Le metamorfosi di TARWUK. Corpi irregolari per la Collezione Maramotti
Un breve video racconta la prima grande mostra di un duo di artisti di origine jugoslava. Una poetica personalissima, per un teatro d’inquietudine e di trasmutazione
Prima del mare e della terra, ma anche prima del conflitto e dell’unione, del crollo e della rigenerazione, dell’aurora e del crepuscolo. Prima che tutto cominciasse. Nell’indistinzione
originaria, che aveva la misura impossibile del caos, le creature erano ancora materia in potenza, possibilità sopita. E tutto il rumore del mondo era frequenza sommersa, inaudita, pronta a farsi sibilo o scoppio. Il mondo così iniziava a trasmutare. “Ante mare et terras et quod tegit omnia caelum ūnus erat tōtō nātūrae vultus in orbe, quem dixēre chaos…”: Ovidio affidava a queste immagini cosmogoniche l’incipit del suo capolavoro, Le Metamorfosi. E da qui arriva il titolo della prima personale italiana di TARWUK, duo di artisti con base a New York, nati nella Jugoslavia socialista e cresciuti nei Balcani, nel periodo della guerra d’indipendenza della Croazia (1991-’95).
TARWUK IN MOSTRA ALLA COLLEZIONE MARAMOTTI
Ante mare et terras è il loro progetto espositivo (dal 17 ottobre 2021 al 20 febbraio 2022) per gli spazi della Collezione Maramotti di Reggio Emilia, una galleria di sculture che al corpo umano affida una complessa dimensione simbolica, tutt’uno con la potenza espressiva e la forza controversa dei materiali. Sono figure deflagrate, sezionate, suturate, plurali, irrisolte e potenziali, abbandonate a un destino difficile di trasformazione. Residui di tecnologia si ibridano, come scarti cyberpunk, con la materia tattile, sensuale, tra plasticità romantica e freddezza contemporanea. Esperimenti all’ombra di un tempio primordiale o sopra un tavolo di dissezione: dall’argilla resinosa all’acciaio, dalla schiuma di poliuretano al fil di ferro, dalla pelle di coyote al caffè, dai denti umani ai fiori essiccati… La mistura alchemica esprime tutta la fluidità di corpi superstiti, quasi disincarnati, pronti a compiere un balzo verso una dimensione d’astrazione, di trascendenza; eppure corpi che non dimenticano il peso e la finitezza della carne, la consistenza erotica della superficie.
Mutano, le figure in disequilibrio di TARWUK, protagoniste di una mitologia senza tempo, al centro di un teatro transumano in cui la sofferenza della ferita e della rottura coincide con la bellezza del possibile, lungo la via della contaminazione. Laddove la forma muore, potrà compiersi una simbiosi radicale tra soggetti, oggetti, identità, organi e cose. E sarà questo il tempo di una morfogenesi nuova.
Il romanzo distopico, antiminimalista e a tratti enfatico dei due artisti, si completa con una collezione di raffinati disegni. Sui fogli si articolano segni, volti alieni o malinconici, accenti di fiaba e un gusto antico della decorazione. Testimonianze, ancora una volta. Emerse chissà quando, da chissà dove, a raccontare cioè che era, prima dell’inizio, e appena dopo la fine.
– Helga Marsala
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