I dimenticati dell’arte. Clotilde Marghieri, la scrittrice che parlava con Bernard Berenson
Amica di Bernard Berenson e vicina a personaggi come Sibilla Aleramo, Corrado Alvaro e Rocco Scotellaro, Clotilde Marghieri è un’acuta scrittrice da riscoprire.
“Per decantare le mie ire, per salvare i miei furori, per salvare, anche questa volta, la bella favola che era stata la mia vita in campagna nei primi tempi, per fermare sulla carta persone e personaggi che intorno a me sembrava chiedessero a gran voce di essere ritratti, presi a scrivere della mia vita in villa”. Così la scrittrice napoletana Clotilde Marghieri (Napoli, 1897 ‒ Roma, 1981) racconta la genesi di Vita in villa, il libro che la rese nota al grande pubblico nel 1960, dopo decenni trascorsi a scrivere per diverse importanti testate come Il Mondo, Il Corriere della Sera, La Nazione e Il Mattino, senza mai definirsi una giornalista professionista.
LA STORIA DI CLOTILDE MARGHIERI
Clotilde Betocchi, cugina del poeta Carlo Betocchi, era nata a Napoli in una famiglia altoborghese: da ragazza studia a Firenze, presso il Collegio delle Montalve alla Quiete di Firenze. Una volta rientrata a Napoli conosce Gino Marghieri, che sposa nel 1920. Sei anni dopo la sua amica Pellegrina Rosselli le presenta lo storico dell’arte Bernard Berenson, con il quale intrattiene un lungo e intenso carteggio. Negli Anni Trenta decide di lasciare gli agi dei salotti partenopei e si trasferisce a Santa Maria la Bruna, una frazione di Torre del Greco, nella villa La Quiete, che fa da sfondo ai 22 racconti del suo testo d’esordio, definito come un resoconto di “piccole battaglie, molti assilli quotidiani di una donna che in nome dell’indipendenza affronta un percorso solitario e faticoso, tra passione e sdegno, distacco e partecipazione”. “‘Vita in villa’ è un libro di memorie vissute con intensità, da una donna colta e impegnata. Lei ha saputo rappresentare con arte e con sapienza, come meglio non si poteva, quell’avvicendarsi di passioni e di avversioni che è proprio della gente del Vesuvio; questa gente che sempre ritorna alla propria calda, amorosa umanità, così come il Vulcano, dopo ogni furore, si ricompone nella sua stupefacente bellezza”: così la ricorda un suo amico ed estimatore, lo scrittore e giornalista Giovanni Battista Angioletti, che viveva nello stesso paese.
I LIBRI DI CLOTILDE MARGHIERI
Nel 1939 Clotilde si trasferisce a Roma con i suoi due figli, ma non smette di frequentare la villa fino al 1963. Dopo Vita in villa, definito da Angioletti come “un libro d’amore celato sotto la sottile pelle del risentimento e del dispetto”, la Marghieri pubblica altri scritti: Le educande di Poggio Gherardo (1963), ispirato agli anni trascorsi in collegio, seguito da Il segno nel braccio (1970) e infine Amati enigmi (1974), un romanzo epistolare incentrato sulla corrispondenza con il critico letterario Luigi Baldacci. Costruito sotto forma di un’unica lunga lettera, scritta la notte di Capodanno a un uomo misterioso di nome Jacques, il libro vince il premio Viareggio. “Di bello, di tenero, di voluttuoso, nella mia esistenza di oggi non ci sono più che i sogni. Nei sogni, che sconfiggono il tempo, ho sempre vent’anni, o sono da fuori di ogni età, perché essi mi restituiscono a quella che fui, che sono ancora, e mai a quella che appaio”: così la scrittrice affronta gli ultimi anni di una vita intensa, arricchita da incontri e frequentazioni di personaggi come Sibilla Aleramo, Corrado Alvaro e Rocco Scotellaro. Amati enigmi, trasformato in un lucido monologo, è stato messo in scena da Licia Maglietta nel 2018.
GLI ULTIMI ANNI DELLA SCRITTRICE
Così la ricorda nel 1986 Camilla Cederna: “Una donna che ho frequentato a Roma nel suo salotto di via della Consulta: grandi librerie con edizioni rare, mobili inglesi, rose, il rito del tè. E lei che, già anziana, sdraiata sul sofà con una coperta sulle gambe, giocava come sempre ad ammaliare gli amici con il fascino delle sue conversazioni, ad annodare sottili rapporti con persone di cui ammirava l’intelligenza”. Nel 1981 la Marghieri muore, e nello stesso anno viene pubblicato Specchio doppio (1927-1955), il suo carteggio con Berenson, che mostra un altro volto della scrittrice. “Mi domando se una sola vita basta ad esaurire le energie di un’anima”, scrive. “Io, per esempio, dovrei rinascere più d’una volta, per non andarmene inadempiuta”.
‒ Ludovico Pratesi
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