Sei artisti e l’astrazione in mostra da Artiaco a Napoli
Alla galleria Alfonso Artiaco di Napoli va in mostra il progetto curato da Christian Malycha per riflettere sull’esperienza dello spettatore e sull’astrazione. Tra i protagonisti André Butzer, Albert Oehlen, David Schutter, Jana Schröder
Intese come varchi, come luoghi d’apertura, come forze d’urto capaci di provocare degli choc visivi o anche come visioni che trasportano il pubblico nell’alto mar della pittura, le diciassette opere che compongono il progetto denominato Accesso, in mostra alla galleria Alfonso Artiaco di Napoli, sembrano richiamare alla memoria l’aristotelico concetto di entelechia: “ciò che entra e dura nella presenza raccogliendosi nella propria forma come nel proprio fine” (Agamben).
LA MOSTRA NELLA GALLERIA ALFONSO ARTIACO
A ben vedere, infatti, nelle sei sale della galleria, quasi sei piccole e preziose personali dedicate a una serie di artisti – André Butzer, Albert Oehlen, David Schutter, Jana Schröder, Raphaela Simon, Ulrich Wulff – che lavorano lungo l’asse d’un’astrazione intesa naturalmente come riflessione, come atto mentale, come distorsione o anche come acuta aderenza alla realtà reale tanto da smagliarla, avvertiamo un’idea di opera (un’idea di pittura) che si concentra massicciamente “nella propria presenza”: che “entra e permane” appunto “nella presenza raccogliendosi in modo finale in una forma in cui trova la propria pienezza, la propria compiutezza, e, in quanto tale, […], si possiede-nella-propria-fine”.
GLI ARTISTI IN MOSTRA A NAPOLI
Nella prima stazione di questo vivace percorso, tre opere di Raphaela Simon indicano una sorta di chiusura stagna, modellata ora dalla presenza di grigie griglie (presenti nei lavori Grundstück e Roter Käfig del 2021), ora da una seducente sagoma blu (probabilmente di donna) oltre la quale un fondo nero – netto, liscio – lascia smarriti. Due grovigli pulsanti di Albert Oehlen, nel secondo ambiente della galleria, sono presenze d’un pensiero appena accennato, riquadrato e ritagliato e ricomposto e manipolato mediante spericolati allenamenti mentali dove limite e confine, abbozzo o traccia o allusione diventano parole d’ordine per creare nuovi duelli e modelli percettivi.
Con André Butzer assistiamo, nell’ampio quarto spazio del percorso, a una revisione del corpo sociale e politico, sabotato mediante morfemi e cromemi squillanti che recuperano elementi nucleari da vari ambienti dell’astrazione o della figurazione per incastrarli negli scenari invitanti e inquietanti del suo affilato Espressionismo Fantascientifico. Da questa quarta sala abbiamo, quasi a colpo d’occhio, un lavoro che ci risucchia letteralmente: si tratta dell’imponente e maestoso e impressionante Neuroxos RVL1 (2021) di Jana Schröder, che con i suoi rosa e rossi cremosi trascina in un mondo vellutato, in un racconto slabbrato ed epidermico (fatto di drappeggi neuronali, pulsionali, eroticamente eroici) teso a rompere ogni eventuale tessuto narrativo – nella sala sono presenti anche tre piccoli lavori, L.P.1, L.P.2 e L.P.3 del 2021 – per puntare su un ornamento che non è più un delitto.
Ci sono poi, nelle stanze 5 e 6, i lavori di David Schutter e Ulrich Wulff, così lontani tra loro, ma puntuali nello scandire il percorso e nel creare un gustoso equilibrio, un raccordo tra le varie anime della mostra che sospendono via via ogni rapporto tra soggetto-oggetto.
‒ Antonello Tolve
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati