Dopo il “prologo” dedicato alla Somalia, continua il viaggio di Artribune per mappare la scena dell’arte contemporanea africana. È adesso la volta del Marocco, dove dal 2009 Fondation Montresso★ è attiva con il programma di residenze d’artista Jardin Rouge a Marrakech, città-porta di un’Africa vibrante e dai molteplici volti. Dopo oltre un decennio di attività, tracciamo un bilancio con la direttrice Estelle Guilié, che ci descrive una realtà culturale aperta al mondo, attiva in un contesto che non manca di entusiasmo e curiosità per l’arte contemporanea.
Sulla base di quale esigenza, nel 2009, è nata la Fondazione?
La Fondazione è in realtà un soggetto giuridico già dal 1981. Ospitava una collezione la cui raccolta è appunto cominciata negli Anni Ottanta. L’attività di mecenatismo si è poi sviluppata negli Anni Novanta, in particolare attraverso il finanziamento di laboratori creativi a sostegno dei giovani artisti russi. Poi sono nate le prime mostre collettive, fra cui quella del settembre 2012 all’ospedale Laennec di Parigi o altre alla Triennale di Milano. Con la Fondazione si è voluto sviluppare il progetto per un sostegno più duraturo verso gli artisti, e la formula della residenza ci è sembrata la migliore. Per concretizzare quest’ambizione, la scelta del Marocco si è imposta in maniera assai naturale, trattandosi di un Paese che è un autentico crocevia di culture e porta d’accesso al continente africano.
Chi è il mecenate alle spalle della Fondazione, e come viene attualmente finanziata?
Alle spalle della collezione, e poi della Fondazione, c’è la passione per l’arte di Jean-Louis Haguenauer. Ma, accanto alla dotazione che proviene direttamente da lui, negli ultimi anni una parte delle opere realizzate dagli artisti durante il loro periodo di residenza vengono proposte ai collezionisti del gruppo Amis de la Fondation Montresso★. I fondi così raccolti si affiancano al contributo di Haguenauer e permettono di finanziare le attività della Fondazione.
Come giudica la scena artistica marocchina contemporanea?
Non sta a noi giudicare la scena artistica marocchina contemporanea. Va notato che la Fondazione si impegna a sostenere gli artisti indipendentemente dalla pratica, dalla nazionalità e persino dall’età.
MARRAKECH E L’ARTE CONTEMPORANEA
Dalla nascita della Fondazione, come è cambiata la percezione dell’arte contemporanea a Marrakech?
A Marrakech si è sviluppato un autentico ecosistema culturale, un vivacissimo micro-cosmo con tanti “attivisti” e tanti collezionisti locali e stranieri. Grazie a eventi internazionali come la Biennale di Marrakech e la fiera 1-54, la città ha potuto ottenere una visibilità su scala globale. A livello nazionale, iniziative locali come la casa d’aste Artcurial, lo spazio alternativo Riad 18, le gallerie 127, SINIYA 28 o anche Tindouf, ma pure l’emergere di istituzioni museali come il Museo YSL e il MACAAL, hanno contribuito a consolidare il riconoscimento della scena artistica della città.
In quale modo il governo marocchino sostiene la cultura e le arti? Ci sono programmi di cui può beneficiare anche la Fondazione?
Lo sviluppo a livello statale della cultura e delle arti in Marocco è guidato soprattutto da una precisa volontà della Casa Reale. Nell’ottobre 2014 è stato inaugurato il Museo di Arte Moderna e Contemporanea Mohammed VI a Rabat; si tratta della prima istituzione museale del Paese interamente dedicata alle arti moderne e contemporanee, e che risponde agli standard museografici internazionali. Da parte nostra, abbiamo avuto la possibilità di partecipare a diversi eventi di natura pubblica come il festival Afrique en Capitale o la mostra Jonone, Illuminer le Futur al Mohammed VI Museum nel 2018; inoltre, abbiamo supportato l’artista Hendrik Beikirch nella realizzazione di monumentali affreschi in spazi pubblici, a Marrakech come a Rabat, all’interno di un progetto voluto dal museo.
Qual è la partecipazione delle donne marocchine alla cultura? Ci sono donne che hanno ricevuto incarichi importanti nel panorama artistico?
Molte artiste marocchine brillano sia a livello nazionale che internazionale. Penso ovviamente soprattutto alla libera pensatrice CHAIBIA ma anche agli artisti contemporanei Fatima Zhora Serri, Yasmine Hatimi, Meryem Bennani, Fatima Mazmouz, Fatiha Zemmouri o Yto Berrada. Diverse donne sono anche a capo di prestigiose istituzioni culturali del Paese come Meriem Berrada, direttrice artistica di MACAAL, Leila Hida, fondatrice di Riad 18, la curatrice Bouchra Salih ‒ promotrice di CUBE a Rabat ‒, Dina Naciri, direttrice della CDG Foundation, o Touria El Glaoui, fondatrice della fiera internazionale d’arte contemporanea africana 1-54.
LE ATTIVITÀ DELLA FONDATION MONTRESSO★
Ci sono questioni o problemi sociali su cui la Fondazione ha riflettuto attraverso i suoi progetti?
Il filo conduttore dei progetti di residenza sostenuti è la questione dei territori, un termine quindi sufficientemente ampio per affrontare la questione dell’identità, dei territori intimi e poetici e per immaginare che universi e pensieri diversi possano incontrarsi e confrontarsi.
Luogo ibrido, Jardin Rouge è appunto una piattaforma per la condivisione e l’incontro, dove è possibile la convivenza fra differenti punti di vista circa le riflessioni pittoriche e intellettuali. L’impegno della Fondazione è quello di offrire arte alla città in uno spazio che sia anche vivo; inoltre, poter apprezzare lo spazio in una nuova dimensione pittorica e come luogo di contemplazione e interrogazione è una questione sociale ed educativa. Per cui, portare un contributo alla costruzione del patrimonio artistico e performativo del Marocco è una nostra precisa volontà.
Come operate, concretamente, in questo senso?
Nel 2016, il murale di Hendrik Beikirch è stato realizzato di fronte alla stazione ONCF di Marrakech, soddisfacendo il desiderio della Fondazione di marcare la sua azione oltre le proprie mura, nel cuore della “città ocra”. Stiamo anche investendo insieme a partner associativi in progetti su larga scala: ad esempio, la Fondazione sostiene il Trait d’Union pour le handicap donando le opere per le aste di beneficenza che finanziano l’associazione. Ha inoltre partecipato alla ristrutturazione e realizzazione di una biblioteca presso la scuola del vicino villaggio di Oulad Bouzid, in collaborazione con l’associazione Kitabi che opera per le scuole delle zone rurali. Nel 2020, la Fondazione ha avuto il piacere di collaborare con SOS Village Aït Ourir per un progetto artistico per i bambini del villaggio.
Come si svolge l’attività internazionale della Fondazione e quali risultati ha ottenuto?
Il programma itinerante di supporto alla creatività, IN-DISCIPLINE, dedicato agli artisti del continente africano, è il punto focale della nostra programmazione. La Fondazione ha inoltre sviluppato numerose partnership internazionali, in particolare con gallerie con sede in Svizzera, Francia e Spagna, ma anche con istituzioni come il Musée des Abattoirs di Tolosa in occasione del festival Rose Béton, Les Halles de Bruxelles o con la Dakar Biennale. Siamo stati anche presenti alle fiere, in particolare AKAA (Also Known As Africa) a Parigi nel 2017.
– Niccolò Lucarelli
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