Marco de Angelis – Finisterrae
Nuova tappa della personale “Finisterrae” di Marco De Angelis al Museo Civico Aufidenate di Castel di Sangro.
Comunicato stampa
Sarà inaugurata domenica 5 dicembre alle ore 16.30, negli spazi del Museo Civico Aufidenate a Castel di Sangro, la mostra personale “Finisterrae” di Marco De Angelis, nuova tappa del progetto artistico presentato nello scorso luglio a Sulmona ed ora proposto in un allestimento che si arricchisce di nuove opere.
L’esposizione, promossa dal Museo Civico e dall’Archeoclub – sede di Castel di Sangro, con il patrocinio del Comune, è a cura di Francesca Ferzoco con la collaborazione del Laboratorio d’arte MAW-Men Art Work.
Orari di visita: dal mercoledì alla domenica (10.30-12.00/17.00-18.30) fino al 15 gennaio 2022.
“Finisterrae” (ai confini della terra) presenta la ricerca artistica più recente di Marco De Angelis (2019-2021) ed un’antologia della sua produzione tra dipinti, tecniche miste ed incisioni sul tema del confine, della soglia, della trasformazione, della necessità di oltrepassare ed osservare altri mondi ed universi possibili. I lavori esposti sono scelti seguendo la tematica prediletta dell'artista, da sempre attento e sensibile scrutatore dei concetti di “limen” e di “infinito”, nella volontà di esplorare le molteplici connessioni che il suo lavoro attinge da una cura artigianale e dalla chiave “alchemica” della sua indagine poetica. Presente nell’esposizione anche un video realizzato con le musiche di Beppe Frattaroli.
Marco De Angelis: pittore (come decise di far scrivere nella voce “professione” della sua carta d’identità) ma anche artigiano, poeta, alchimista. Volendo accostare un’opera pittorica al procedimento alchemico possiamo infatti rintracciare molte similitudini: la trasformazione del più grezzo pigmento nella più trasparente velatura, il mutare dei colori impressi su una tela, la composizione studiata di una scena…ma anche la volontà di superare sé stessi ed il proprio tempo, attraverso una ricerca costante di sapere operativo, che si nutre della conoscenza della natura, da cui non può prescindere. Marco riesce perfettamente in quest’opera, essendo lui un alchimista, o per meglio dire un pittore d’altri tempi. Nel suo studio è infatti possibile rintracciare ancora i sentori dell’antico mestiere di bottega, quando si maceravano i pigmenti nel mortaio, si sperimentavano materiali come il nerofumo o la fuliggine, si imparava a condurre la preparazione a gesso e colla e si cuocevano frattaglie di coniglio per ricavare un buon legante da impasto.
L’intento è esplorare, illuminare, svelare l’ultimo lembo di una realtà che lascia presagire molteplici piani di osservazione, racconti, ricordi e voci mai ascoltate di eremiti, contrabbandieri, bambini, dispersi, stranieri, migranti, superstiti e vagabondi che camminano ai confini della Terra. La sua pittura mira a sfumare i contorni, a velare il colore, a creare dissolvenze, enigmi ed evocazioni, costruendo – o decostruendo – immagini sfocate, ma dense di sogni, malinconia, rivelazioni, poesia. In una ricerca che non è esercizio stilistico fine a se stesso, ma ben preciso modo di condurre pensiero e pennello: “Solve et coagula” (dissolvi e riunisci), come suggerisce un motto alchemico. Marco dipinge con occhio volutamente sfocato una frazione dove Tempo e Spazio si annullano: tutto è accaduto, accade, ed accadrà.
Coerente in questa ricerca è persino il momento in cui decide di lavorare: “La maggior parte dei miei lavori nasce durante le mie veglie notturne e trance diurne. Lavoro molto nel passaggio dalla notte al giorno, quando davvero non sono nè sveglio, nè tantomeno addormentato”.
Il mondo onirico, il sogno, è per eccellenza il luogo in cui i confini tra i mondi si dissolvono, la porta è socchiusa e si è pronti a recepire i “messaggi”. Questa evanescenza tra piani, che potremmo per brevità definire “limen/frontiera” era nel mondo classico di assoluta importanza: gli venivano tributati spazi sacri, festività, miti e Dee. “I confini dell’anima non riusciresti a trovare, per quanto cammini percorrendo ogni strada: così profonda ne è la misura”: Eraclito suggerisce quanto difficile potrebbe essere questa ricerca. Un confine può infatti chiudere, arginando la propria voglia di conoscenza, o aprire, permettendo la ricerca nell’infinito. Un limite, sia esso reale o immaginario, non lascia mai indifferenti, ci pone di fronte ad una scelta: restare sulla soglia, oppure oltrepassarla. Nell’andare oltre questo confine, affrontando un universo sconosciuto, nasce il viaggio poetico di Marco".