Outsider e geniale: A.R. Penck in mostra a Mendrisio
Immediata e dirompente, la produzione artistica di A.R. Penck è al centro della mostra allestita al Museo d’Arte di Mendrisio. Un viaggio tra opere pittoriche simili a graffiti e sculture
Nel 1980, quando ogni possibile tentativo di coesistere con il regime comunista è fallito, Ralf Winkler, in arte A.R. Penck (Dresda, 1939 – Zurigo, 2017), attraversa, a piedi, la linea che separa Berlino Est da Berlino Ovest. A quel tempo è già apprezzato nel “mondo libero” mentre in “patria” è sempre stato guardato con sospetto. Infatti già negli Anni Sessanta (l’edificazione del muro risale al 1961) Penck aveva conferito alla sua ricerca artistica un accento scientifico, avviando una riflessione sulla teoria dell’informazione e sulla cibernetica all’epoca ritenuti temi all’avanguardia, realizzando a questo scopo dipinti che definisce Systembild (immagini di sistema). Tuttavia il sapore “scientifico” della sua ricerca visiva non fa breccia tra i decisori politici, come sempre e ovunque per niente lungimiranti.
L’ARTE “PARADOSSALE” DI PENCK
L’accettazione della sua arte è del resto sempre stata paradossale: l’opera di Penck era genuinamente collegata a quell’analisi della situazione socio-politica che rappresenta uno dei cardini della teoria estetica “comunista”. Penck risponde da subito in modo positivo all’indirizzo politico della DDR, che indicava come dovere primario dell’artista quello di adottare un linguaggio vicino al popolo e di magnificarne gli eroi: trattoristi, macchinisti e ingegneri. Ma lo fa a modo suo, lasciando ai pittori di manifesti il compito di illustrarne le fattezze, per utilizzare invece un linguaggio originale, pure quello vicino alla sensibilità popolare. Sono gli scarabocchi dei bagni pubblici (specie quelli maschili) a divenire il suo segno identificativo.
Emblematica della pittura di Penck è una figura d’uomo ridotta alla sua essenza ‒ testa e sesso ben evidenziati ‒ che la avvicina a un graffito primitivo o appunto a uno scarabocchio da latrina. Niente di oscuro e perverso in realtà, al contrario un segno dotato di una chiarezza espressiva che non lascia dubbi di interpretazione. Parlano al “nervo sessuale” dei suoi ammiratori gli omini di Penck, così come aveva fatto in modi non dissimili Picasso quasi mezzo secolo prima. Ma così come era accaduto a Picasso a Ovest negli Anni Trenta, i suoi “scarabocchi” risultano inaccettabili a Est negli Anni Settanta.
LA PITTURA SECONDO PENCK
Penck, isolato a Est, attinge dall’eredità dell’avanguardia storica, da Malevič a Kandinsky, da Picasso a Duchamp, da Picabia a Dalí, negli Anni Settanta ormai ritenuta superata a Ovest. Penck invece la accoglie come risposta positiva per l’impegno richiesto dal regime comunista in cui si è formato. I suoi celeberrimi omini non sono dunque solo una cifra stilistica, fanno parte di un elaborato sistema di comunicazione. Con la sua attività Penck ha trasformato il “figurativo” in un mezzo per diffondere le proprie convinzioni, teoriche ed estetiche: la sua opera è stata insomma vittima (in realtà fortunata) di un doppio fraintendimento, tanto a Est quanto a Ovest. La sua pittura è allo stesso tempo specchio degli eventi contemporanei ed espressione simbolica che si esplicita attraverso figure totemiche, animali arcaici simbolo dei poteri forti: il serpente, l’aquila, il leone tipici dell’araldica (non solo) tedesca divengono costanti del suo pensiero per immagini.
I LIBRI D’ARTISTA DI PENCK
C’è un ultimo aspetto che questa bella mostra di Mendrisio mette in evidenza: i suoi libri d’artista, qui esposti in bacheche orizzontali e pure in proiezioni verticali sui muri di questo antico convento magnificamente ristrutturato. Da queste carte emerge il suo valore di ottimo ritrattista. Vi appaiono autoritratti, persone a lui vicine ma pure pensatori, artisti e dittatori del XX secolo. È in questi libri in ogni caso che Penck annota e poi sviluppa ciò che occasionalmente troverà poi forma monumentale nei dipinti e nelle sculture.
‒ Aldo Premoli
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