Morto l’architetto Richard Rogers, progettò il Centre Pompidou con Renzo Piano
Nato a Firenze nel 1933 e insignito del Pritzker Architecture Prize nel 2007, Rogers è morto a un anno dal ritiro dallo studio che aveva fondato nel 1977 a Londra. Proprio nella capitale inglese ha costruito alcuni dei suoi edifici più noti, dal Lloyd’s Building al Maggie's Center, che gli valse il RIBA Stirling Prize 2009
“Avevamo costruito pochissimo ma, con la fiducia degli ingenui, eravamo convinti di poter cambiare il mondo”, confessava Richard Rogers ripercorrendo, nella recente autobiografia Un posto per tutti. Vita, architettura e società giusta, l’inaspettato successo ottenuto nel concorso per il Beabourg di Parigi, condiviso nel 1971 con l’amico Renzo Piano. La costruzione del Centro Pompidou, per il quale è particolarmente noto, rappresenta uno dei vertici assoluti di una carriera appassionante, lunga sei decenni, che l’architetto italo-britannico scomparso all’età di 88 anni aveva scelto deliberatamente di interrompere nel 2020. Un anno fa, infatti, era arrivata la notizia del suo ritiro dal consiglio di amministrazione dello studio Rogers Stirk Harbour + Partners (RSHP), da lui fondato nel 1977 e originariamente denominato Richard Rogers Partnership. Nato in riva all’Arno nel 1933 in una famiglia colta e agiata, della quale ha sempre riconosciuto l’influenza sulla sua personalità e sui suoi interessi, a partire dalla predilezione per i colori sgargianti, Rogers aveva abbandonato l’Italia da bambino, ai primi venti di guerra. Cugino dell’architetto Ernesto Nathan Rogers, si formò in architettura prima in Inghilterra, all’Architectural Association, poi negli Stati Uniti, alla Yale University, ateneo che raggiunse grazie a una borsa di studio Fulbright. Fu in quest’ultima università che, oltre ad avvicinarsi all’opera di Frank Lloyd Wright, conobbe il suo primo partner professionale: Norman Foster. Insieme a lui, alla compianta architetta Wendy Cheeseman, e alla prima moglie Susan (Su) Brumwell, a sua volta architetta e designer, prese forma la breve esperienza dello studio Team 4, sciolto nel 1967.
IL PROGETTO DEL CENTRE POMPIDOU CON RENZO PIANO
Dopo alcuni progetti fondamentali per la definizione del suo linguaggio architettonico compiuto (come l’irrealizzata Zip-Up House, in cui esplorò il tema abitativo a partire dall’impiego di componenti industriali standardizzate e ripensando il processo costruttivo), il 1971 fu l’anno della svolta. A segnarlo, due eventi: la nascita dello studio Piano + Rogers, destinato a cessare l’attività sei anni più tardi a favore delle carriere individuali dei due soci, e l’aggiudicazione del concorso internazionale, indetto nel 1970 dal Ministero della Cultura francese, per la progettazione di un’istituzione culturale interdisciplinare senza precedenti. Contrassegnato dalla collocazione all’esterno degli impianti e degli elementi strutturali, così da dare vita a quella che lo stesso Rogers definì nella sua autobiografia una “facciata movimentata da colori vivaci”, il Centre Pompidou irrompe nel cuore di Parigi e segna una cesura profondissima nella storia dell’architettura del Novecento, rivoluzionando il modo di intendere gli spazi per la cultura. Concepito a partire dalla “convinzione che un edificio chiuso e compiuto costituisca un limite sia per chi lo utilizza sia per chi vi passa accanto”, il Beaubourg pose Rogers, Piano e l’intero team di lavoro di fronte a non poche tensioni e sfide tecniche. Si attirò critiche roventi, destinate progressivamente a spegnersi anche per effetto del dirompente successo della struttura: nel primo anno di vita, fu visitata da più persone di quelle che si recarono al Louvre e alla Torre Eiffel messi insieme.
I PROGETTI DI RICHARD ROGERS
Seguirono decenni intensi, costellati da riconoscimenti di grande rilievo che traghettano definitivamente Richard Rogers fra i più influenti architetti della sua generazione, rendendolo un riferimento indiscusso anche per i professionisti emergenti. Fra i progetti più rilevanti di Rogers si ricordano: la sede dei Lloyd’s a Londra, fra i simboli indiscussi della corrente high-tech; la sede del Parlamento del Galles; il Palazzo di Giustizia di Boudeaux; la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo (1995); il Millennium Dome (1999), un terminal dell’aeroporto di Barajas a Madrid (2004); il Centro Civico di Scandicci, a Firenze (2014). Analizzando le opere rimaste incompiute, un discorso a parte merita il visionario piano del Parco lineare sull’Arno, recentemente ricollocato al centro dell’agenda amministrativa fiorentina. Sviluppato da Rogers nei primi anni Ottanta e riattualizzato dal suo studio poco prima dello scoppio della pandemia, prevede la riqualificazione e rifunzionalizzazione delle rive del fiume che bagna Firenze. Il risultato sarebbe un potenzialmento dello spazio pubblico e del verde, anche a vantaggio del denso centro storico; a generarlo, una pluralità di interventi, diffusi lungo tutto l’argine, fra cui passerelle, mobili e fisse, piazze, percorsi pedonali e ciclabili. Un’opera che in occasione dell’intervista concessa ad Artribune, presentando il libro Un posto per tutti. Vita, architettura e società giusta, Rogers descriveva ancora con sincero entusiasmo, nonostante i decenni trascorsi dalla sua prima stesura e la mancata concretizzazione. E chissà che la sua città natale non riesca nei prossimi anni a dotarsi del famigerato parco e, magari, a intitolarlo alla memoria di questo architetto già leggendario.
MORTO ROGERS, IL CORDOGLIO DEL SINDACO NARDELLA
“Si è spenta una luce nell’architettura internazionale. Richard Rogers è stato uno dei maggiori ‘archistar’ mondiali e ha ‘ridisegnato’ molti skyline delle principali capitali”. Lo afferma il sindaco Dario Nardella. “A Scandicci”, ricorda il sindaco “Rogers ha progettato il nuovo centro urbano. Il suo nome è legato ad avveniristici progetti architettonici come il Centre Pompidou a Parigi, le Torri dei Lloyd’s e il Millennium Dome a Londra, l’edificio della Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo, gli uffici a Berlino in Potsdamer Platz, un terminal all’aeroporto Barajas di Madrid e il Three World Trade Center a New York. Firenze, sua terra natale”, conclude il sindaco “troverà un modo per ricordare il suo genio”.
– Valentina Silvestrini
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati