Stefano Graziani – Mostra fotografica
Organizzata da Fondazione Pescheria, in collaborazione con il Comune di Pesaro, l’esposizione intitolata “Mostra fotografica” costituisce il terzo capitolo di un ciclo di dialoghi per immagini a cura di Alessandro Dandini de Sylva.
Comunicato stampa
La fotografia torna protagonista al Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro con un progetto espositivo di grande rilievo dedicato a Stefano Graziani (Bologna 1971), ospitato nel Loggiato e nella chiesa del Suffragio dal 17 dicembre 2021 al 13 marzo 2022.
Organizzata da Fondazione Pescheria, in collaborazione con il Comune di Pesaro, l’esposizione intitolata “Mostra fotografica” costituisce il terzo capitolo di un ciclo di dialoghi per immagini a cura di Alessandro Dandini de Sylva.
Dopo “Qualsiasità” del 2017, confronto generazionale tra il maestro della fotografia contemporanea Guido Guidi e i suoi allievi (Ballardini, Fabbri, Frantini, Galvani, Neri, Nostri) e “Le forme del tempo” del 2019, viaggio nel cuore dell’uomo e del nostro pianeta attraverso le immagini di Fabio Barile e Domingo Milella, l’appuntamento del 2021 è con la ricerca fotografica di Stefano Graziani, intesa come strumento di catalogazione, narrazione e reinterpretazione, che per l’occasione ha coinvolto anche i depositi dei Musei Civici di Pesaro.
La raccolta presentata in mostra include opere dell’artista provenienti da diverse linee di ricerca, alcune degli anni passati (l’architettura e le collezioni museali), altre più recenti (i funghi e gli atleti in allenamento) e particolarmente interessante è il nesso, a volte sottile altre volte più articolato e complesso, che lega le immagini tra loro, in un continuo gioco di evocazioni e corrispondenze. Spiega Stefano: "Il titolo ‘Mostra fotografica’ non vuole generare alcuna prefigurazione riguardo i contenuti della mostra, oltre all’evidenza che si tratti di fotografie. Questo nuovo lavoro intercetta alcune direzioni e idee del passato includendole in una serie che apre prospettive per i progetti futuri. Una sequenza pensata in maniera specifica per la Pescheria di Pesaro e il suo spazio. La maggioranza delle fotografie esposte non sono mai state mostrate o pubblicate, non hanno un tema particolare che le unisce, ne hanno molti e tutti sono visibili”.
All’ingresso della Pescheria, una cortina realizzata in telo da ponteggio bianco costituisce un diaframma che segue un percorso spezzato suddividendo lo spazio in una lunga galleria ed un’anticamera dove campeggia la scritta “Stefano Graziani”; da qui si accede alle due sale espositive.
Nella chiesa del Suffragio, vediamo le immagini dei libri della collezione privata di Gordon Matta-Clark, conservati al Canadian Centre for Architecture di Montreal, che dialogano con il collegio universitario progettato da Giancarlo De Carlo per l’Università di Urbino. Oppure, la fotografia di un gruppo di Sedie Leggere e Superleggere di Gio Ponti, in un magazzino dell’Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma, è accostata a una natura morta con pappagalli e frutta, in uno studio di architettura a Mumbai. E ancora, fuochi d’artificio e nature morte con funghi sono collegate a reperti del Museo Chileno de Arte Precolombino disegnato da Smiljan Radić a Santiago del Cile. Le fotografie di Graziani non solo rivelano luoghi, archivi e raccolte museali a cui solitamente il pubblico non ha accesso, ma li riattivano secondo logiche e prospettive del tutto soggettive.
Nel Loggiato il percorso si fa ancora più articolato. Il telo dell’ingresso prosegue lungo la parete vetrata filtrando la luce e producendo un’atmosfera lattiginosa. L’intervento architettonico, pensato dallo studio baukuh proprio per questo ambiente, costruisce la scena per le opere di Graziani: i ritratti di una serie di atleti in allenamento al Landskrona Idrottshall di Arne Jacobsen, posizionati a terra su basi in gommapiuma bianca, e sulla parete l’immagine delle conservatrici durante l’allestimento della mostra “Raffaello 1520-1483” e quella dei depositi dei Musei Civici di Pesaro a Palazzo Mosca, fotografati appositamente dall’artista con l’intento di attivare un dialogo aperto con il patrimonio artistico della città.
In occasione della mostra uscirà una nuova pubblicazione dedicata a Stefano Graziani, a cura di Alessandro Dandini de Sylva e edita da Quodlibet.
Si ringrazia la Galleria Mazzoli di Modena e la Fondazione Malaspina di Ascoli Piceno per aver contribuito in modo determinante alla realizzazione della mostra.
Stefano Graziani (Bologna, 1971) ha studiato architettura presso l’Università IUAV di Venezia. I suoi lavori sono stati esposti in Italia e all’estero da istituzioni culturali quali la Fondazione Prada a Milano, la Biennale di Venezia e Manifesta; sono parte di collezioni pubbliche e private come CCA Montréal, Fondazione Prada, MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Fondazione Fotografia Modena, Palladio Museum. Insegna fotografia all’Università IUAV di Venezia e all’ISIA di Urbino, collabora con alcuni studi di architettura: baukuh, Milano; Christ & Gantenbein, Basilea; Office KGDVS, Bruxelles; Piovenefabi, Milano; Kuehn Malvezzi, Berlino; Onsite, Milano; Studio Mumbai, Mumbai; 51N4E, Bruxelles. Tra le sue pubblicazioni: Documents on Raphel, a cura di Francesco Zanot, Mousse Publishing, 2021, vincitore Italian Council VII edizione; Sverre Fehn Architecture, a cura di Neven Fuchs e Aleksandra Ognjanov, Buchhandlung Walther König, 2021, Graham Foundation 2020 Grantee; Documents from Gordon Matta Clark private library, CCA Montreal, The Single, 2020; Palazzo Abatellis, a cura di Cloe Piccoli, con testi di Luca Trevisani, Simon Starling e Massimo Bartolini, Humboldt Books, 2019, Evento off di Manifesta 2018; Questioning Pictures, con testi di Francesco Zanot e Giovanna Borasi, Fondazione Prada, 2017; Nature Morte, Fictions and Excerpts, con testi di Nanni Cagnone e Pierpaolo Tamburelli, Galleria Mazzoli, 2016; It seemed as Though the Mist Itself Had Screamed, con testi di Kersten Geers, Nanni Cagnone e Francesco Zanot, Galleria Mazzoli, 2014; Under the Volcano and Other Stories, con testi di Anselm Franke, Rene Gabri, Arturo Carlo Quintavalle e Gianluigi Ricuperati, Galleria Mazzoli, 2009; L’isola, con nota dell’autore e citazioni da Scritti di Roberto Bazlen, Galleria Mazzoli, 2009; Taxonomies, con nota dell’autore e testi di Stefano Boeri, Antonello Frongia e Rene Gabri, A+Mbookstore, 2007. Ha curato la pubblicazione di Jeff Wall: Gestus, Scritti sulla Fotografia e sull’Arte, Quodlibet, 2013.
baukuh
baukuh produce architettura ed è stato fondato nel 2004 da Paolo Carpi, Silvia Lupi, Vittorio Pizzigoni, Giacomo Summa, Pier Paolo Tamburelli e Andrea Zanderigo con sede a Milano. Lo studio opera nel campo del disegno urbano, dell’architettura pubblica, del restauro, dell’edilizia residenziale e degli allestimenti. I partners sono inoltre attivi nella ricerca, nell’insegnamento e nell’editoria. L’attività dello studio è iniziata con due progetti per Amsterdam e Budapest premiati da Europan7. Nei quindici anni successivi, baukuh ha prodotto lavori che vanno dalla scala territoriale (900 Km Nile City, Cairo Maspero Triangle, Genève PAV Etoile, Fribourg Chamblioux-Bertigny, Grand Genève) alla scala dell’oggetto (il pendolo di Foucault a Palazzo della Ragione, la mostra di Fausto Melotti al NMNM, la mostra di Superstudio al PAC, la “Chapel for the Scenes of Public Life” alla Biennale di Chicago). In particolare, il lavoro di baukuh si è concentrato sulla realizzazione di nuovi edifici pubblici (la Casa della memoria a Milano, la nuova sede centrale della polizia albanese a Tirana) e strategie per il rinnovo di complessi di edifici inseriti nella città storica europea (la trasformazione della Seminar School di Hoogstraten, la strategia per il Pupillen-site ad Aalst, la riconfigurazione della città studentesca di Tirana). Dalla fondazione, baukuh ha contribuito al dibattito internazionale sull’architettura contemporanea, esponendo lavori alle biennali di Chicago, Istanbul, Lisbona, Rotterdam e Venezia. Il lavoro dell’ufficio è stato presentato in istituzioni come MoMA New York, AA Londra, ETH Zurigo, Triennale di Milano, FAU Sao Paulo. baukuh ha ricevuto la menzione onorevole del Fritz Höger Preis (2017) e la menzione onorevole della Rotterdam Biennale (2007), ed è stato nominato per il Mies van der Rohe Award (2017), la Medaglia d’Oro dell’Architettura Italiana (2012 e 2016). baukuh è stato scelto come “Icon Awards emerging architect” del 2012, ha ricevuto l’Idea Tops Award Shenzhen per il miglior edificio pubblico del 2016 e compare tra le “Domus 50 Best Architecture Firms 2020”.