Archeologia industriale e fotografia. Carlo Vigni in mostra a Siena

La rappresentazione fotografica di un grande sogno di ripresa economica di un'Italia pronta a sacrificare la più radicata cultura contadina della campagna senese a favore di una svolta industriale mai realmente completata. Negli scatti di Carlo Vigni in mostra al Santa Maria della Scala a Siena

L’IDIT, Industria di Disidratazione Isola Tressa, è un ex stabilimento di inizio Anni Sessanta tra la Cassia e la linea ferroviaria Siena-Grosseto, al centro della via Francigena. Punto di riferimento per almeno due generazioni di abitanti della Val d’Arbia, particolare territorio della periferia sud del capoluogo senese, oggi rappresenta da un lato un ecomostro, dall’altro un notevole esempio di archeologia industriale in un ambiente che di “industriale” ha ben poco, essendo per lo più a vocazione agricola e turistica.
Nella regione dei “campanili”, con i suoi 75 metri la “torre dei pomodori” dell’ex IDIT, che doveva produrre appunto polvere di frutta e pomodoro, svetta in mezzo alle Crete. Se un tempo luccicava grazie alla copertura in vetro, quel che ne rimane adesso è uno scheletro in cemento armato: un cilindro scarnificato, simbolo della storia non tanto di uno stabilimento che, inaugurato nel 1960, cessa il suo ciclo produttivo dopo soli 6 anni; piuttosto di una comunità cresciuta intorno a quella quotidiana presenza. “Per chi è nato dopo la sua costruzione”, spiega il curatore Carlo Nepi, “l’IDIT è il paesaggio, costituisce uno dei suoi misuratori di scala, l’elemento rassicurante che sbuca dalle curve e dalle colline e ti fa sentire a casa”.

Carlo Vigni, dalla serie L'industria della polvere, 2021

Carlo Vigni, dalla serie L’industria della polvere, 2021

LE FOTORAFIE DI CARLO VIGNI A SIENA

Così è stato anche per il fotografo Carlo Vigni (Siena, 1973) che, incuriosito da questa presenza fin da bambino, quando frequentava le scuole nei pressi dello stabilimento, conduce un’indagine visiva lucida e appassionata, poiché familiare, su ciò che rimane di un progetto unico per il territorio, tanto intenso quanto utopico. Come scrive Giovanna Calvenzi, questo “lavoro di testimonianza […] sceglie una distanza equa e un linguaggio documentario che indaga e registra in modo fedele” una presenza incongrua nel paesaggio, rispettandone linee e volumi.
Le riprese fotografiche, minuziose e quasi scientifiche, uniscono due grandi temi di Vigni, ovvero la fotografia di paesaggio e quella architettonica, e sono state scattate in più fasi negli ultimi dieci anni: un pretesto per entrare finalmente nell’ex IDIT, documentarne strutture, geometrie, spazi e tradurli in immagini in bianco e nero di grande formato.

Carlo Vigni, dalla serie L'industria della polvere, 2021

Carlo Vigni, dalla serie L’industria della polvere, 2021

CARLO VIGNI E L’IDIT

Non è stata una ricerca di tracce di lavoro, di faticose vicende umane”, spiega l’autore, “ma di verifica di un’idea: se, a distanza di mezzo secolo, la polvere che si annunciava al telegiornale di voler produrre all’interno di questa scenografia fantastica effettivamente c’era”.
Il progetto fotografico è accompagnato da un apparato video che mostra il passato dell’IDIT, nel filmato storico dell’Istituto Luce con l’avvio delle attività, e il presente, rappresentato dalle riprese aeree di Luca Gentili e un cortometraggio di Mirko Machetti. Il catalogo della mostra è edito da Postcart.

Martina Marolda

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Martina Marolda

Martina Marolda

Martina Marolda è storica dell'arte e responsabile artistico dell'Associazione Culture Attive, ente non profit di San Gimignano. È stata assistente redazionale alla mostra "Musica per gli Occhi / Music for the eyes" (Siena, 2018). Ha collaborato con l’Università degli Studi…

Scopri di più