Se Milano seduce Babbo Natale. Lo spot internazionale che fa centro oltre gli stereotipi
Tra le molte, scadenti produzioni italiane, pensate per promuovere città e regioni dinanzi alla platea di turisti potenziali, arriva uno spot confezionato molto bene. Grazie a un pool di agenzie e professionisti internazionali che lavorano per l’immagine di Milano.
Un Babbo Natale cool, un canuto flâneur contemporaneo, con tutta la voglia di immergersi nell’atmosfera elettrica della metropoli: Milano, nei giorni festosi di fine anno, si fa teatro di
un’avventura ai confini della realtà e della tradizione. La favola-spot lanciata da Milano & Partners, l’agenzia di promozione ufficiale della città meneghina, è un prodotto dal respiro internazionale, ideato dalla divisione milanese di Wunderman Thompson, mega compagnia con sedi sparse tra l’America e l’Europa, e prodotto da Movie Magic International, società italiana con base a Milano, Berlino e Los Angeles. Tutte realtà di prestigio, con un range di clienti e di produzioni di alto profilo, a cui si deve l’ottimo prodotto confezionato in occasione del Natale 2021 e rivolto ai turisti di tutto il mondo.
SANTA CLAUS, AL MUSEO E IN DISCOTECA
Il messaggio? Visitare Milano durante le festività invernali è un’esperienza imperdibile. Pure Santa Claus c’è rimasto secco: colpo di fulmine e un tuffo tra le bellezze, i capolavori e la spensieratezza di un posto in cui vale la pena fermarsi. Giusto il tempo d’innamorarsi, per riprendere subito il cammino lungo le rotte celesti.
Babbo Natale ne esce letteralmente trasformato, nello stile e nello spirito. Archiviato per un po’ il solito outfit rosso-velluto, insieme al tepore e alla noia del focolare domestico, in un battibaleno lo troviamo nel cuore di Milano, tra la folla e le vetrine di una luccicante galleria Vittorio Emanuele. Ed è subito shopping. Da lì prende il via un’escalation di metamorfosi. Un salto dal barbiere e poi abiti nuovi, amici nuovi, mete nuove, nel segno delle tre parole chiave a misura di viaggiatore: cultura, divertimento, gastronomia. Eccolo così infilarsi tra le magniloquenti sale della Pinacoteca di Brera, gustarsi un soffice panettone in una trattoria tipica, scatenarsi in pista tra i suoni elettronici di un club e poi ritrovarsi in smoking su un palco della Scala per assistere a una recita del Macbeth. Frastornato e felice. Il lavoro però chiama e la notte del 24 dicembre bisogna dire addio ai compagni incontrati per strada. Niente slitta, stavolta. A bordo di un vecchio tram ATM, con direzione Polo Nord, Santa Claus è già tra i cieli di Milano, pronto a portare a termine la sua missione, distribuendo doni in giro per il pianeta.
TURISMO E LUOGHI COMUNI
La colonna sonora è un bel pezzo del rapper italo-americano Duncan, mentre la chiosa è affidata a uno slogan che si incastra alla perfezione tra le linee del racconto: “Milano. It changes more than just your look”. Questione d’immagine? Non proprio, non solo. Un posto che ti cambia dentro, davvero. Lo spot è un microfilm di qualità, concepito con intelligenza e realizzato con maestria. Siamo all’altezza delle migliori produzioni Amazon, Red-Bull, Coca-Cola. Una fiaba a tema, ma che abbandona il classico arsenale di alberi, luminarie, bambini, gnomi, dolciumi e buone azioni. Un tentativo (riuscito) di svecchiare la tradizione, mixando magia, ironia e umore contemporaneo.
E siamo lontani anni luce anche dal livello medio delle pubblicità turistiche promosse in Italia dalle varie amministrazioni locali. Spesso e volentieri spot da pro-loco, ingenui e goffamente retrò, dalla scelta del carattere grafico alla linea narrativa, passando per la recitazione artefatta di poco credibili testimonial, come se fosse il volto più o meno noto a rendere appetibile un luogo, una storia: vecchi anche in questa strategia nazionalpopolare, costruita attorno a qualche celebrity a buon mercato. Spot che al massimo scimmiottano certe narrazioni visive gonfie di retorica, vedi il tripudio di dronate enfatiche, le musiche epiche oppure incredibilmente banali, i contenuti inesistenti e le riprese artigianali, gli slogan elementari e gli insulsi tentativi di seduzione. Mai un’idea, un’intuizione forte, un livello tecnico alto, un’estetica al passo col gusto attuale, un segno di consapevolezza in termini di linguaggio e di cultura video-cinematografica. E quando si mettono d’impegno è pure peggio. Con quel “vorrei ma non posso” che aumenta la tristezza, se possibile. Il trionfo dell’ordinario. La martellante litania del luogo comune.
ALCUNI ESEMPI DI SPOT FLOP
Basti pensare al brutto e costosissimo corto con Raul Bova e consorte, voluto nel 2020 dalla Regione Calabria per celebrare prelibatezze e paesaggi in technicolor di una terra straordinaria: la firma di Gabriele Muccino non servì certo a mascherare o edulcorare la mediocrità di un prodotto in puro stile wedding, tanto pretenzioso quanto fallimentare. O basti guardare lo spot diffuso nell’estate 2021 dalla Regione Siciliana, con il solito pugno di personaggi chiamati a conferire prestigio e valore: i cantautori Dimartino e Colapesce, l’attrice Nicole Grimaudo, la ballerina Eleonora Abbagnato, la ginnasta Carlotta Ferlito. Tutti si limitano a pronunciare il “See Sicily” che dà il titolo alla campagna, nel gioco di parole elementare tra un “Sì” affermativo (in risposta a banalità del tipo: “è questo il mare che hai nel cuore?”) e quel “See” che in inglese suona come un invito per i potenziali visitatori: venite e ammirate. E al di là di questa carrellata forzata di facce sorridenti, evanescenti, accompagnate da immagini che fanno tanto catalogo Valtour, non c’è niente di niente. Ennesimo investimento di cui si poteva anche fare a meno.
Un po’ meglio l’ultimo spot di Roma Capitale, che pare segnare la cifra della comunicazione ufficiale nell’era Gualtieri: un video per raccontare la scelta di candidarsi a ospitare l’Expo 2030. Ora, al di là del refuso nei sottotitoli, che tanto ha fatto sorridere e polemizzare (“My names is Roma”, con quella “s” in più saltata fuori chissà come), il risultato non si può definire brutto. Ma siamo sempre sul piano di una consuetudine piuttosto barbosa e di un approccio logoro, che di convincente ha poco, nonostante la immagini spettacolari. Ancora riprese aeree emotive, acrobatiche, quasi che l’efficacia visiva debba essere direttamente proporzionale al manierismo della ripresa, e poi un voice over stucchevole, per una noiosa autocelebrazione in forma di elenco sensazionale: “Ecco le cinque ragioni per cui Roma è la città ideale per ospitare Expo“, ha commentato il Sindaco riferendosi alle legittime ambizioni della città, mentre la grandeur decantata sullo schermo va abbastanza in conflitto con i recenti, lunghi anni di impaludamento e di cattiva amministrazione. Bene suona, allora, l’ammissione finale – “Il mio nome è Roma. E sono pronta a nascere di nuovo” – che fa i conti con la difficile impresa di una indispensabile ricostruzione.
Palese l’impegno, ma l’avventura del fascinoso turista per caso – barba bianca, piumino rosso lacca e mood metropolitano – è tra le cose migliori viste di recente in Italia, in fatto di spot turistici istituzionali. E il testimonial famoso, in questo caso, non è stato necessario. Bastava Babbo Natale, bastava una bella storia, basta Milano.
– Helga Marsala
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