Termina il grande anno di Dante a Ravenna: mostre, nuovi musei e una campagna social stellare
La grande mostra al MAR dedicata al Dante pop, il nuovo Museo Dante, la complementare Casa Dante in via di completamento: Ravenna, ultima casa del poeta, chiude l’anniversario dei 700 anni della sua morte in grande stile.
Le celebrazioni ravennati per l’anniversario della morte del Sommo Poeta volgono alla fine: i settecento anni da quel fatidico 1321 sono stati particolarmente sentiti nella città romagnola, rinnovando un’alleanza iniziata secoli fa. Il ricordo di Dante, e il suo culto, hanno permeato Ravenna per tutto il 2021 con un ricco programma culturale, destinato a rimanere in eredità alla città ben oltre lo scadere della ricorrenza. Oltre al Mausoleo nel centro della città, visitato in grandi numeri da locali e turisti – complice la lettura perpetua di passi della Divina Commedia istituita dal sindaco Michele de Pascale 364 giorni all’anno (l’unica pausa è il Natale) –, ci sono i centralissimi Museo Dante e Casa Dante – appena aperto il primo, in via di completamento il secondo – e una grande esposizione aperta fino ai primi di gennaio al MAR, il Museo d’Arte della città di Ravenna, dedicata al Dante della cultura pop.
L’AFFETTO DI RAVENNA PER DANTE E L’EPOPEA DELLE OSSA
Che l’amore della città per il Sommo sia forte, lo si è visto non solo dalla partecipazione alle celebrazioni ma anche da alcuni “incidenti di percorso”: l’esempio più lampante è quello del 2019, quando la direttrice del Ravenna Festival Cristina Mazzavillani Muti propose di far viaggiare le ossa di Dante lungo gli Appennini, portandole per la prima volta fuori da Ravenna. Non l’avesse mai detto. Una rivolta popolare sfiorata, dicono, revocata solo con la promessa che gli amabili resti non si sarebbero mossi dalla città che dopotutto li ha protetti da sempre. Fin dalle prime mire cinquecentesche, infatti, con la delegazione inviata da papa De Medici, i frati francescani hanno nascosto le ossa dantesche, continuando a occultarle durante le invasioni napoleoniche. Dopo un lungo periodo in cui delle spoglie si perse ogni traccia, nell’Italia unita del 1865 si ritrovò la cassetta “Dantis Ossae” – oggi conservata nel Museo Dante –nel Quadrarco di Braccioforte, giusto in tempo perché il poeta tornasse in auge prima con il risorgimento e poi con il fascismo, che se ne appropriò per la sua propaganda italica. Oggi, sfuggite anche ai predoni della Seconda Guerra Mondiale, le ossa del Sommo riposano nell’edificio neoclassico di Camillo Morigia sormontato da una pigna, simbolo dell’immortalità, decorato con un oroboro, un bassorilievo di Lombardo e una corona di alloro in bronzo donata dai soldati della Prima Guerra Mondiale. Un fuoco perpetuo brilla, a imperitura memoria, sulle sue spoglie: è qui che ogni 13 settembre – anniversario della scomparsa del poeta, morto probabilmente di malaria dopo uno sfortunato viaggio a Venezia per conto dei Da Polenta – il sindaco di Firenze viene a ravvivare la fiamma, portando in dono l’olio dei colli toscani a mo’ di risarcimento per la cacciata del 1302.
IL NUOVO MUSEO DANTE DI RAVENNA
A due passi dalla tomba, nel chiostro dei francescani che tanto a lungo lo hanno protetto, sorge il nuovo Museo Dante. È tutto tranne che il classico museo di nicchia: non ci sono sale ricolme di cimeli polverosi e scaffali pieni di libri, ma pochi elementi di estremo pregio arricchiti da immagini e testi dalla natura squisitamente didattica. Schermi luminosi e interattivi accompagnano il visitatore in quasi tutte nove le sale, con voci narranti che spiegano il contesto storico-politico della vita di Dante o la lettura di alcuni passi della Commedia. Con alcune chicche per chi conosca già la vita e l’opera del poeta che mitizzò l’uso del volgare: tra le 400 immagini e i 250 testi presenti, infatti, ci sono un’intera sala dedicata alle diverse versioni del volto di Dante, basate perlopiù sulla descrizione boccaccesca, l’arca di legno con cui nel 1865 le sue spoglie furono mostrate alla popolazione nella basilica di San Francesco – la stessa dove Dante andava a messa, dove fu celebrato il suo funerale e nella cui cripta allagata oggi nuotano decine di pesci – e la cassetta originale delle ossa, inizialmente trafugate dalla popolazione e restituite ai francescani dopo un accorato appello. Oggi, anche se non possiamo essere certi che sia lui, sappiamo che i resti appartengono a un uomo medievale dell’età corrispondente a quella di Dante, e tanto ci basta.
IL DANTE POP E CONTEMPORANEO AL MAR
Anche al Museo d’Arte della città di Ravenna le celebrazioni vanno concludendosi: la mostra Dante. Un’epopea POP, in chiusura il 9 gennaio 2022, ripercorre l’eredità del poeta seguendo due filoni, uno dedicato alla sua influenza sulla cultura popolare, curata da Giuseppe Antonelli, e uno sui possibili legami (a posteriori) con l’arte contemporanea, curata da Giorgia Salerno. La narrazione popolare porta nel museo disegni, manoscritti, film, fumetti, pubblicità e videogiochi che hanno sancito la celebrità di Dante: dall’opera di Gustave Doré alla scatola dei sigari Dante, dalla comparsata pubblicitaria di Mike Bongiorno agli omaggi topoliniani, da Dante’s Inferno a Totò all’Inferno, le migliaia di riferimenti si affastellano con leggerezza e varietà nei piani del grande museo. In mezzo a questi riferimenti – raffinati e underground – compaiono le opere di artisti internazionali selezionate per reinterpretare i temi danteschi del viaggio, del sogno, della luce, dell’anima, delle donne salvifiche: il Castello degli Spiriti Magni rivive nell’architettura esterna di Edoardo Tresoldi, il tema odeporico torna nell’opera di Richard Long, c’è la Beatrice siciliana di Letizia Battaglia – intervallata a opere di artiste ricollegate dalla curatrice alle donne della Commedia – seguita dall’Inferno in Terra nelle 34 tavole di Robert Rauschenberg, mentre chiude il percorso la Stella-acidi di Gilberto Zorio.
In occasione del Natale, il museo ha infine deciso di portare cittadini e turisti a dare un ultimo saluto alla grande collezione con una campagna ad hoc con il tema delle stelle: quale simbolo migliore degli astri per riunire sotto un unico cappello le stelle dantesche, simbolo della fuoriuscita dall’Inferno e della speranza di salvezza, insieme alle luci dei mosaici ravennati e al più classico dei simboli natalizi? Con la proposta di un servizio fotografico in tandem con l’opera di Adelaide Cioni – dedicata proprio alle stelle e realizzata ad hoc – il MAR chiude il grandioso anno dedicato a Dante, in attesa del prossimo anniversario.
– Giulia Giaume
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