Le opere dissacranti di Simone D’Auria aprono il nuovo spazio di Galleria Spirale a Milano

Con il suo linguaggio pop e irriverente, Simone D’Auria negli ultimi 10 anni ha realizzato opere che si riferiscono ai miti della Storia dell'arte. Ecco le foto della mostra da Spirale

60 opere che non solo dileggiano la Storia dell’arte, i suoi miti popolari, ma che anche provano a risvegliare un senso civile e solidale attraverso operazioni dirette e giocose: con My World alla nuovissima Galleria Spirale (promossa con Art&Co), inaugurata il 18 novembre scorso e in programma fino al 26 febbraio 2022, vengono fotografati gli ultimi 10 anni di carriera artistica di Simone D’Auria (Bergamo, 1976). Nel catalogo della mostra è presente un testo di Milovan Farronato che così commenta: L’arte di D’Auria è una pratica pop e ben si intenda non popolare” nella sua versione dispregiativa bensì di accorta rilettura del sostrato sociale. Il concetto di artigiano è stato per molti anni desueto e di poco appeal, e invece nell’ultimo periodo ha ritrovato, oserei dire finalmente, il suo agognato riconoscimento. Essere artigiani delle proprie opere, come lo è nel caso di D’Auria, significa conoscere il valore plastico della materia, accudirlo al fine di plasmarlo. Significa, in poche parole, essere degli scultori”. Matteo Rigamonti, musicista, produttore, ingegnere del suono e DJ ha composto una colonna sonora ad hoc per l’esposizione. 

Simone D'Auria, My Wolrd

Simone D’Auria, My Wolrd

LE SERIE DI SIMONE D’AURIA 

Si parte dal progetto Spoon, cucchiai giganti (alti oltre 150 cm) che strizzano l’occhio a Claes Oldenburg. Sono realizzati in plastica riciclata per richiamare l’impiego massivo di questo materiale – causa di inquinamento dei fondali oceanici – e alludono metaforicamente alla “fame”, intesa come voglia inesauribile di vita, di pensiero, di libertà, di esperienze e apertura verso il diverso. Da queste sculture deriva la serie di dipinti su Mr. Spoon, figura-oggetto dalla personalità eclettica che riesce a introdursi, quasi furtivamente, in immagini iconiche come la Danza di Matisse o l’Urlo di Munch, o a simulare l’atmosfera e gli stilemi dei dipinti di Magritte, Banksy, Jeff Koons, Keith Haring. Più politica la serie, concepita in collaborazione con la Zoological Wildlife Foundation di Miami per lanciare l’allarme sulle specie animali a rischio di estinzione, in cui tigri e scimpanzé interagiscono con le sculture Tank o WOW. Anche altri lavori puntano a sollevare questioni connesse alla fragilità della natura: uno squalo addenta un globo in Good boy ed è impossibile non pensare a “L’impossibilità fisica della morte nella mente di un vivo” di Hirst o al cult horror; mentre in Moby sbang, la cui superficie riflettente e l’estetica echeggiano Jeff Koons, in mostra a Palazzo Strozzi, viene in mente la compagnìa di navi e traghetti. 

– Giorgia Basili

www.simonedauria.com
https://www.spiralemilano.it/edizioni/

 

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

       
Giorgia Basili

Giorgia Basili

Giorgia Basili (Roma, 1992) è laureata in Scienze dei Beni Culturali con una tesi sulla Satira della Pittura di Salvator Rosa, che si snoda su un triplice interesse: letterario, artistico e iconologico. Si è spe-cializzata in Storia dell'Arte alla Sapienza…

Scopri di più