliamento ed etichettatura (questo perché il primo step si fa in autunno e il secondo in primavera), con tanto di cappelli da lavoro alle pareti, una poltrona gigante e stanze piene di nuvole – la cantina si appoggia a un ampio territorio di 17 ettari tra Barolo e Monforte. La produzione tocca le 50-70mila bottiglie l’anno, con una grande varietà di vini, sia rossi come Nebbiolo, Dolcetto, Barbera e chiaramente lo strutturato Barolo, sia bianchi come la sempre più apprezzata Nascetta, Riesling e Sauvignon. Le prospettive sono di ampliamento, 250mila bottiglie all’anno nel giro di tre anni, anche grazie a una squadra tecnica rodatissima di enologi e agronomi della zona, che hanno accompagnato Vezza nell’ideazione di una cantina su tre piani che sfrutta la forza di gravità per favorire il passaggio del prezioso mosto verso le fasi successive di produzione. Uno sforzo che non è passato inosservato: il Cannubi 2016 ha ricevuto 97 punti Decanter e il Barolo 2016 tre calici del Gambero Rosso.
I SOGNI REALIZZATI DI SANDRA VEZZA E I PROGETTI FUTURI
La passione di Vezza per il design e l’invenzione è di vecchissima data: “Mi è sempre piaciuto creare: mia madre non mi comprava i giochi, e io me li creavo con il legno nel laboratorio sotto casa. Fin da bambina disegnavo ogni volta che potevo, a casa e durante le lezioni. Questo amore, però, non l’ho potuto mai realizzare: mio padre veniva dall’alta Langa, un mondo troppo distante da scuole di arte e design, e mi vedeva come una donna che doveva sposarsi e farsi una famiglia. Quindi mi sono sposata, ho avuto un figlio e sono subentrata nell’azienda di famiglia quando mio marito si è ammalato. Con il tempo, però, ho avuto modo di dedicarmi al design e all’architettura e ho cominciato a collezionare dei pezzi, e dopo dieci anni di tentativi sono riuscita ad acquisire la mia amata Gufram da Poltrona Frau”. Con l’acquisto dello storico marchio piemontese si realizzò una prima parte del sogno: la seconda è arrivata con la nascita della cantina, in cui ha avuto modo di mettere a frutto tutto quello che aveva imparato sin da giovanissima età tra i filari del nonno, tirando la rafia tra le vigne e facendo le potature. “A quel punto ho unito le due cose: ho messo il pop di Gufram nella cantina, insieme ai miei desideri e ai miei sogni. A mio figlio ho dato accesso a entrambe le aziende, ma io tengo carta bianca per design di bottiglie ed etichette”. Un terzo pezzo del sogno è nella Fondazione Radical Design, con cui Vezza rivolge la sua attenzione al territorio piemontese, indirizzandovi esperienze culturali di artisti e scrittori locali, come ad esempio l’installazione luminosa di Emilio Ferro Barolo to Heaven. “A proposito della Fondazione, ci saranno delle novità”, anticipa Vezza, ma senza andare oltre. “Scaramanzia”, dice. E noi aspettiamo.
– Giulia Giaume
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