I dimenticati dell’arte. Emanuele Rambaldi, il pittore della Liguria
Vicino al Realismo Magico ma anche al Secondo Futurismo e alla corrente metafisica, Emanuele Rambaldi ha fatto della pittura il suo strumento, accostandovi la scultura e la ceramica
Nonostante fosse autodidatta, non si può dire che Emanuele Rambaldi (Pieve di Teco, 1903 ‒ Savona, 1968) non sia stato un artista di indubbio talento, con una carriera di tutto rispetto che raggiunge il culmine negli Anni Venti, quando aderisce alla corrente del Realismo Magico.
CHI È EMANUELE RAMBALDI
Nasce a Pieve di Teco, ma da giovanissimo arriva a Chiavari, dove rimane tutta la vita: il suo rapporto con la cittadina ligure è molto forte e cresce nel tempo, unito a un’indole vivace e dinamica. Comincia a prendere il pennello in mano alla fine degli Anni Dieci, grazie alle sollecitazioni di un gruppo di artisti come Leonardo Dudreville e Achille Funi, che trascorrono lunghi periodi a Chiavari: i primi dipinti, come Entrata al Tabarin (1920) sono vicini al Secondo Futurismo, ma già pochi anni dopo Rambaldi si avvicina a uno stile figurativo classicheggiante, strizzando l’occhio a Felice Casorati e Giorgio de Chirico, come si vede in maniera evidente nell’intenso Autoritratto (1925), pieno di rimandi alla pittura metafisica e neorinascimentale, compreso il cartiglio in latino, dove l’artista dichiara i suoi ventidue anni. Un momento felice per Rambaldi, che nello stesso anno fonda a Chiavari il Gruppo d’azione d’arte insieme ad alcuni artisti locali come Attilio Podestà e Francesco Falcone: si tratta del primo movimento d’arte moderna in Liguria, che abbraccia le istanze portate avanti dalla corrente Novecento di Margherita Sarfatti.
LA CARRIERA DI EMANUELE RAMBALDI
Tre anni dopo viene invitato per la prima volta alla Biennale di Venezia, dove ha una presenza stabile fino al 1948; intorno al 1935 comincia progressivamente a lasciare i ritratti e le figure umane per dedicarsi al paesaggio ligure, con uno stile che riprende le cromie postimpressioniste. A partire dal 1927 avvia inoltre un’attività di scultore e ceramista, che ottiene il favore di un maestro come Arturo Martini: in questo periodo Rambaldi diventa direttore artistico della Bottega, che produce mobili di design e oggetti in ceramica. Nel 1940 arriva la consacrazione ufficiale con una sala personale alla Biennale di Venezia, ma da allora l’artista dipinge soprattutto nature morte e scorci del paese di Chiavari, con un linguaggio quasi vernacolare. Molte sue tele sono presenti in diverse collezioni pubbliche, come la Galleria d’Arte Moderna di Genova Nervi e la Galleria d’Arte Moderna di Torino. L’opera di Emanuele Rambaldi è ritornata alla luce grazie all’antologica curata da Franco Ragazzi a Imperia nel 2007.
‒ Ludovico Pratesi
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