Giano Del Bufalo e la sua Wunderkammer contemporanea nel cuore di Roma
C'è una Wunderkammer tutta da scoprire a Roma. Sarà il giovane collezionista Giano Del Bufalo a guidare il pubblico tra le meraviglie della galleria Diorama di Trastevere, di cui è co-fondatore
“Tutto ciò che è ignoto si immagina pieno di meraviglie”. Ha inizio con questa citazione di Tacito il film di Francesco Invernizzi Wunderkammer. Le stanze della meraviglia. Ancora oggi, come nel Rinascimento, i collezionisti di meraviglie sono impegnati quotidianamente nella ricerca dell’oggetto stravagante e curioso. Questi nuovi amatori allestiscono i propri spazi generando una rete di contatti privati con altri collezionisti e compratori, partecipando a fiere e aste pubbliche, esponendo i propri pezzi allo sguardo collettivo. Che si tratti di gallerie allestite ex novo o di residenze private, i temi che ricorrono ossessivamente non sono mutati con il passare dei secoli; l’horror vacui si esplica in una s-mania riempitiva da cui emerge l’intenzione progettuale delle diverse esperienze di collezionismo contemporaneo, una passione che sembra trovare una solida ragione di esistere nel nostro secolo, in cui la società del Capitale pervade gli spazi dell’essere e assegna a ciascun oggetto una propria sentenza di deperibilità e sostituibilità (“la moda dell’usa e getta”, come afferma Gillo Dorfles parlando della Wunderkammer di Roberto Togni a Trento). Se è vero che l’universo delle Wunderkammer aveva la sua raison d’être e la sua giustificazione teorica nel momento particolare in cui queste stanze furono realizzate, è anche vero che oggi sembra presentarsi un revival di questa “cultura” della curiosità. Quali sono le ragioni? Ipotizziamolo attraverso la collezione romana di Giano Del Bufalo.
LA DIORAMA GALLERY DI GIANO DEL BUFALO
Giano Del Bufalo (1987), giovane collezionista di meraviglie dal temperamento deciso e dalla personalità eclettica, è il co-fondatore della romana Diorama gallery insieme a Niccolò Mottinelli. Il suo impegno non è viziato dalle manie della modernità, dalle mode passeggere o da un’ingiustificata perversione per il gusto kitsch. Entrare nel suo mondo significa essere riportati indietro nello spazio e nel tempo, nell’era dei viaggi in Terrasanta e del Grand Tour, quando meraviglioso era ciò che stupiva perché mai visto prima, frutto di fantasie oniriche e materiali al tempo stesso. Come non menzionare le credenze preilluministe sul presunto corno di unicorno, in realtà dente di narvalo, a cui venivano attribuiti straordinari poteri magico-taumaturgici? Forse, come sostiene Giano, un capitolo dell’arte si è concluso proprio nel momento in cui l’uomo ha smesso definitivamente di credere: “Alcune cose mi commuovono e mi fanno venire ancora i brividi, respiro quello che erano allora. Quando qualcosa diviene troppo conosciuta perde la magia”.
La forza degli oggetti esposti da Giano sta proprio nella loro materiale testimonianza dei mondi, delle usanze, delle “meravigliose” bizzarrie e delle storie lontane di cui si fanno portatori. Le genti che hanno fabbricato, manipolato e utilizzato quei materiali vivono nuovamente attraverso di essi. Dal fortunato incontro tra il nuovo proprietario e l’oggetto può nascere una duplice e rinnovata spiritualità: antica, quella infusa dal suo possessore originario, e moderna, quella di chi lo possiede per una seconda volta, riportandolo alla luce.
GLI OGGETTI ESOTICI COLLEZIONATI DA GIANO DEL BUFALO
Ad arricchire la collezione Del Bufalo contribuiscono anche quegli oggetti a cui Giano attribuisce una particolare spiritualità: il tamburo tibetano realizzato a partire dall’unione di due calotte craniche, o la testa rimpicciolita (tsantsa) di guerriero amazzone, dalla straordinaria rarità, ottenuta a seguito di un processo di bollitura.
“Ho molte perplessità sul concetto di contemporaneo, perché si è persa la spiritualità intrinseca all’arte. Io vedo nell’arte tribale un sacco di cose meravigliose che facevano parte di un uomo che credeva in qualcosa di superiore”, afferma Del Bufalo.
I significati di questi moti dell’animo, stimolati dall’esoterismo dell’arte primitiva si espandono nella loro connessione con un altro concetto fondamentale, quello di totalità; il manufatto autentico deve sempre riflettere l’universo dei valori magico/religiosi di una società per poter essere apprezzato dal collezionista o dal soggetto occidentale. Gli oggetti di cultura materiale dei popoli indigeni, destinati in patria a un uso locale preciso, una volta confluiti nei musei e nelle collezioni occidentali (a seguito dell’opera di predazione coloniale europea), furono privati del loro valore originario: da una parte divennero documenti e testimonianze attive di territori lontani, dall’altra trofei volti a celebrare le imprese del viaggiatore curioso o del collezionista che se ne era impossessato. L’approccio all’oggetto esotico di ognuno di noi, in quanto spettatore di un museo o di una collezione, viene influenzato da questi processi di decontestualizzazione e ricontestualizzazione.
La disposizione estetica del soggetto si indirizza verso l’apprezzamento dell’arte come forma pura senza più riferimenti alla funzione e all’uso originario. Lungi dall’esprimere giudizi di valore sul rapporto tra collezionista ed exotica, frutto di concezioni incorporate e perlopiù inconsapevoli, il desiderio di spiritualità rivendicato dai collezionisti contemporanei è piuttosto riconducibile a un contesto più ampio, che investe gli aspetti di totalità e autenticità insieme ad altri tipi di rapporti, come quello con il tempo. È proprio questa impressione di meravigliosa sospensione temporale che potrete sperimentare nella galleria Diorama, al cospetto degli oggetti che Giano ha reso immortali. Se non si possono trovare risposte al mistero della morte, si lasci che la vita scorra attraverso gli oggetti, nei teschi di qualche uomo valoroso, nelle lance, le spade e i bastoni intagliati, nella testa rimpicciolita di un antico guerriero, nello sguardo feroce di una tigre imbalsamata, congelata nell’attimo in cui spalanca le fauci per sempre, come in una fotografia.
– Eva Tanagli
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