Anna Valeria Borsari, pioniera dell’arte site specific. La mostra a Milano
Considerata fra i pionieri dell’arte site specific, Anna Valeria Borsari è la protagonista della mostra al Museo del Novecento di Milano, che riunisce con opere realizzate dalla fine degli Anni Sessanta a oggi
“Anzitutto ‘site-specific’ è una delle tante etichette che vengono date nell’ambito artistico per catalogare qualcosa. È sempre esistito, nell’arte nostra e di altre culture, il concetto che un’opera dovesse essere collocata in un luogo perché aveva un senso. Nel mio caso, tutti i luoghi sono diventati ‘specifici’ nel momento in cui ho creato questa sorta di comunione o conversione tra me e il fuori di me”.
Classe 1943, è Anna Valeria Borsari a prendere la parola per toccare un nervo scoperto circa l’arte site specific: cosa significa creare un’opera per un determinato contesto? Che ruolo hanno gli attori che lo abitano? Quale il corpo dell’artista?
LA MOSTRA DI BORSARI A MILANO
Ad aprire il percorso espositivo al Museo del Novecento vi è Spaccato urbano, l’intervento realizzato a Milano nel 1999 dove un ritratto di donna e uno di uomo giacciono uno di fronte all’altro su un edificio diroccato.
A Milano, e non solo ‒ proveniente da Bologna, Borsari ha animato la vita della città con manifestazioni che hanno coinvolto critici e curatori ‒, l’artista ha realizzato performance “silenti” per aprire un ventaglio di relazioni possibili sul luogo deputato: Rappresentazione, presentazione, azione (1979), della serie delle Madonne di monete e cereali, è presente in mostra con una ricca documentazione fotografica. Questa fu messa in scena tacendo volutamente la propria identità per restituire l’azione ai cittadini e al contesto in cui “l’opera si altera” in una sorta di ‘Eucarestia laica’”.
A proposito delle sue opere, Anna Valeria ricorda il fatto di aver sempre amato che il suo lavoro non fosse identificato subito come artistico, per lasciare agli altri la possibilità di fruirne liberamente. Infatti in entrambe le operazioni la Borsari si è mossa per ristabilire l’ingenuità dello sguardo: il fruitore, inconsapevole che si trattasse di arte, ha potuto godere di una visione non mediata, di un’esperienza senza filtri alcuni.
“Si cerca di rappresentare se stessi e poi si esce dalla rappresentazione entrando nelle cose del mondo”, dice l’artista.
SPAZIO E OPERA SECONDO BORSARI
Il comporsi dell’opera e lo scomporsi del soggetto a favore di una rappresentazione viva nella sua immediatezza; il tutto a favore dello scomporsi dell’opera dove il potere del pubblico e del contesto è di cancellarne potenzialmente i segni per affermare la propria identità. O la volontà dell’artista di preservare l’opera, se pensiamo ad Altrove, installazione pittorica allestita all’interno di un’abitazione inaccessibile, realizzata con la galleria Mario Diacono di Bologna. Altrove occupa uno spazio ricco di vissuto che viene fruito da lontano grazie a una grata nel cortile interno dello stabile. Si tratta di un flash su un passato possibile, inavvicinabile e spiazzante nella situazione emotiva che propone.
L’ambiente per la Borsari non è mero contenitore di opere realizzate entrando in risonanza con la sua architettura, ma uno spazio di virtualità relazionali che l’artista ha il compito di ingenerare e di lasciar fiorire seguendo le eventualità del contesto. “Essere reciprocamente coinvolti io e il luogo, entrando nei luoghi esco dalla rappresentazione”. Si può interagire anche con il vuoto di uno spazio, questo accade nel 1977 con Autoritratto in una stanza nella galleria Cavallino di Venezia. L’artista lascia tracce di sé sulle pareti disegnando il profilo dei propri arti, mentre una videocamera registra il suo passaggio ‒ la sua presenza a latere ‒ senza mai incontrare il suo corpo.
Anna Valeria Borsari lavora in situ in quanto luogo di azione e reazione, innescando risonanze e relazioni che le permettono di intessere un dialogo poetico sull’identità soggettiva in rapporto al contesto, dove talvolta il corpo dell’artista è fuori campo. Fino a scomparire del tutto, nell’installazione Da remoto (2021), un libro in cantiere da vent’anni, che si compone sullo schermo di un PC sotto i nostri occhi, metariflessione sulla posizione che l’artista assume nei confronti della cultura del tempo e del contesto che occupa.
‒ Martina Lolli
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