Un flâneur a Lecce. La mostra del fotografo Carlo Garzia al Castello Carlo V
I contrasti della cultura popolare pugliese e le trasformazioni del paesaggio urbano sono protagonisti della ricerca fotografica di Carlo Garzia
Che cosa resta, dopo cinquant’anni di ricerca fotografica, nel percorso artistico di Carlo Garzia? A rispondere è Ce qu’il reste. Fotografie dal 1975 ad oggi, la mostra antologica in corso al Castello Carlo V di Lecce dedicata all’autore barese che ha contribuito, con la sua opera contrassegnata dalle influenze di Mario Cresci e Luigi Ghirri, a innovare la fotografia del paesaggio pugliese e mediterraneo.
LA MOSTRA DI GARZIA A LECCE
La retrospettiva, a cura di Bitume Photofest e Positivo Diretto, ha inaugurato la rassegna Bitume Copy/Past, un progetto di Liberrima per Puglia Luoghi della Bellezza. 180 scatti, selezionati da Andrea Laudisa del collettivo Positivo Diretto, che ha scandagliato l’ampio archivio fotografico di Carlo Garzia (Bari, 1944), costituiscono il corpus della mostra, suddivisa in sezioni tematiche più che cronologiche. Il titolo dell’esposizione, Ce qu’il reste, costituisce, come spiega lo stesso Garzia ‒ già docente di letteratura francese e operatore culturale fondatore della galleria Spazio Immagine nel 1980 ‒, “una soluzione un po’ dadaista”.
È il verso di una poesia composta da Wislawa Szymborska che “racchiude perfettamente l’idea di un ciclo che si compie”. Le contraddizioni della cultura popolare pugliese, rese attraverso la dicotomia sacro/profano, sono il fulcro tematico di Sudd, una delle sezioni più nutrite della mostra, che rispecchia la fase iniziale della ricerca fotografica di Garzia. Dalla metà degli Anni Settanta alla metà degli Anni Ottanta, infatti, l’opera del fotografo barese risulta contrassegnata dall’innovativo approccio socio-antropologico appreso da Mario Cresci ‒ che si discosta dal reportage e dalla tradizione iconografica del mondo rurale ‒, ma anche dal “lato crudele” ispirato dalle visioni di Diane Arbus.
GARZIA E LA PUGLIA
Con Ghirri, poi, che lo coinvolgerà nel 1984 nella mostra Viaggio in Italia, Garzia scoprirà la Puglia come paesaggio in trasformazione, mutuando dal maestro la concezione della fotografia come forma di pensiero ma anche l’ironia e l’osservazione critica. L’attenzione di Garzia si sposta dunque dalla figura umana al paesaggio. La sezione Immagini di città, infatti, dal titolo tratto dal libro di Walter Benjamin, contiene scatti, accostati per relazioni visive, realizzati durante i numerosi viaggi di Garzia nelle città italiane, statunitensi ed europee, tra le quali l’amata “Douce Paris”. Attraverso il “gioco simmetrico” e declinando la categoria estetica tratta dal concetto freudiano di “unheimliche”, “perturbante”, Garzia cattura così anche orizzonti urbani. Con lo sguardo di un moderno flâneur.
‒ Cecilia Pavone
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